lunedì 15 marzo 2010

Istruzioni per sperdersi: modi e luoghi


Parto da questo sottotitolo perchè è da alcuni giorni che sono tornata a ri-pensare il concetto di spaesamento che tanto mi aveva appassionato durante la ricerca della mia tesi di laurea. Quante persone ad un certo punto della loro vita hanno deciso di creare una pausa inserendo all'interno del proprio percorso la deviazione del Viaggio. Scrivo questa parola con la lettera maiuscola perchè non sto parlando del viaggio in senso largo del termine ma in un significato ben più profondo. Carico di valenza simbolica, qui potrei aprire una parentesi enorme su questo concetto, ma non lo farò anzi mi limiterò ad aggiungere solamente un link che di sicuro con parole più appropriate ne spiegherà il senso. Chi vuol capire, capisca. Il bisogno di controllare lo spazio è una necessità antica che ha da sempre accompagnato l'uomo nell'esperienza fenomenologica del mondo. La scienza contemporanea ha compreso che lo spazio è una valutazione percettiva che viene prodotta principalmente dall'emisfero destro del cervello, mentre la percezione del tempo spetta all'emisfero sinistro. La nostra percezione non genera una visione speculare dello spazio ma costruisce uno scenario visivo che ci permette di raccontarlo. Percorrere uno spazio è quindi il modo migliore per oggettivarlo. Secondo Merleau-Ponty uno spazio per esistere dovrà essere vissuto dal corpo perchè esiste tutto quello che viene percepito e non solo pensato. Bisogna agire nello spazio, abitarlo per conoscerlo. Ambientarsi vuol dire eliminare le differenze tra i luoghi, le persone e la concezione culturale che si ha di entrambe. La vertigine dello spaesamento viene reintegrata attraverso questo lavoro. Certo nel viaggio non abbiamo il tempo necessario per elaborare questi concetti perchè alcuni luoghi vengono attraversati troppo velocemente, ma l'uomo è furbo e risolve il problema omologando gli spazi. La Cecla parla di orientamento standardizzato e Marc Augè ci costruisce sopra la fortunata definizione di non-luogo, ovvero i luoghi altri della surmodernità. L'archetipo del non-luogo per eccellenza è lo spazio del viaggiatore: le vedute parziali e veloci, le immagini frammentate e gli scorci sempre familiari che seguono la narrazione del viaggio come in un'istantanea fotografica. Esiste una necessità tutta interiore che spinge gli uomini a cercare di muoversi nei luoghi come fossero sempre al centro, ma esiste anche l'altra faccia della medaglia. La possibilità di perdersi, di smarrirre la strada battuta per cercare altre vie, per fare esperienze diverse che mettano in gioco modi altri, appunto, esplorare per conoscere e mettersi alla prova. Per rafforzare il concetto cito due esempi tratti dalla vasta letteratura De Martiniana:
1) Il clan totemico degli Arunta gatto-selvatico dell'Australia centrale, come descive De Martino in Mondo Magico, possedevano un palo sacro che ergevano sempre al centro della loro dimensione, si spostavano seguendo la direzione del palo perchè da questo il dio creatore Numbakulla era asceso al cielo. Quando un giorno il palo per cause naturali si distrusse questi vagarono senza meta fino a lasciarsi morire.
2) Durante una spedizione nel Sud Italia una volta l'Equipe perse la strada e per ritornare sulla giusta chiesero ad un viandante, un vecchio pastore, informazioni ma questi era talmente confuso che lo pregarono di accompagnarli sino al bivio giusto. Accolse il vecchio con diffidenza l'invito ma divenne angoscia nel momento in cui si allontanarono tanto che egli non poteva più scorgere il campanile del paese di Marcellinara. De Martino racconta che si agitò così tanto che dovettero riaccompagnarlo indietro. Per lui il campanile rappresentava un punto di riferimento spaziale vitale, senza questo egli cessava di esistere e cadeva nel nulla. La sua mappa mentale era limitata a quell'area, oltre quel Limes, quella soglia è tutto da definire.
Lo spaesamento è una condizione inquietante ma è anche un'esperienza di alterità affascinante tanto da aver stimolato viaggiatori di ogni epoca a smarrirsi sulle vie polverose della terra. Ecco il libro di Bocconi parla proprio di questo e a me fà venire in mente il pastore di Marcellinara che anzichè tornare indietro decide ad un certo punto di proseguire il viaggio alla ricerca di nuovi campanili con i quali segnare il suo mondo.

Nessun commento:

Posta un commento

I commenti su questo blog sono liberi ed aperti a tutti (esclusi troll o "piromani" da web). Da chi commenta in forma anonima è gradita una qualsiasi forma di riconoscimento (firma, sigla, nick), renderà più facile parlarci.