mercoledì 24 marzo 2010

Anatomia degli irrequieti

Prima di inventare l'architettura l'uomo possedeva una forma simbolica con cui trasformare lo spazio: l'azione del camminare. E' camminando che l'uomo ha cominciato a costruire il paesaggio intorno a sè, usando se stesso come unità di misura, creando riferimenti e mappe visive. Molte cose sono nate in cammino e anche la filosofia ha una radice comune. Quando Socrate parlava nelle strade di Atene, oppure nelle dispute sotto i portici dell'accademia di Platone, nei giardini di Epicuro, nelle agorà di Alessandria, le persone amavano pensare in movimento. La filosofia ha suggerito sin dall'inizio il piacere del camminare meditativo per ripensare la propria esistenza e guardare con occhi diversi il mondo. Quella antica era una pratica a cui tutti potevano accedere, che interessava sia la mente che il corpo. Non era un sistema astratto di pensieri ma una pratica che comportava esercizi, anche quotidiani. Sia gli Stoici che gli Epicurei, i Pitagorici ed i Platonici praticavano questi esercizi come Forma Mentis aperta al dubbio e disponibile al dialogo, contraria ad ogni dogmatismo e somigliante ad un percorso interiore di continua ricerca. La sensibilità filosofica, risvegliata dal camminare, è quella che mette a nudo la verità dell'essere come nell'antico mito di Edipo, dove l'oracolo aveva predetto per Laio, re di tebe, cose tanto atroci da metterlo in guardia sin dall'inizio: il cammino per Edipo (da Oidipous che vuol dire colui che ha i piedi gonfi) è un mezzo per farsi guidare dal fato. Nella tragedia di Sofocle il camminare si fa esperienza emotiva e sentimento dell'esistere. La scena è ben evocata dalle suggestive immagini dell'Edipo Re di Pier Paolo Pasolini dove lo si vede intento a scegliere la via coprendosi gli occhi con le mani e girando più volte su se stesso come per perdere l'orientamento. E' una Peregrinatio che significa innanzitutto viaggio, cammino. Pasolini lo rappresenta come un pellegrino: sguardo assorto, bisaccia al collo, a piedi nudi o con umili calzari con il bordone a fargli da appoggio. E' l'eremita, il nono arcano dei tarocchi che accetta di abbandonare la perfezione per mettersi in moto senza sapere in quale direzione andare.
Camminare è una delle più antiche attività praticate sulla terra: si è camminato per soddisfare i bisogni primari, per esplorare e conoscere i luoghi, per quietare la sete di conoscenza. In tribù o solitari, in molte culture il cammino è stato inteso come strumento di conoscenza. Il pellegrinaggio, viaggio a piedi di più giorni verso una meta spirituale, aveva spesso il fine terapeutico di curare gravi malattie. Camminare è considerata una pratica innata nell'uomo, Le Breton nel suo saggio la definisce come un'attività antropologica:

L'esperienza della marcia decentra da sè e ripristina il mondo, inscrivendo l'uomo nei limiti che lo richiamano alla sua fragilità e alla sua forza. Stimola continuamente nell'uomo il desiderio di comprendere, di individuaer il suo posto nella trama del mondo, di interrogarsi su ciò che stabilisce il legame con gli altri.

Forse è proprio questo a renderla una pratica dalla forte connotazione simbolica e metaforica. Il pellegrinaggio come luogo spirituale esige uno sforzo, un sacrificio che solo attraverso la marcia può essere reintegrato, riassorbito nel piacere di arrivare alla meta sia fisica che mentale. Aristotele suggeriva ai suoi allievi la pratica della passeggiata peripatetica, Epicuro li intratteneva facendoli accomodare nel giardino della sua scuola, Socrate li andava a trovare nelle vie rumorose della città. Ad ogni filosofo il suo approccio, metodi molto differenti ma uniti nel concetto basilare che per arrivare alla verità bisogna compiere un percorso.
Spesso a questo percorso l'uomo sente la necessità di affiancare una sorta di mortificazione della carne, si pensi a Edipo che sul finire della sua storia deve accecarsi per proseguire il suo viaggio da esule
ora nascondimi là nel bosco ch'io senta le parole che diranno. Sapere è l'elemento primo di ogni prudenza dell'azione.
La vicenda di Edipo, diventa emblema della condizione umana, di una vita resa cieca dalla volontà di non sapere ciò che si è, di ignorare la verità. Il suo vagare ci trasmette il senso preciso di questo straniamento che può essere combattuto solo dall'esercizio costante di una pratica salvifica. Il Conosci te stesso iscritto sul tempio di Delfi ci riassume l'insegnamento che Socrate offriva invitando i suoi discepoli a trovare la verità dentro se stessi anzichè nel mondo delle apparenze. Il cammino rappresenta di sicuro il terreno fertile dove cercare.

Tutte le nostre attività sono legate all'idea del viaggio. E a me piace pensare che il nostro cervello abbia un sistema informativo che ci dà ordini per il cammino e che qui stia la molla della nostra irrequietezza.

Buona irrequietezza a tutti!

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