lunedì 31 maggio 2010

"Le quattro volte" di Michelangelo Frammartino

Non ero pronto, devo ammetterlo.
Nonostante il trailer, tanto poetico quanto criptico, questo oggetto cinematografico non identificato (esiste la definizione UCO?) oscilla tra l'essere film, l'essere documentario, l'essere video artistico, l'essere video antropologico. E anche tanti altri essere. Un macigno, lento e maestoso che scorre docile sullo schermo, senza fretta alcuna, portando lo spettatore in Calabria, nel vibonese, all'interno del Parco naturale regionale delle Serre. Osservando lo svolgersi dello "spirito" che permea valli e boschi, ci si ritrova testimoni di antiche usanze decise ad esser tramandate. E qui l'occhio deve farsi attento, l'orecchio rilassato, posto all'ascolto, ogni senso rivolto alle suggestioni intense e spiazzanti della catena di storie che riempie lo schermo. Difficilie da raccontare od esporre. Difficile. Un punto di partenza potrebbe essere la frase di Pitagora trasmessaci da Filolao Abbiamo in noi quattro vite incastrate l'una dentro l'altra. L'essenza minerale, vegetale, animale e razionale. Ma anche così, ci ritroveremmo davanti ad una falsa partenza.
Il regista, per una curiosa e fortunata (per noi spettatori) combinazione d'intenti e d'informazioni colte starda facendo, ci dona la storia di un vecchio pastore, di un bianco capretto traballante, di un grande abete bianco e del divenire che porta il legno a farsi carbone. Una concatenazione di vita e di morte, mutazioni di stato ed essenza. Ogni episodio è autoconclusivo e strettamente legato agli altri. I punti di vista molteplici. Ci ritroviamo in possesso di vecchi occhi superstiziosi, sbiaditi dal sole, di alieni occhi ocra, rivolti allo scorrere delle nuvole, di legnosi occhi di foglia, carezzati dal vento, e di oscuri e fumosi occhi cristallizati in un cumulo di gas e terra. E nell'assordante silenzio di cui sono intrisi tutti gli attimi di ottima fotografia sentiamo rimbobmare i suoni di questa terra: una polifonia minimale di cigolii, brezze, fruscii, gorgoglii, diversi in ogni stagione, in cui le voci degli abitanti non sono altro che echi lontani, indistinguibili.
La potenza straniante del silenzio, dello scorrere del tempo.
Un tuffo di un'ora e mezza nell'odierna antica vita di Serra San Bruno.
Per chi è abituato al coas imperituro della città o del cinema da multisala sembrerà una crudele tortura, un'oblio senza nome.
E' un insieme di generi. Di stili narrativi, di sguardi obliqui. Preziosa fotografia di un tempo che sfugge, pur continuando a scorrere.
E' un sacco di cose, una meraviglia che inchioda. Occhi cuore orecchie.
Un inno al silenzio, che silenzio non è. Al sottobosco di voci e storie che ci ostiniamo a lasciar scorrere, come un rigagnolo senza importanza.
Religiosa fotografia della vita, di alcuni suoi aspetti.
Meglio essere informati, preparati, prima di sedersi al buio della sala. E' un peccato ritrovarsi distratti, tesi alla noia. Una volta fuori, sembra d'essersi persi qualcosa d'indefinibile, attimi di poesia sensorea.
Un vero peccato.
Ma, come ho detto, non ero pronto. Non del tutto.
Comunque uno dei migliori film mai visti.

venerdì 28 maggio 2010

Occhio non vede, cuore non duole


Da molto tempo circola in rete una mail che riporta in dettaglio quanto percepiscono i nostri parlamentari in termini di stipendi, di rimborso spese ed altro ancora. Mentre la Marcegaglia rifiuta la poltrona di ministro e Berlusconi ci ricorda che come Mussolini, egli non ha alcun potere, in questa breve pausa mattutina scorro velocemente le notizie del quotidiano che ho sotto mano e mi ricordo che dovevo controllare alcuni voci della mia busta paga improvvisamente non molto chiare. Contributo Fap, imponibile fiscale mese netta, rata add. Comunale variabile, rata add. Regionale fissa, rata add. Regionale variabile, rata Add. comunale variabile, mi scende un velo sugli occhi quando sommando tutte le voci mi rendo conto che l'importo coprirebbe le spese mensili per la casa. Non mi lascio deprimere, a questo sono abituata, ho fatto la pelle dura, ma qualcosa sempre non mi torna. Sposto lo sguardo sul quotidiano aperto accanto al pc e vedo un faccione enorme di Tremonti rivolgere lo sguardo in basso, con una mano tra i capelli, non promette niente di buono. Devo assolutamente voltare pagina, ma le cose non migliorano: pedaggio di 2 euro sulla Salerno-Reggio e sovrapprezzo per i raccordi autostradali. Pagheremo per fare lo slalom tra mille cantieri aperti e strade dissestate, per raggiungere il posto di lavoro che magari è dall'altra parte della città spendendo quelle monetine che avevamo accantonato per il caffè e la brioche. Già intravedo il futuro di molti bar costretti ad abbassare il prezzo del caffè o del cappuccino, molti chiuderanno e per salvarli si inventeranno la manovra salva colazione mettendo una tassa sul transito dei marciapiedi. Due euro per arrivare in centro e se trasporti carichi speciali come le buste della spesa un 10% in più. Oppure decideranno di far iniziare la scuola al mattino dopo le nove per permettere a tutte le famiglie italiane di andare a fare colazione al bar senza stress. Un caffè caldo per tutti, i bambini saranno contenti.
A parte l'ironia salvafaccia per non arrivare a scuola somigliante ad un bufalo capisco solo ora la sostanziale differenza che intercorre fra i vari popoli europei. I greci almeno non si sono arresi al primo giro di boa mentre ho l'impressione che qui alla fatica si preferisca il silenzio: scusi signor Mario, ma quale boa non esiste alcuna boa e chi l'ha vista. Occhio non vede cuore non duole. Peccato però averla sempre così a portata di mano.

STIPENDIO 37.086.079 AL MESE STIPENDIO BASE 19.325.396 al mese PORTABORSE 7.804.232 al mese RIMBORSO SPESE AFFITTO 5.621.690 al mese RIMBORSO SPESE 1.001.320 al mese RIMBORSO SPESE VIAGGIO 2.052.910 al mese TELEFONO CELLULARE gratis TRIBUNA D'ONORE NEGLI STADI gratis TESSERA DEL CINEMA gratis TESSERA TEATRO gratis TESSERA AUTOBUS - METROPOLITANA gratis FRANCOBOLLI gratis VIAGGI AEREO NAZIONALI gratis VIAGGI TRENO CARROZZA LETTO gratis CIRCOLAZIONE AUTOSTRADE gratis CORSO LINGUA STRANIERA gratis PISCINE E PALESTRE gratis VAGONE RAPPRESENTANZA DELLE FS gratis AEREO DI STATO gratis USO DI PREFETTURE ED AMBASCIATE gratis CLINICHE gratis RIMBORSO SPESE MEDICHE gratis ASSICURAZIONE INFORTUNI gratis ASSICURAZIONE IN CASO DI MORTE gratis AUTO BLU CON AUTISTA gratis GIORNALI gratis RISTORANTE gratis Liquidazione (per ogni anno di mandato si percepisce uno stipendio) Pensione 4.762.669 (diritto alla pensione dopo 35 mesi in parlamento) Indennità di carica (da 650.000 circa a 12.500.000) 200.000.000 circa li incassano con il rimborso spese elettorali (in violazione alla legge sul finanziamento ai partiti), 50.000.000 ogni anno ciascuno se fondano un giornaletto. La sig.ra Pivetti, ex-Presidente Camera dei Deputati, per tutta la vita avrà l'auto blu ed una scorta sempre a suo servizio Questa classe politica costa al paese di 2 MILIONI E 446 MILA MILIARDI. La sola camera dei deputati costa al cittadino 4.289.968 AL MINUTO

Forse questi dati non sono aggiornati ma teniamoli bene a mente.

mercoledì 26 maggio 2010

Lectio divina

Lavoro manuale, fatto di fatica e sudore, di macchie di vernice e polvere accumulata. Le mani come perfetti strumenti intagliano, raccolgono, spostano, ordinano, riflettono. Anche le mani riflettono. Sapere antico, memoria vermiglia, si riempie di acqua e di terra, fangosa terra seccata al sole, macinata fine per decorare un pensiero. Fitta la trama, particolare il disegno e l'ordito, sapiente lavoro di abilità istintiva. Ci accompagna tutto questo oltre l'arrivo della sera quando il corpo ormai stanco, si lascia cadere in un morbido abbandono. Tutto si placa, tutto si scolora.
Il lavoro che nobilita, il lavoro che non mi stanca, che dà valore al giusto riposo, oggi come sempre. Forse più di ieri. Rifletto sull'importanza che ha per me far bene quello che mi viene richiesto di fare, quello che in qualche modo sono tenuta a fare. Non parlo di obbligo morale ma di valore, intrinseco valore. Non è solo occupare una sedia o riempire un quaderno di contenuti. Prolungamento delle azioni, delle parole che non mi dici ma che lasci presagire. Mi faccio interprete e indovina per accompagnarti in questo percorso, mi sforzo affinchè le cose abbiano per te un senso, un verso oltre la difficoltà reale di crederci fino in fondo. Lavoro manuale, fatto di fatica e sudore, di macchie di vernice e polvere colorata. Le mani sono abili strumenti, intagliano parole anche nel silenzio più assordante.
Intagliano.

Considero valore ogni forma di vita, la neve, la fragola, la mosca.
Considero valore il regno minerale, l’assemblea delle stelle.
Considero valore il vino finche’ dura il pasto, un sorriso involontario, la stanchezza di chi non si e’ risparmiato, due vecchi che si amano.
Considero valore quello che domani non varra’ piu’ niente e quello che oggi vale ancora poco.
Considero valore tutte le ferite.
Considero valore risparmiare acqua, riparare un paio di scarpe, tacere in tempo, accorrere a un grido, chiedere permesso prima di sedersi, provare gratitudine senza ricordare di che .
Considero valore sapere in una stanza dov’e’ il nord, qual e’ il nome del vento che sta asciugando il bucato.
Considero valore il viaggio del vagabondo, la clausura della monaca, la pazienza del condannato, qualunque colpa sia.
Considero valore l’uso del verbo amare e l’ipotesi che esista un creatore.

Molti di questi valori non ho conosciuto (di Erri De Luca )

lunedì 24 maggio 2010

L'invasione dei cloni - Prologo

Lanciato l’ultimo saluto agli amici, Michael aveva cominciato a traballare verso casa. Le nebbie di birra e fumo continuavano a circondarlo con delicata imponenza. Un passo dietro l’altro, tra i chiaroscuro dei portici, il rimestare di voci, facce e suoni. Mani in tasca, cappuccio in testa, seguiva la sua personale traiettoria verso il ponte di casa, ancora troppo lontano. Alla sua destra, i suoni della zona universitaria si facevano via via più distanti, lasciando scampoli di sorsi e risate al compito di annaffiare questo umido sabato di inizio primavera. Dentro la testa, un motivetto imperituro lo trainava tra i colonnati e le serrande. A sinistra la piazza, di fronte la collina, provata da una giornata di straordinari e improvvise secchiate. Gli orrori della versione ed i sadismi sallustiani erano svaniti da un pezzo, abbattuti dalle ruvide picconate elettriche, dal martellare incessante. Perlomeno fino a domani.
- Cazzo, che concerto. Mai visto un bassista mangiarsi lo strumento a quel modo. Mai. Che storia…- un mormorio tra i portici.
Un passo dietro l’altro, cercando di saldare bene i passaggi più importanti, da emulare in sala, e di dimenticare le contusioni a costole ancora poco avvezze al pogo più duro e sfrenato. Verso i portici più bui, da affrontare dopo una sosta della staffa dal cicchettaro. O forse no. Occhi fissi sulle zampe. Sul marmo sottostante e le geometrie dei suoi detriti. Sui riflessi dell’acqua appena scesa. Sul glaucopide riverbero delle strisce. Sul cemento. Umido e solido d’indifferenza. Occhi fissi, inconsapevoli. Stornati dagli echi ancora intenti a grattare tra incudine e martello.
Chiuso a stimoli esterni, di ogni sorta, in un personalissimo spettro autistico. Teso all’analisi distorta degli stralci ancora presenti in memoria, proseguiva il rientro verso casa con davanti agli occhi il buridone del Totem, nuovo locale di fresca occupazione. Le Squatter Pink e due gruppi emergenti, tra cui gli Shocking Bleik, a far tremare bulloni e calcestruzzo. Serata dura, ostile fin dalle premesse: il più femminista dei gruppi punk della scena italiana subito dopo i crudi sberci sessisti di una delle più indefinibili e discusse band spuntate dal sottosuolo felsineo. Un vero casino. In seguito a “Troia regina” era stato eseguito il brano più demenziale e di impossibile interpretazione. Un’autocritica talmente velata e sotterranea al pensiero testosteronizzato da risultare esclusivamente misogina. Subito dopo il culminante Io sono gay e tu chi sei?!?!, uno squarcio dalle retrovie Quella che vi fa il culo, stronzi!!!. A quel punto Michael si era improvvisamente ritrovato all’esterno, dopo un personalissimo e bizzarro minuetto, tra i rovi di una siepe, ammaccato ma ancora incolume. Concerto finito, serata da reinventare tra locali e pietra rossa.
Occhi fissi sulla strada sdrucciola, pensieri mischiati, “pensieri della casa” frutto di osterie e locali attraversati. Via Capo di Lucca alle spalle, un passo dietro l’altro verso casa. Sull’asfalto, poche macchine nottambule in cerca di una meta. Intorno, qualche ritmica lontana, echi di rapidi passi e l’accidia gocciolante delle ultime acquerugiole. Superato il rifornitore metal, dove il portico da quadro si arrotonda, arriva il colpo e il sonno saluta, addolorando lo sterno, l’occhio si ritrova sveglio, fisso sugli archi di crema sovrastanti.
- Ma che cazzo! E stai un po’attento imbeci…-
La parola si scioglie, tra le ultime piogge. Davanti agli occhi un essere come mai avrebbe potuto immaginare. Occhi pallati, sguardo ansimante. Il terrore dipinto sul corpo, fradicio ed epilettico. Un urlo glaciale e poi il nulla. Michael si alza verso l’uomo così spesso temuto, si volta e poi scappa. Impossibile affrontare qualunque troppo l’abbia ridotto così.

venerdì 21 maggio 2010

Se questo è un allievo


Anche stamattina l'ennesimo articolo che parla di genitori aggressivi nei confronti di professori che normalmente svolgono il loro mestiere. Stavolta è successo ad Ostia. Inutile elencare l'enorme lista di buoni propositi o di consigli per una sana e civile convivenza scolastica. Genitori che urlano, genitori che ci mettono con le spalle al muro e sparano a raffica anche senza sapere di cosa stanno parlando. In questo maggio di passione dove si parla a caldo di futuri tagli e drastici cambiamenti, nell'anno scolastico che oramai giunge alla fine, si rende necessaria e urgente la collaborazione fra tutte le parti educative che ruotano attorno a questi ragazzi. Un bambino-ragazzo che entra a scuola alle 7:30 e ci rimane fino alle 17:30 perchè i genitori lavorano tutto il santo giorno e quindi sono costretti a prolungargli la permanenza grazie ai servizi integrativi, ebbene soggiornando nelle aule per una media giornaliera di 10 ore, quando va male, 5-6 nei casi migliori, è normale che siano gli insegnanti a mettere sulle vostre basi educative la parola accento. A scuola, nel confronto e nel dialogo escono fuori i bambini allo stato puro, il bambino ben educato o maleducato (esiste ancora questa parola anche se a scuola è considerata Out) risalta in mille sfumature ed è inutile dire che i nodi prima o poi vengono al pettine. Non è solo una questione di studio o di come si soggiorna in classe visto che vanno accompagnati a mensa o in cortile, se fortunati e particolarmente diligenti, in gita. E' vero che la scuola è cambiata ed è vero che gli insegnanti non sono in grado di fronteggiare a pieno questo cambiamento. La cassetta degli attrezzi e colma di utensili inadeguati e spesso arruginiti e senza fondi, senza ricambio diventa impossibile fornire gli strumenti adeguati. La famiglia oggi più che mai non riesce da sola a fornire l'ABC dell'educazione e la scuola non si prende la responsabilità. Quei pochi che ancora si permettono di tirarsi sù le maniche e lavorare vengono messi con le spalle al muro, minacciati e giudicati. Vorrei allora volgere una domanda a questi genitori così incazzati, che se la prendono a morte se gli insegnanti riprendono i figli, vorrei chiedere loro: COSA VOLETE DA NOI? IN CHE MODO VORRESTE CHE NOI CI COMPORTASSIMO DAVANTI ALL'ABUSO DI QUESTO POTERE GENITORIALE che non tiene conto della parola collettività, condivisione di mezzi e strumenti, collaborazione e convivenza. I vostri figli che urlano, che ci parlano sopra e interrompono costantemente, che ci assillano con domande superflue che considerano la cultura che noi a fatica cerchiamo di trasmettere, come qualcosa di altamente fuori moda, di superato o politicamente scorretto. A questi ragazzi che parlano di Belen e Fabrizio Corona come di due miti dell'antica grecia, che considerano Lady Gaga la donna più influente del mondo e il telefonino l'unico mezzo per comunicare in tempo reale notizie e avvenimenti, e ancora eccetera, eccetera, eccetera. A questi ragazzi abbiamo insegnato a comunicare e per vie traverse trasmettere anche il piacere per altre cose, l'inadeguatezza forse riguarda proprio il rapporto fra famiglia e scuola. Davanti ad un bambino che ti provoca si riesce a rispondere, davanti ad un genitore che ti urla e che ti tocca nella dignità si rimane inermi.
Caro genitore, ennesimo genitore che ti rivolgi al professore con sgarbo e tirannia perchè ha provato ad educarti il figlio o la figlia invece di azzannare come cane rabbioso prova a fermarti un attimo a riflettere. Alunni di tutto il mondo unitevi, ragazzi con un minimo senso del dovere e della giustizia fate riflettere i vostri genitori che in questo momento storico critico hanno perso il lume della ragione. Genitori narcisi che alla parola educazione tremate come esili foglie al vento, questa lettera è per voi, per voi che vorreste comunque sempre l'ultima parola. Lo sappiamo che sono tempi di crisi e che c'è tanto lavoro e nervosismo da gestire, siamo qui per aiutare questi ragazzi a crescere non a vivere nell'imbarazzo dell'inadeguatezza. Ci delegate un compito importante e noi vorremmo essere all'altezza, vorremmo accompagnarvi in questo percorso difficile ma pieno di belle esperienze. Coerenza e maturità per offrire il meglio a questi nostri ragazzi che un domani si troveranno al nostro posto e dovranno a loro volta crederci per insegnare. Educare vuol dire tirare fuori, condurre fuori e poi accompagnare. I maestri come i genitori sono fondamentali nel percoso di un bambino, sono guide in un mondo che, offrendo sempre più prospettive, volge anche alla confusione dei sentieri che non vengono mai ampliamente segnalati. Smettiamo di farci guerra e cominciamo a riprenderci la dignità del fare bene ognuno il proprio mestiere: genitori e insegnanti. Contro un sistema che vuole questo per creare confusione per togliere possibilità e rendere ciechi e stupidi. Offriamo il meglio perchè un tempo, siamo sinceri, noi abbiamo conosciuto il meglio.

martedì 18 maggio 2010

Età e sentimenti, una questione di stile

Stamattina su La Repubblica ho trovato un articolo che mi ha lasciata un pò perplessa. Secondo lo studio di un'èquipe di psicologi della Stony University di New York i sentimenti negativi regolati dall'ansia e dallo stress crescono in maniera costante dai diciotto anni in su per poi calare verso i cinquant'anni. Ogni età possiede un proprio stato d'animo, la rabbia che in età adolescenziale ci regolava gli umori come bombe ad orologeria col passare del tempo si trasforma in ansia e stress che vuol dire in una sola parola: affanno. Se i cinquantenni possiedono il meritato equilibrio apparentemente è dovuto al fatto che in una società come la nostra solo a questa età puoi cominciare ad allentare la cinghia. Ma neanche tanto. Quelli che ora hanno i cinquanta si trovano con figli trentenni che passano da un lavoro all'altro e senza sicurezze non possono permettersi il lusso di staccare il cordone ombelicale. La famiglia italiana, certo non manda questi figli all'avanguardia, preferisce tenerli in casa facendo a meno della balera e del parrucchiere al sabato mattina. Alla rabbia si preferisce così l'ansia, meglio un figlio stressato che uno incazzato. L'ansia è anche più facile da curare mentre l'incazzo è una cosa che logora fino in fondo e non c'è rimedio. L'equazione non mi è mai stata chiara fino in fondo. Anche Gramellini nell'odierno Buongiorno ci ricorda che l'età infondo è anche questione di stile. Lui parla di precari rugosi e anziani ancora figli che riempono la nostra vita di parole e atteggiamenti bizzarri (come ad esempio la nonna che accompagna tutte le mattine il nipote a scuola e non va via finchè non l'ha salutato per la centesima volta dalla finestra sul cortile). L'affetto è da premiare, ma l'ottimismo di cui parlano questi ricercatori io vorrei proprio palparlo. Certo potrei avanzare la mia perplessità affermando che la ricerca è stata condotta su 340mila americani tra i 18 e gli 85: dopo i 50 anni, dicono i ricercatori, mostrano un aumento del benessere psicologico generale grazie alla crescita delle sensazioni positive e a livelli più bassi di emozioni negative. Questo in parte dovuto alla stabilità del lavoro e al fatto che i figli son cresciuti. Un'altra ricerca dimostrava come non sono stipendi da "parlamentari italiani" a dar serenità ma la stabilità finanziaria costante che crea qualità nell'andamento delle cose. Quindi meglio uno stipendietto alla Ragionier Fantozzi per tutta la vita che oscillare fra ville e veline, ops villine che un domani potrebbero finire in una possibile lista di un Anemone qualsiasi. Età e sentimenti dovrebbero seguire un andamento proporzionale invece che essere mera questione di stile. Certo mi viene da sorridere se penso che in America ricerche come questa sono sovvenzionate mentre qui da noi i ricercatori per farne anche di più importanti devono fare una campagna pubblicitaria per chiedere il 5xmille. Senza voler troppo screditare il lavoro dei nostri amici americani, forse il miracolo è tutto da ricercarsi nello stile di vita che questi conducono o forse dell'utilizzo che fanno di certe buone notizie. Fatto sta che hanno sempre qualcosa da mostrarci. Ridono sempre questi cinquantenni, anche quando li incontri in giro per qualche via del centro storico a fare shopping, trasudano ottimismo e ilarità. Beati loro verrebbe da dire, qui da noi hanno ancora molto da fare, forse anche troppo. Chissà se qualcuno sta già pensando ad una ricerca sulle possibile alternative che questi padri possono ancora offrire. Altro che questione di stile!



mercoledì 12 maggio 2010

Mandi-mandi a te (ma anche a me)

Ci sono posti nel mondo dove dire Ciao ad uno sconosciuto potrebbe essere controproducente quanto dargli una toccata di sedere e tuttavia in entrambe i casi sareste considerati dei cafoni . Nelle grandi città del mondo il saluto non è necessario per iniziare bene la giornata, la gente troppo indaffarata non presta attenzione, il rito del saluto sfuma in uno sguardo silenzioso. Ma basta allontanarsi un pò per cambiare totalmente la prospettiva. Bonjour Monsieur o Madame, nelle piccole cittadine francesi il saluto è buona educazione, basta poco, non conviene proseguire facendo finta di nulla anche perchè esiste la regola del Rebonjour. Nel continente africano oltre al semplice saluto ci si scambia una serie di battute sulla linea del come stai? bene e tu? e via di seguito fino a soddisfare molte oscure curiosità. Se siete timidi il Camerun non fa per voi, meglio optare per la Svezia dove è molto raro che uno sconosciuto possa importunarvi con questi convenevoli. Molte culture poi non amano il contatto fisico tipo l'abbraccio o la stretta di mano. Nei paesi occidentali l'ultimo che arriva di solito dà la mano a tutti, in Francia, in Spagna o in Italia è buona regola che sia abbastanza salda perchè la mano floscia non è un buon biglietto da visita soprattutto nel mondo degli affari. Naturalmente non bisogna eccedere in virtuosismi e lasciare che siano gli africani a stupirci con acrobatiche strette di mano. Particolare da non tralasciare: nelle culture che hanno una netta separazione tra i sessi è proibita tra quelli opposti mentre in Germania assolutamente prima alla moglie. Lo sguardo diretto in occidente accompagna il saluto, lo rinforza per renderlo più stabile mentre in Cina è segno di insistenza.
Adiòs, Hello, Ciao, Rei, Kowtow, Salàm, Namastè, Shalom, Hongi, Aloha, Proskynesis ogni saluto porta con se il sapore di culture straordinarie, imparare il saluto nelle diverse lingue del mondo è una cosa che affascina i bambini ed in molti si cimentano in questa specie di maratona dalle mille sfumature. In occasione della settimana del saluto che si svolgerà a Bologna dal 24 al 30 maggio bisognerebbe riflettere sul significato che un gesto così semplice ha per noi. Iniziare la giornata con un bambino che entrando in classe dice: Buongiorno maestra è come un buon caffè per il risveglio dell'anima. Se proprio non ci viene più così naturale, allora ben vengano queste manifestazioni.
Per rompere il silenzio e accorciare le distanze, per creare una minima tensione, fra la parola e l'inganno, per stupire e per stupirsi, per donare o ripartire, per aprire uno spiraglio e per lasciare trasparire, ammiccando o arrossendo, allungando la mano o sorridendo, che sia fulmineo o prolisso, sempre dal profondo,
un saluto sia!

lunedì 10 maggio 2010

"Il Sentiero degli dei" di Wu Ming 2

1) Per chi non lo sapesse, tra Bologna e Firenze, sulle costole dell'Appennino, v'è un antico sentiero di recente denominazione antica, chiamato Via (o Sentiero) degli dei. Ora come ora, non ricordo esattamente il luogo, il tempo e le circostanze che mi portarono a conoscere questa strada che lega così bene il tortellino alla fiorentina (forse dalle pagine di Brizzi? dai racconti di qualche amico? mistero...), certamente era da parecchio tempo, in particolare da quando pellegrinaggi, camminate o passeggiate verso l'indefinito hanno cominciato a solleticarmi la mente, che volevo intraprenderla. Tutt'ora non mi sono trovato con cinque giorni consecutivi per pormi sotto uno zaino e partire. Pazienza.

2) Per chi ha già letto o sbirciato questo blog, non giungerà nuova la notizia del mio amore verso la narrativa, tra cui quella prodotta dall'illustre bottega artigiana Wu Ming. Perciò, sentito dell'imminente uscita di un ulteriore lavoro solista, cominciai a fremere e scalpitare, e ancor di più quando fu rivelato il tema dell'uscita.

Bene, ora il libro è uscito (qui un trailer). Le pagine sono state lette. Lasciando impressioni e sensazioni ben marcate e facendomi chiudere la quarta di copertina con un'ancor più socratica consapevolezza della mia ignoranza verso ciò che mi circonda, anche da vicino, e con una smania di partire prossima all'assoluto.
Ma facciamo un passo alla volta e cerchiamo di non perdere i tanti pensieri che scorrono con implacabile rapidità. Il libro in questione è un vero e proprio U.N.O. (Unidentified Narrative Object). La storia (le storie) contenute al suo interno spaziano dal racconto all'inchiesta, dal romanzo eco-storico alla guida per escursionisti, e tanto altro ancora. Una miscellanea di argomenti che l'autore ha splendidamente intagliato gli uni accanto agli altri dimostrando con ancor più potenza rispetto alla sua prima fatica solitaria, che sempre da un passo dopo l'altro su questi monti era stato ispirato. Questa volta però non siamo più alle prese con supereroi trogloditi, ecoguerriglieri, mafiosetti di montagna e la variegata fauna creatasi tra queste vallate. Questa volta siamo appollaiati sulle spalle di Gerolamo, una sorta di alterego più inesperto del nostro cantastorie ma altrettanto sensibile ed attento alle voci ed agli accadimenti sedimentatesi nel tempo. Una moltitudine! Nè più nè meno. Una pagina dopo l'altra, riga dopo riga, incontriamo particolarità dei luogi, suggestioni, agghiaccianti dati sugli scempi che ci ostiniamo ad ignorare per l'ingordigia di pochi stronzi. Dati sugli accadimenti del secolo scorso, dati freschi freschi e implacabili sulle cosiddette energie pulite (con link cartacei ad approfondimenti come qui e qui). Riflessioni, eco-poetiche, sonorità della terra e della narrativa (di quest'ultime c'è un ottimo esempio qui). Passeggiando cinque giorni sullo zaino di Gerolamo, ci ritroviamo circondati da un turbinio di parole dalle vaste tinte, sorprendendoci a ragionare riguardo a concetti quali ambiente, cemento, paesaggio, fonti di energia, lavoro, cultura storica, escursionismo, amicizia, famiglia... e mi fermo qui per non far torto ad altri temi.
Personalmente ho trovato questo libro meraviglioso, lucido e toccante. L'autore ci porta per mano in personalissimi sentieri e sterrate, lasciandoci poi con la facoltà di decidere dove guardare o voltare il capo, dove proseguire o tornare indietro. Tra le vibrazioni delle parole il suo pensiero è fermo e inequivocabile ma mai prepotente.
Splendido atto d'amore ecologico, ode a chi si (s)batte con costanza per preservare gli echi di voci lontane. Spinta ad incamminarsi per i più svariati sentieri con ostinata passione, a battere le proprie tracce ed a non fermarsi alle melense voci catodiche delle sirene in doppiopetto che pretendono d'irretirci con la banalità.
Libro da leggere, regalare, far girare.
Fa sentire un po'piccoli e ignoranti, ma senza criticare o far sentire in colpa. Fa perdere l'orientamento, alcune certezze. Spiazza. Esalta le indifferenze passate ed ignorate, scuote ed attiva.
Ottimo esempio di come far vedere agli occhi e far sentire alle orecchie.
Ed ottimo esempio di grande scrittura.

venerdì 7 maggio 2010

"American Tabloid" di James Ellroy

Finalmente sono riuscito a leggere il libro che ha ispirato Q! Anche se, a mio modesto parere, in questo caso gli allievi (sempre che di allievi si possa parlare), preso l'imputo, hanno battuto personalissimi sentieri finendo per superare di gran lunga il maestro. In ogni caso, de gustibus e torniamo al libro.
Un libro cupo, ingarbugliato, pieno di deviazioni, rovesciamenti, doppi giochi portati all'estremo. Di sesso, marciume, denaro, potere, di morti e di vivi, di rancori e sguaiatezze. Un cubo di rubik su carta. In cui nomi, persone, alleanze ed idee si rovesciano con la facilità di un bicchiere di carta e con le violente conseguenze di un uragano.
America 1958-1963. Mafia. Cuba. Kennedy. Cia. Fbi.
America dietro le quinte, quando la storia si tinge di fiction ed anche tornando indietro a leggere, tutto sembra eccessivamente incasinato per filare come deve. Eppure fila. Vortica bastardamente. Da un capitolo all'altro si alternano tre paia d'occhi, intervallati da documentazioni di vario tipo (tabloid, messaggi, intercettazioni). Ellroy, che nello stesso periodo era sceso nei propri luoghi oscuri per dare aria e fare un po'di luce, applica lo stesso trattamento alla storia recente degli States. E cazzo, se inchioda e fa tremare il lettore!
La ricostruzione storica è minuziosa e ingannevole. In che punto inizia realmente la fiction? Va bene, i protagonisti sarrano pure frutto della penna di Ellroy, così come molti comprimari, ma il loro intreccio con gli attori di Storia fatti di carne è ipnotizzante e potentemente realistico. Rispetto al viaggio nei suoi inferi personali, non mi ha mai annoiato. Anzi, in certi momenti tende talmente la corda da rendere insopportabile il proprio ritmo di lettura. Grandioso.
A questo punto sarò costretto ad aggiungere alla torre di Babele sul comodino i capitoli successivi (qui e qui) di questo ritratto in tre atti della figlia borderline d'Europa.
Non subito ma presto.
Comodino permettendo...

martedì 4 maggio 2010

Bat box e oscuri presagi


Mentre al supermercato hanno fatto la prima apparizione le fantomatiche "Bat box" raccolgo notizie in rete sulla reale necessità di piantare questa casetta di legno nei nostri cortili. Si avvicina la stangione delle Tigri e pensare ad un alternativa valida rispetto all'Autan mi sembra buona cosa. Certo se è vero che un pipistrello di media in una notte è in grado di mangiare dalle 1500 alle 2000 zanzare tigre, direi che il Comune anzichè spendere in trattamenti nocivi potrebbe ampliamente abbracciare questa filosofia. Gli insetticidi che vengono nebulizzati un pò ovunque nei nostri giardini, cortili, strade hanno il difetto di esser poco resistenti nel tempo e quindi le zanzare che riescono a sopravvivere saranno sempre più forti. Ricordo ancora con orrore la scorsa estate i bambini che paonazzi e disperati fuggivano dal parco della scuola con la pelle rigonfia e le lamentele delle genitrici per l'inefficacia dei prodotti anti-zZ. Mi facevano ridere quei poveri bambini ricoperti da strati e strati di puzzolenti rimedi, oleosi rimedi, inutili rimedi. Le zanzare in città sono incattivite e ancor di più quelle che abitano le siepi degli Istituti scolastici. La cosa triste è che con queste disinfestazioni muoiono anche gli insetti che ci piacerebbe osservare di più in giro come farfalle, lucciole, api. Certo è brutto creare questa differenza davanti alle creature del mondo ma purtroppo non è semplice convivere con tutti. E poi diciamolo una volta per tutte, se i pidocchi ci infestano, se le zanzare ci assillano, se gli acari ci danno allergia ma perchè continuare a porgere l'altra guancia o l'altro capello? Loro ci amano, non possono fare a meno di noi ma noi abbiamo il diritto di sceglierci i compagni di gioco. La soluzione ce l'hanno data alcuni ricercatori zoologi (che non fanno certo distinzioni così poco political-correct come la mia): i pipistelli. Già, i nostri amati amici dell'oscurità, che si annidano negli anfratti delle vecchie case e sbucano appena il sole tramonta. Non c'è storia di bambino che non abbia almeno un pipistrello come protagonista. Infondo ce ne sono tanti, in città a volte in estate qualcuno vola basso ed è facile seguire il loro volo, spirali e traiettorie frammentate dai condomini che inospitali arginano i confini. Sarebbe bello far qualcosa anche per loro. Non sono belli, questo è vero, ma di tutti i mammiferi è quello più perspicace. L'atavico desiderio del volo gli ha fatto crescere due belle ali dure, Chiroptera, il nome della loro specie sottolinea proprio questa caratteristica. Sono anche animali puliti, ogni giorno dedicano un pò del proprio tempo a lustrarsi le ali con un olio speciale che gli deriva dalle ghiandole nel muso. Del pipistrello è preziosa anche la "cacca", il cosidetto guano, ottimo fertilizzante: un etto contiene più proteine di un BigMac!! (dato trovato qui)
Quindi cari amici il messaggio è semplice: se avete un posticino tranquillo e riparato dove attaccare la casetta fatelo perchè una città con più pipistrelli che riposano in pace vuol dire una città con meno zanzare ed insetticidi nocivi in giro. Sarebbe bello se le scuole organizzassero una colletta per comprarne una o costruirla, magari potrebbero realizzarla anche i bambini. Negli ultimi anni la comunità europea si è molto battuta per la protezione di questi animali. Un pò come la storia delle api. Nel 1990 addirittura si tenne una notte in suo onore: la Bat Night, con mostre e percorsi alla ricerca dei luoghi dove questi animali vanno a riposare. In rete c'è davvero molto materiale, metto qui quello che ho preso a riferimento.
Per il resto, cos'altro aggiungere, meglio una batbox oggi che un zZ-box domani!

domenica 2 maggio 2010

"Sentieri sotto la neve" di Mario Rigoni Stern

Ecco uno scrittore a cui mi sono accostato per caso, grazie a fortuiti snodi letterari. Un libro regalatomi pochi giorni prima di una partenza che, fin dal titolo, avverte di volerci portare alla riscoperta di ciò che giace sotto il freddo strato amnestico del tempo.
Un libro sottile, breve raccolta di storie e parole. Un libro da leggere con cura, senza ingordigia.
L'ormai fu Stern ci porta avanti e indietro, sulle ali di una memoria lucida e commossa, dietro a personalissime orme da calcare con discrezione. In questi sedici racconti ci muoviamo tra molteplici sentieri, osservatori silenziosi di cose che furono e che tendono a non esser più. Alcune mutate, altre dimenticate. Ogni racconto è diverso dall'altro. Ogni racconto condivide un'immensità con quelli circostanti. La raccolta è suddivisa in tre parti, una miscela di passato remoto, prossimo e presente. Un intreccio di sentieri capaci di ricreare con potenza storie custodite tra i monti e gli inverni di Asiago e dintorni. Con poche sillabe, anche senza esservi mai stati, ci scopriamo intimi di usanze, sogni e parole che tendono a diventare sempre più prerogativa di pochi.
Aprire queste pagine immerge in un dedalo altalenante di memorie e conoscenze. Quante nevi possono esserci nell'arco di un'anno? Quanti nomi per delle montagne? E poi, passeggiate a fianco di Levi, ombre partigiane, pastori, caprioli, animali dai nomi ingarbuglianti. Ristori, focolari, rugiade di fresche mattine estive.
Poche pagine da sorbire con lentezza, un passo alla volta. Un salto all'indietro da affrontare senza impazienza. Ottima occasione per ritrovarsi circondati da un qualcosa di totalmente sconosciuto e familiare, ritrovando un pezzo di quella memoria apparentemente abbandonata ad echi lontani.
Parole, suggestioni e ricordi di rara intensità e bellezza, da non lasciare impolverire e in cui ritrovare una parte di ciò che, nel frastuono presente, tende a rasentare l'oblio.