lunedì 31 gennaio 2011

Restaurazioni


Tempi duri per la Nazione, quando il denaro scarseggia bisogna dare una priorità alle cose che sembrano più utili. Basta futili sprechi e fondi destinati a rovine che solo gli Americani riescono ancora ad apprezzare. La nuova linea di governo, essenziale e minimalista, preferisce al "piccolo lupanare" il celebre balcone che, ancor oggi, si affaccia indomito sulla sempre ariosa Piazza Venezia. Qui Roma, Alma Madre della cristianità e della civiltà del mondo, si appresta in un religioso silenzio a rimembrare i fasti di allora, presentando al pubblico il balcone restaurato e pronto ad accogliere nuovi gagliardi e accesi discorsi. Mentre la folla si appresta a riempire le piazze, nuove luci all'avanguardia vengono montate in attesa del giorno in cui una fervida e virile guida torni a "illuminarci" la via.



[Leggere con intonazione da Cinegiornale Luce]
Rende meglio!

Strani giorni

A Bologna c'è la neve. Non come l'anno scorso, tra lastre di ghiaccio e cumuli bianchi in cui lasciarsi andare. E' tornata ad imbiacare, ieri più che oggi, l'acqua la sta già lavando, sotto il candore spunta il solito grigiume delle strade. Sui tetti dei vicini è rimasta. Vedo bianco e vedo grigio, il rosso dei coppi no, un po'dispiace ma che ci vuoi fare? L'anno scorso me l'ero goduta la neve, pure troppo, a dicembre si scivolava un sacco. Due, tre passi e puff, dritti per terra, tra le sirene delle ambulanze al lavoro. Quest'anno c'è meno neve, e meno sirene, chissà perchè, ma l'anno scorso a letto ci stavo meno, per dormirci e poco altro. Le gambe poi, anche quando scivolavo non mi dolevano, anzi si sganasciavano a provocare strani equilibri. Oggi mi dolgono, steso a letto. E' da quando son piccolo che le prime avvisaglie di influenza partono dalle gambe. Dalle ginocchia, per maggior precisione. Perciò resto qui, steso, ad aspettare che passi, insieme alla neve.
L'anno scorso c'erano più neve e più cadute mentre oggi resto steso ad un metro da terra. curioso.

Intanto, fuori, non si trova solo la neve, che ormai si sta sciogliendo, mentre le gambe non ne vogliono sapre di rilassarsi. Fuori, si diceva, succede di tutto ed il semicrampo dietro le rotule non è poi così importante a confronto, ma tant'è.
C'è un mediterraneo sempre più in fiamme, mentre qui, chissà perchè, c'è la neve, che pure un po' si sta sciogliendo, ma in generale resta più o meno tutto congelato. La politica, i politici, gli industriali, gli assessori...
Ecco, di assessori mi piacerebbe parlare, nonostante il fastidioso tirare alle gambe, perchè mentre il Grande Intrattenitore, a cui le gambe, se non altro, cominceranno a tremolare un po', perlomeno, si rende conto di avere meno cani e burattini al guinzaglio di quanti credesse. Anzi, oramai pare avere solo cime senza un capo. Dicevo, mentre il poveretto si rende conto che i tanti figliocci e figliocce non erano propriamente interessati a lui in persona ma al contesto circostante; alcune teste calde, le gui gambe sembrano in ottima salute mentre le teste meno, ma tant'è, stanno cominciando a darsi da fare, a prescindere dalla neve o meno. Perciò questi assessori hanno dato il via alla storiaccia appena sfiorata da neve e media (figurarsi dal male alle gambe), quella del #rogodilibri, che per fortuna, invece di cadere sdraiata letto sotto i colpi di un influenza ignorante, è andata avanti e, come ottimamente riassunto qui, ha portato alle prime vittorie, risultati positivi che fanno ben sperare in mezzo a questo crescente infiammarsi mediterraneo (che magari il gelo e la neve peninsulare li scioglie pure).

E i "cari" assessori?
Si leccano le ferite, storditi, continuando ad azzannare a destra e a manca, alla ricerca di qualche boccone meno amaro. E intanto che la neve pian piano si scioglie e il male alle gambe rimane, entrano in piccoli deliri da termometro caldo e da sonno agitato.

E' notizia di poco fa (dell'Ansa dietro alle gambe, ed oramai dietro alla testa, che tanto mi dolgono) che, oltre alla denuncia lanciata contro "Terra-Nord Est" per questo articolo, la signora dai pendenti discutibili abbia intenzione di scagliarsi contro Pierpaolo Capovilla per violazione di copyright. Il pezzo in questione pare il seguente:



Sembra che la maggior parte del testo usato in questa canzone (le parti più ritmate) facesse parte di una poesia scritta dalla sovracitata in un momento d'ispirazione, contenuta in una raccolta di pensieri e sonetti da pubblicare tramite finanziamento della comunità europea: "Opere atte al mantenimento ed alla preservazione delle tradizioni regionalistiche e locali".
La risposta del cantante non si è fatta attendere e sottolinea come tali spregevoli accuse siano totalmente inutili, essendo il brano risalente al 2009. Siamo di fronte all'ennesimo tentativo di spezzare le ginocchia a chiunque mostri un'idea contraria e non revisionista.
Per ora la questione sembra risolta, anche se quella delle mi povere ginocchia no, ma voci interne alla regione hanno fatto trapelare il fatto che l'assessora stia consultando un gruppo di medium e sensitivi per dimostrare come quello di Capovilla sia un plagio anticipatorio.

A questo punto non mi resta che alzarmi, farmi una spremuta, guardare la neve che si scioglie e sperare che il male alle ginocchia (e alla testa) passi in fretta.
Potrei anche convincermi che assurdità del genere possano realmente accadere.

lunedì 17 gennaio 2011

A noi la censura non CI piace


Perchè è un diritto di tutti avere in biblioteca questi libri



Perchè l'ignoranza e l'arroganza di chi si crede potente
non è mai del tutto sconfitta e questa cosa purtroppo ne è un esempio.




Perchè la censura genera il controllo
della libertà di espressione quotidiana;
e questo è l'anticamera dell'orrore.

Nonostante ciò



perchè parlare di queste cose, reagire ad esse
è come bloccare, inceppare un meccanismo
che impazzito continua ad alimentarsi da solo.


"The Dead Republic" (Una vita da eroe) di Roddy Doyle

Henry Smart è tornato, a chiudere i conti. Tutti quelli che gli competevano perlomeno. Al resto ci penseranno gli altri.
Dopo la bomba della notizia che da ieri impazza per la rete (e viene allegramente ignorata dai media) ho cercato di rilassarmi con gli ultimi giorni di vita del caro Henry, eroe dalla lingua affilata e dallo sguardo triste.
Inutile dire che, chiusa l'ultima pagina, non sono riuscito ad addormentarmi per un bel pezzo, risucchiatto da voci irlandesi, dalle mille inflessioni, e dalle grida di chi non può sopportare il disprezzo crescente verso l'alerità, che con leggerezza glaciale viene normalizzato ed impacchettato.
Ci sarà spazio per questo libro nelle biblioteche? Per questa trilogia torrenziale che, con i suoi alti e bassi, riesce comunque a far vibrare dal profondo chi le si accosti?

Doyle ci riporta in Irlanda, dopo tent'anni di jazz e praterie, riuscendo a farcene attravaersare un'altra cinquantina con un'intensità che rasenta l'incredibile.
Provate a spiegare la questione irlandese dell'ultimo secolo. Provate pensare a quato indietro si dovrebbe andare per comprendere l'inizio di quelle lotte. Doyle, in un paragrafo ce lo spiega:
Le guerre si potevano vincere o perdere, oppure finivano e basta: le lotte invece non finivano mai. Le guerre erano orribili, ma una lotta era sempre nobile - soprattutto quando il nemico era uno dei grandi eserciti del mondo e i tuoi erano appena un centinaio di uomini e donne. E quando l'origine poteva essere fatta risalire al passato, passando per il Vietnam, la Seconda guerra mondiale e la Guerra d'indipendenza, fino ad arrivare al 1916, e se necessario spingersi ancora più indietro arrivando ai feniani, alla Grande carestia e agli irlandesi uniti, alle picche e alle parrucche della rivoluzione francese, a Cromwell e Drogheda, a Elisabetta, alla prima colonia e allo sbarco dei normanni nel 1169, e poi di nuovo avanti attraverso Cromwell, per tornare alla Thatcher. Nel 1985, la lotta durava da ottocentosedici anni.
Un "indiero tutta -poi sempre avanti" di poche righe che, anche al meno esperto di storia irlandese, riesce a farne percepire la sfibrante pesantezza.
Già nei romanzi precedenti, in particolare nell'ottimo primo capitolo, siamo posti in condizione più che laterale, rispetto allo svolgersi della Storia. Tra fogne, campagne, vicoli e bettole osserviamo lo svolgersi dell'azione con l'indefessa onnipotenza di chi, riamanendone sempre ai margini, tra il vomito dei respinti muove gli ultimi passi per consegnare alla morte una goccia di splendore, di umanità di verità.

Ma questa volta l'onnipotenza del passato deve cedere il passo a ciò che in precedenza si poteva cogliere solo di rimbalzo. Per quanto il titolo in italiano si concentri sull'eroicità dell'inossidabile Herny Smart (il cui significato resta comunque discutibile), l'originale in inglese non lascia scampo: si parla di sconfitte, di una Repubblica Morta.
Rispetto ai capitoli precedenti, questa volta assistiamo al lento irrigidimento di un corpo e di una mente che non riescono più a sostenere le passioni che ne alimentavano il fuoco. La prospettiva a cui siamo costretti ad abituarci pagina dopo pagina è quella di un vecchio, costretto ad affrontare una realtà non così diversa da come l'aveva lasciata, con occhi via via più estranei e disillusi.
Tra un vuoto di memoria e l'altro, scopre le dinamiche di cui è stato artefice e burattino, dovendo accettarsi non più come Vecchio intorno a cui tutto ruota, ma come semplice comparsa in un mondo, in un paese, più grandi di lui, nonostante siano da lui fortemente simboleggiati.

Il titolo in italiano, perciò, nonostante si discosti totalmente da quello originale, risulta ancor più potente e significativo. La vita di Henry è stata quella di un eroe di altri tempi. Intorno a cui tutto ruotava e su cui ogni cosa si reggeva. Il deus ex machina di se se stesso.
Tornato a casa, però, sarà costretto a riconoscersi simulacro di un tempo che fu, buono soltanto per dare una spinta all'opinione politica, all'identità nazionale attorno alla cui definizione tutto sembra ruotare, grazie ai suoi strascichi da mitologema.
Contemporaneamente, l'Eroe svuotato si dimostrerà in grado di continuare a combattere, a lasciare il proprio segno, a mettere al servizio le proprie capacità, per ciò che lo circonda più da vicino e che nei precedenti romanzi era riuscito appena ad intravedere.

Una riflessione profonda sull'umanità, sul concetto d'eroe, sulla socialità e sull'Irlanda scritta con la solita maestria. Grande conclusione di una splendida trilogia, da cui, anche senza essere descritti, i personaggi strabordano e prendono vita.
Un Doyle ad altissimi livelli.

domenica 16 gennaio 2011

Diritti ai diritti

Non c'è che dire, il pensare sta sul cazzo. E anche parecchio.
L'anno è appena iniziato e gli argomenti di discussione non mancano. Frenetici, si accalcano l'uno sopra l'altro lasciando a malapena il tempo di pensarci su. Figuriamoci di scriverne (qua su N.I.E. di tempo per farlo ne abbiamo veramente poco).
Ma quando è troppo è troppo.

E la questione diritti si fa sempre più allarmante e complicata.
Già è difficile riconoscere e ricordarsi sempre quali siano i diritti effettivi di una persona, visti i colpi e le distorsioni a cui sono sottoposti. Se a questo aggiungiamo metri di merda a coprire il tutto, la situazione non può certo migliorare.

15 gennaio: passa il referendum (se così si può chiamere quella sottospecie di sondaggino ricattatorio imposto agli operai) a Mirafiori. Da precario, per quanto impegnato in un altro settore, immaginate quanto la notizia possa avermi reso estatico. Come uno sciatore impegnato in una pista nera che vede partire la palla che si farà valanga (per chi fosse interessato a discuterne, consiglio di fare un giretto qui e qui).

16 gennaio: poco prima di spegner il computer, lancio uno sguardo agli aggiornamenti al blogroll e incappo in questo post, che mi conferma come per la merda toccare il fondo sia pressocchè impossibile, visto che in fondo alla discesa si trova il buco e, tirata l'acqua, la strada è ancora più lunga.
Dietro lo stropicciato velo del caso Battisti (a prescindere da come la si pensi sulla questione), l'assessore della cultura della provincia di Venezia, tale Speranzon, dando sfogo alla sua vena più democratica e illuminista ha caldamente consigliato a tutti i bibliotecari della provincia di rimuovere i libri di tutti gli autori che nel 2004 firmarono un appello dove si chiedeva la scarcerazione di Cesare Battisti e di non invitarli per presentazioni di nuove opere o iniziative di alcun genere.
Naturalmente non c'è nessun obbligo per i bibliotecari della zona, a cui però viene fatto sapere che si devono assumere la responsabilità della mancata adesione a tale, ehm, "iniziativa".

Non c'è che dire, nell'Italia di oggi è vivissimamente sconsigliato pensare, avere opinioni personali e soprattutto differenti da chi ci governa. E per questo motivo la cultura tefe essere verboten.
E' un discorso che, con modi e argomenti e in tempi e luoghi differenti, ho riscontrato in buona parte delle tesi di questi due libri che ho letto di recente:
  1. "La scuola è di tutti - Ripensarla, costruirla, difenderla"di Girolamo De Michel
  2. "La Bibbia e il fucile - Cronache dall'America profonda"di Joe Bagean
Nel primo viene ottimamente trattato l'argomento scuola e istruzione e le ripercussioni che possono avere, nel bene e nel male, sulla vita di tutti i giorni. A livello individuale e sociale.
Nel secondo si parla di una parte di America e delle dinamiche che fanno sì che la sua parte più povera faccia di tutto per essere lasciata nella condizione di merda in cui le attuali condizioni sociali la relegano. Magari troverò il tempo e le forze per approfondire l'argomento ma consiglio caldamente le letture.

Letture che, guardacaso, riguardano uno degli autori cha, secondo Speranzon, andrebbero banditi dalle biblioteche e dall'attenzione dei più. Questo stesso blog è nato grazie a ed omaggia autori di quella lista.
Per curiosità prima di scrivere questo post ho dato un'occhiata su aNobii ( su cui è appena nato questo gruppo) alle mie letture 2010. Su 50 libri letti, 10 sono di 6 autori "pericolosi".
Perchè ormai chi smuove un dibattito, l'esposizione di un'idea personale, il confronto tra le parti non viene considerato in altro modo.
Pericoloso.
E ultimamente la capacità di ragionare e di formarsi un proprio senso critico viene osteggiata in maniera sempre più sfacciata e violenta.
Non è più il caso di starsene a guardare.

A chi si trovasse a leggere queste poche righe scritte di getto chiedo di non fermarsi davanti al velo di ripartizione politica dietro cui si cela questa storia putrescente. A prescindere da come la si pensi, si è di fronte al tentativo spudorato di impedire la possibilità di leggere (e al contempo di non leggere) alcuni autori, sulla base di una loro presa di posizione.
Viene perciò negata la possibilità di scelta, di espressione e di autocoscenza, tramite l'infrazione degli articoli 1 e 3 della Dichiarazione universale dei Diritti dell'Uomo

Invito perciò chi volesse a fare sentire il suo dissenso in tutti i modi che gli sono possibili. Tramite rete, scrivendo ai giornali o allo stesso Speranzon (raffaele.speranzon@comune.venezia.it). Qui di seguito la mail da me inviata.

Non ho firmato l’appello per la scarcerazione di Battisti. Questo non toglie che la sua iniziativa sia un atto che va contro gli articoli 1 e 3 della Dichiarazione universale dei Diritti dell'Uomo e che trovo semplicemente ripugnante.
Non sono uno scrittore di professione, ma un lettore accanito e trovo ripugnante la sua proposta che va contro qualsiasi principio di socialità e libertà di pensiero. Mi auguro che la sua sia stata un'uscita dettata da un momento di scarsa lucidità, perchè se preso in totale consapevolezza, è sintomo di un'antidemocraticità che la rende ai miei ochhi inadatto al ruolo che riveste.

Aggiunta del 17/01/11

Da Giap, intervento del sempre lucido e meravigliosamente (ma anche terribilmente) diretto luca.

mercoledì 5 gennaio 2011

"The Selected Works of T.S. Spivet" (Le mappe dei miei sogni) di Reif Larsen

E' da un po' di tempo che questo libro prova a parlarmi. Rimanda che ti rimanda ho fatto passare circa sei mesi, prima di tuffarmici. Quasi un record, viste le proprietà calamitiche con cui è stato sviluppato.
Sarebbero sufficienti il formato, l'immagine in copertina e il commento di King sovra impresso ("Questo libro è un dono enorme") a suscitare un senso di necessità, un prurito di curiosità in chi gli si accosti.
Per non parlare del titolo, stravolto rispetto all'originale (che fa l'occhiolino ad un altra opera) ma in grado di cogliere ed esprimere, almeno in parte, altri aspetti del romanzo. Non sono un traduttore e non voglio entrare in polemica con questa scelta, visto che, al contrario di altri casi, rimane in qualche modo allineata con il contenuto evidenziandone altri aspetti, ma sarebbe interessante capire se dietro a questa reiterata dolcificazione di titoli stranieri tramite tinte a volte sognanti (come nel caso di questo libro) ma troppo spesso ridicole, abbia esclusivamente cause commerciali o si dovuta ad altri aspetti imputabili ai meandri più oscuri delle dinamiche sociali italiane. Ma torniamo al libro.

E' da un po' di tempo che non ne leggevo uno con tanto piacere. Non solo l'involucro e il layout, anche il contenuto è veramente notevole.
E' un romanzo di formazione, un
On the road buffo e tenero (...) alla scoperta dei piccoli e grandi misteri della vita
visto con gli occhi di un dodicenne mezzo genio, mezzo disadattato che, sorprendendo prima di tutti se stesso, parte alla scoperta del mondo che fino a quel momento si era limitato ad osservare da lontano, in una mappatura tanto meticolosa quanto miope. Per tutto il viaggio siamo messi di fronte ad una serie d'interrogativi profondi, visti con occhio ingenuo e candido, a cui l'autore non pretende di dare risposte univoche.
E' un racconto zeppo di filosofia; la riedizione in chiave moderna del Mito della caverna ma non solo (le mappe di apertura e chiusura hanno riferimenti inequivocabili). Molto difficile da leggere tutto d'un fiato senza lasciarsi un oceano inesplorato alle spalle. Non solo per il contenuto, ma anche per la quantità di diramazioni, storie od appunti sfuggenti celati in ogni pagina od immagine. Larsen ha trovato un modo fantastico, interattivo, di utilizzare le note. L'edizione in e-book potrebbe essere davvero divertente (il sito lo è).
La storia si muove in tutte le dimensioni possibili, senza ridondanze indigeribili, per poi chiudersi in un cerchio perfetto e al tempo stesso apertissimo.
Non si rimane con l'amaro in bocca o con la maliconia tipica del concludere le belle storie ma si resta con una serie di sinapsi attivate incredibilmente ampia.

Di cos'ha più bisogno un ragazzino di dodici anni al giorno d'oggi? O una qualsiasi persona?
Non è facile trovare un racconto che tratti tematiche di questo tipo senza scadere in dettami/morali/fanatismi più o meno celati di qualsivoglia tipologia.
Certo, il punto di vista dell'autore è percepibile ma non intrusivo. Riesce a scorrere senza monopolizzare il fluire dei pensieri, rendendo le assurdità che si dipanano sempre più verosimili, per non dire autobiografiche.

Si ride, si riflette, si sta sulle spine.
Si gode di una lettura densa e leggera allo stesso tempo.
Niente si dimostra scontato come appare. O rinchiuso nelle linee precise di una mappa.
Su questo l'autore è molto chiaro, dall'inizio alla fine: i luoghi veri non son sono MAI segnati in nessuna carta, pixel o cornice. Per fortuna.
Davvero un dono enorme, non c'è che dire.