mercoledì 5 gennaio 2011

"The Selected Works of T.S. Spivet" (Le mappe dei miei sogni) di Reif Larsen

E' da un po' di tempo che questo libro prova a parlarmi. Rimanda che ti rimanda ho fatto passare circa sei mesi, prima di tuffarmici. Quasi un record, viste le proprietà calamitiche con cui è stato sviluppato.
Sarebbero sufficienti il formato, l'immagine in copertina e il commento di King sovra impresso ("Questo libro è un dono enorme") a suscitare un senso di necessità, un prurito di curiosità in chi gli si accosti.
Per non parlare del titolo, stravolto rispetto all'originale (che fa l'occhiolino ad un altra opera) ma in grado di cogliere ed esprimere, almeno in parte, altri aspetti del romanzo. Non sono un traduttore e non voglio entrare in polemica con questa scelta, visto che, al contrario di altri casi, rimane in qualche modo allineata con il contenuto evidenziandone altri aspetti, ma sarebbe interessante capire se dietro a questa reiterata dolcificazione di titoli stranieri tramite tinte a volte sognanti (come nel caso di questo libro) ma troppo spesso ridicole, abbia esclusivamente cause commerciali o si dovuta ad altri aspetti imputabili ai meandri più oscuri delle dinamiche sociali italiane. Ma torniamo al libro.

E' da un po' di tempo che non ne leggevo uno con tanto piacere. Non solo l'involucro e il layout, anche il contenuto è veramente notevole.
E' un romanzo di formazione, un
On the road buffo e tenero (...) alla scoperta dei piccoli e grandi misteri della vita
visto con gli occhi di un dodicenne mezzo genio, mezzo disadattato che, sorprendendo prima di tutti se stesso, parte alla scoperta del mondo che fino a quel momento si era limitato ad osservare da lontano, in una mappatura tanto meticolosa quanto miope. Per tutto il viaggio siamo messi di fronte ad una serie d'interrogativi profondi, visti con occhio ingenuo e candido, a cui l'autore non pretende di dare risposte univoche.
E' un racconto zeppo di filosofia; la riedizione in chiave moderna del Mito della caverna ma non solo (le mappe di apertura e chiusura hanno riferimenti inequivocabili). Molto difficile da leggere tutto d'un fiato senza lasciarsi un oceano inesplorato alle spalle. Non solo per il contenuto, ma anche per la quantità di diramazioni, storie od appunti sfuggenti celati in ogni pagina od immagine. Larsen ha trovato un modo fantastico, interattivo, di utilizzare le note. L'edizione in e-book potrebbe essere davvero divertente (il sito lo è).
La storia si muove in tutte le dimensioni possibili, senza ridondanze indigeribili, per poi chiudersi in un cerchio perfetto e al tempo stesso apertissimo.
Non si rimane con l'amaro in bocca o con la maliconia tipica del concludere le belle storie ma si resta con una serie di sinapsi attivate incredibilmente ampia.

Di cos'ha più bisogno un ragazzino di dodici anni al giorno d'oggi? O una qualsiasi persona?
Non è facile trovare un racconto che tratti tematiche di questo tipo senza scadere in dettami/morali/fanatismi più o meno celati di qualsivoglia tipologia.
Certo, il punto di vista dell'autore è percepibile ma non intrusivo. Riesce a scorrere senza monopolizzare il fluire dei pensieri, rendendo le assurdità che si dipanano sempre più verosimili, per non dire autobiografiche.

Si ride, si riflette, si sta sulle spine.
Si gode di una lettura densa e leggera allo stesso tempo.
Niente si dimostra scontato come appare. O rinchiuso nelle linee precise di una mappa.
Su questo l'autore è molto chiaro, dall'inizio alla fine: i luoghi veri non son sono MAI segnati in nessuna carta, pixel o cornice. Per fortuna.
Davvero un dono enorme, non c'è che dire.

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