mercoledì 23 novembre 2011

Giusto per iniziare!

Il mercoledì è un giorno speciale per me, uscire da scuola alle 11:30 è un miracolo che raramente un'educatore incontra sulla sua strada soprattutto se ha un monte ore alto da spalmare su 5 giorni lavorativi. Tra le ore dirette sull'integrazione scolastica e quelle sui servizi integrativi quest'anno mi è toccato in sorte un bel pacchetto sostanzioso di 37 ore, per una media giornaliera di 6 ore minime passate fra i banchi. L'educatore alle prime armi avvertirà fastidi psichici e fisici a passare tante ore fra le mura scolastiche ma per noi abituè è un dettaglio assimilato, assorbito sia dalla parte fisica che da quella psicologica. Ai tic improvvisi, ai pruriti vertiginosi da orticaria da stress, ai movimenti spasmodici da contrazione muscolare e nervosa, oggi si  finisce per fare 8 ore filate senza avvertire il minimo sussulto come se lo stare a scuola fosse la cosa più naturale di questo mondo. Cosa fai nella vita? (qualcuno potrebbe aver la curiosità di domandare), nulla io vado a scuola! Dall'inizio dell'anno scolastico due educatrici nuove di zecca hanno abbandonato il servizio per accumulo di stress, qualcuno ha provato a dargli un etichetta, a definirlo nello specifico, BURNOUT, così lo chiamano questo stress un logoramento costante, un forte senso di delusione e di impotenza e alla fine il sentirsi bruciati. Esaurimento, affaticamento insomma voglia di staccare la spina e riposare. Burnout, suona "figo" altro che i soliti termini in italiano che finiscono sempre per -mento, poca fantasia nella descrizione meglio ricorrere all'inglese soprattutto se l'hai studiato in un libro e sei alle prime esperienze su campo: nessuno ti fila, per i maestri vali meno di zero, per i bambini non sei nessuno, per i bidelli come una mosca chiusa in un cesso ma se dici Burnout, cazzo, tutti si fermano, per un istante non sei più l'educatore sfigato sottopagato e sfruttato in cerca di avventure ma quello che HA STUDIATO, fermi tutti, sa di cosa parla, mastica qualcosa di psicologia, qualcosa di pedagogia, facciamolo parlare!! 
Così il tempo ti passa e cominci  a pensare che tutto sommato questo lavoro ti piace, nonostante lo stipendio sia di merda e che per averlo decente ci devi crepare in una scuola, tiri avanti senza batter ciglia. Le maestre si lamentano sempre delle loro 22 ore più programmazioni varie, si lamentano spudoratamente con te che sei lì dalle 7:30 del mattino, è la tua quinta ora, con un panino gommoso perchè la scuola ed il comune non ti pagano il pasto e devi pure trovar le parole per confortarle. Risulta difficile, difatti le parole si perdono per strada ed al posto di un po' di conforto esce un velo misero di Pietas cristiana: AMA IL PROSSIMO TUO COME TE STESSO... anche se un Vaffanculo calzerebbe a pennello, AMA queste maestre poichè NON SANNO QUELLO CHE DICONO! Fermo restando che ogni ruolo interno alla scuola ha delle difficoltà che non vanno sottovalutate o sottostimate e che non bisogna fare guerre fra "poveri" visto il clima generale delle cose, andiamo avanti, ritorniamo al punto di partenza. Finisco alle 11:30, corro a casa, in un secondo sono in tuta, cucino, mangio, rimetto in ordine, apro il pc, leggo il giornale, mi fermo. Passa un minuto, passano due minuti, son sempre ferma, la notizia è sensazionale mi rapisce. Sulla pagina odierna bolognese una notizia ci parla di una fantomatica donna che in nove anni è riuscita  a farla franca e a lavorare solo sei giorni. Certificati e maternità false, malattie e calamità naturali hanno tenuto questo personaggio da fantafavole per nove anni lontano dal suo posto di lavoro. Una domanda sorge spontanea: "E gli altri?" Cosa facevano i suoi colleghi/ghe mentre questa si inventava il mondo intero? Tutti ignari del colpaccio?
Ho provato per un momento a immaginare cosa accadesse se io non mi presentassi al lavoro, quanto margine avrei prima di esser sgamata, colta in fallo. Neanche riesco ad immaginarla tanto risulterebbe improbabile. Ore 7:30, tre educatrici su 60 bambini, se manca una nessuno se ne accorge, posso accumulare un'ora di sonno in più ma alle 8:30 suona la campanella ed entra il bambino autistico che seguo. Ammettiamo che la maestra contempli un mio possibile ritardo, lo farebbe accomodare al suo banco tenendolo sotto controllo, che non scappi dalla classe alla ricerca della sua educatrice. Potrebbe far passare un quarto d'ora in attesa, il bambino, tra una stereotipia e l'altra, cercherebbe di attirare i suoi compagni con comportamenti bizzarri mentre questi scrivendo la data sul quaderno ricorderebbero alla maestra che M. non può stare da solo. Dopo 10 minuti l'alunna più tranquilla andrebbe dal bidello a chiedere se ha notizie della sottoscritta. Non conoscendo il sistema delle sostituzioni alla maestra verrebbe il dubbio che l'educatrice si sia ammalata e che una sostituta sia stata convocata in ritardo. Il tempo passerebbe in attesa di veder spuntare qualcuno dalla porta principale ma non si supererebbe un arco temporale di due ore circa. La voce arriverebbe direttamente al preside. Immagino M. con in mano una mia foto staccata dal suo Pecs entrare in presidenza a reclamare la mia assenza. Lo immagino. ma non andrebbe così perchè rimarrebbe seduto ore ed ore immerso in stereotipie senza fine ma questo è un altro discorso. Ho stimato che potrei farla franca per 3/4 ore, non un minuto di più. Si attiverebbero i servizi investigativi e la Cooperativa mi sospenderebbe subito dall'incarico. Considerando che per formare bene un educatore sull'autismo ci vuole almeno un anno fra pratica e teoria, il danno, per l'utente in primis e per la scuola, sarebbe inestimabile. E' proprio vero, c'è chi può e chi non può, gli italiani si dividono proprio in due categorie ben distinte, se io fossi la signora di cui oggi tanto si parla, forse mi vergognerei un po'. Non tanto per non aver concluso nulla, lavorativamente parlando, in nove anni di vita ma perchè con i soldi rubati, in questo comune, ogni tanto attivano dei progetti ad Hoc per i bambini che gli sfigati sottopagati come me, accompagnano nel loro duro percorso. Sarebbe interessante mandare a casa della signora i costi che l'Ospedale o la Asl sostengono per mettere in piedi una diagnosi o un percorso di riabilitazione. Stamattina ad una seduta di Ippoterapia l'educatrice che segue il mio "utente" mi ha detto che non possono attivare percorsi che durino più di mezz'ora per i costi che la Asl deve sostenere. 
In tempi di tagli, viene da pensare, è già grazia del cielo che si riescano a fare certe attività ma se si recuperassero dagli sprechi forse qualche bambino in più potrebbe fare qualcosa di importante, ricordo che passare 8 ore a scuola per un bambino disabile è sfiancante. Anche se ci sono i compagni, le maestre, i bidelli, anche se abbiamo computer e giochi divertenti per far passare il tempo a volte basta davvero poco per rendergli una giornata speciale. Mi piacerebbe poter pubblicare a testimonianza di ciò la foto sorridente di M. che accarezza il suo cavallo, non posso farlo, accontentatevi di quello che dico, lui è il fortunato che è riuscito a rientrare nella lista dei bambini che possono usufruire del servizio. Pensate però a quanti verrà negata per mancanza di fondi,  mettiamoli uno vicino all'altro, una bella foto di gruppo da spedire alla signora dell'articolo con un bel ringraziamento. Giusto per iniziare!


 
 Voglio ciò che mi spetta lo voglio perché mio m'aspetta Voglio ciò che mi spetta lo voglio perché mio m'aspetta Ventiquattromilapensierialsecondofluisconoinarrestabili Alimentando voglie e necessità Voglio ciò che mi spetta lo voglio perché mio m'aspetta  

mercoledì 9 novembre 2011

Cicloguida contromano di #Bologna (Incipit)

Torno a casa dopo l'ennesima pedalata tra strade sconnesse, fanali che squarciano il velo della sera, pedoni, altri ciclisti, ostacoli vari ed eventuali.
Mi è sempre piaciuto girare la città senza la spinta chimica di un carburante, si riesce spesso a scovare qualcosa di nuovo, ad imbattersi in situazioni o pensieri che difficilmente si toccherebbero dall'interno dell'abitacolo. Lo scorso anno, grazie anche ad un minor accavallamento di tempi e spostamenti, avevo usufruito maggiormente dei piedi (inoltre la dueruote stentava ad andar dritta oltre i due metri). Quest'anno la scelta è stata obbligata, così come il restyling della cavalcatura; quasi ogni giorno attraverso periferie e centro, con tutte le tonalità di luci ed ombre disponibili. E proprio dall'accorciarsi delle giornate, dal tempo a disposizione per riflettere che permette uno spostamento medio lento, ho cominciato ad osservare le dinamiche che riguardano i vari consumatori di viabilità e mi è tornato in mente un vecchio progetto nato dalle molte pedalate arrancanti dietro quel proiettile di domusorea: quello della guida contromano per ciclisti di Bologna.

Inizialmente l'idea era più un'occasione per ridere della capacità di domusorea di giungere a qualsiasi destinazione percorrendo abbondanti tratti di tragitto rigorosamente contromano, e con ampi margini di sicurezza. Nelle pedalate di questi mesi mi sono invece reso conto che l'archetipo abbondantemente materno che contraddistingue noi italiani e che ci porta a malsopportare le regole, a pretendere una pressocchè costante attenzione da parte del mondo circostante, con il diritto non cagar niente e nessuno se non per fini di desiderio personale e/o lamentela (non se ne abbiano le mamme e le donne, questo non è un attacco al loro modo d'essere, si parla d'archetipo, di forma universale d'essere e di porsi, in questo caso in una delle sue forme più degenerate) rende i vari spostamenti urbani potenzialmente molto pericolosi, per i diversi attori. Pedoni piantati in mezzo a strade e ciclabili, che spuntano da dietro gli autobus; ciclisti epifanici che zigzagano tra auto e persone, spesse volte mimetizzati tra le ombre rosso mattone dellà città, sprovvisti di luci e accessori vari, contromano perfino sulle proprie corsie; automobilisti con una sigretta in una mano, il cellulare nell'altra ed il volante lasciato al caso (così come il semaforo). Girare per Bologna mi fa tornare in mente un libro su Delhi in cui veniva spiegato come per le sue strade vigesse la legge del più grosso e gli incidenti fossero, inaspettatamente, non poi così comuni (forse anche grazie alla semplicità della logica delle precedenze ).

Fattostà che girare in bici per Bologna, anche a voler essere ciclisti ultraetici, non è mica facile! Negli ultimi anni sono stati fatti chilometri di piste ciclabili che chiamare ridicole sarebbe comunque imbarazzante. Nella maggior parte dei casi è bastato un secchio di vernice su marciapiedi  e stradine, e voilà! ecco la pista, con tanto di tombini sconnessi, lampioni e fermate del bus nel mezzo. In altri casi ci sono strutture anche adeguate, belle a vedersi, ma così belle da attirare il camminatore di turno (me compreso) a piazzarcisi per riflesso pavloviano nel mezzo, o messe comunque in posizioni (come in via della repubblica, di cui parleremo) per cui è stato necessario renderle anche pedonabili. In altri casi... ehm... vorrei tanto conoscere chi ha progettato tratti di piste nel o verso il nulla.
Non c'è niente da fare, il ciclista, a Bologna, è un soggetto debole e per niente tutelato (come espresso da @kappazeta con cui commentavamo l'ennesimo decesso cittadino) che, d'altra parte, fa però di tutto per diventare essere in via d'estinzione con un comportamento stradale medio che farebbe impallidire il più intrepido dei kamikaze.
Pedalando e pedalando sono giunto alla conclusione che per tutelarlo adeguatamente non basterebbero piste ciclabili al livello delle meraviglie di Rotterdam (vedi foto), non siamo ancora pronti per questo (anche se metterci alla prova fornendoci di un sistema adeguato sarebbe un bel punto da cui partire) e, nell'attesa che la coscienza sociale aumenti e la stronzaggine diminuisca, ho deciso d'inaugurare questa rubrica, in cui saranno segnalati i punti di Bologna in cui è più sicuro muoversi contromano, quelli in cui è pericoloso passare a prescindere dal senso di marcia, itinerari alternativi per spostarsi da vari punti d'interesse e piccoli consigli pratici, il tutto per riuscire a garantire spostamenti veloci ed al contempolontani dal sentirsi bersagli (invisibili) mobili.
Naturalemente qualsiasi consiglio o contributo è ben accetto.

lunedì 7 novembre 2011

Un po' di quel che #succedeascuola



E' dal 21 settembre che si ha la voglia di buttar giù due righe riguardo alla scuola, dopo le lotte per lo spezzatino servito freddo ai bolognesi (qui e qui), l'interminabile questione riguardo alle riforme di corsi, indirizzi e vicoli ciechi (di cui a mio parere la Gelmini altro non è che la punta maleodorante dell'iceberg) ed il ritorno in classe, versante sostegno, con i problemi dell'anno precedente cresciuti e moltiplicati (in particolare alle medie).
Dal 21 settembre dicevo, data in cui a questo tweet di @tigella 
 Se però su twitter ci sono insegnanti e studenti (e ce ne sono tanti) che hanno voglia di raccontare cosa , i problemi ecc...
rispondevano @Wu_Ming_foundt con quest'altro tweet ponte
. hanno un sacco di cose da raccontare
non per chissà quale titolo emerito da specialisti del versante scuola, ma per il semplice fatto che, se ci lavori dentro e sei a contatto con bambini, ragazzi, personale docente e non, ti ritrovi ad avere, perlomeno, una serie di aneddoti, di riflessioni o di spunti da condividere con le persone, per cercare di rompere un po' i pregiudizi, i miti e le chiacchere da statisti da bar che gravitano intorno a questo Partenone italiano.

Osservati i vari tweet dell' hastag [che, non so perchè, oggi si riducono a due (e qui @jumpinshark potrebbe essere di grande aiuto)] c'era abbastanza materiale per fare un articolo pomposotrombonescotemporaomores sui commenti che vi si trovavano. A metà tra l'agenda ed il libro umoristico, i problemi maggiori riportati, riguardavano la sfera affetti-profitto-gag irresistibili. Messi a tacere i borbottii da baffi a manubrio ci si sarebbe potuti fermare a riflettere sul perchè l'unica cosa che si aveva voglia di condividere fossero aforismi umoristici e strappa sorrisi, definibili con troppa facilità solo facebookiani. Un motivo ci sarà se l'attenzione/comunicazione su un social come twitter stenta ad andare oltre tali argomenti (oltre alla possibile poca visibilità dell'hastag). In realtà tutto ciò che veniva tweettato riguardava pienamente i problemi, ecc.che avevano incuriosito più di un mese fa @tigella e se il discorso non si è allargato, le tematiche/problematiche varie non si sono miscelate e arricchite vicendevolmente, la colpa non è certo di chi si sforza di trovare l'aneddoto più divertente e bizzarro, ma di chi, con un punto di vista altro, non partecipa al "fiume".

Questo post è perciò da ritenersi una sorta di megatweet dell'ultimo mese riguardo alla scuola, o giù di lì.
Perchè di cose a scuole ne succedono un bel po'. Ed anche riguardo questa parolina.
In terza elementare può succedere che, nel giorno in cui si studiano le parole con l'accento, la maestra inizi la lezione dicendo che la prima parola da impare è proprio
Mentre in una quarta di un quartiere ben più che caldo, per stimolare i bambini, il maestro s'inventa un gioco matematico tipo bisca, in cui lanciare i dadi sfidando l'avversario a moltiplicarli a colpo sicuro.
Succede anche che, l'anniversario della battaglia di porta Lame si portino i ragazzi di terza a conoscere uno dei partigiani che vi si batterono e che una buona fetta di presenti non solo si appelli al proprio diritto all'ignoranza ma pretenda di poter fare quel cazzo che gli pare. Ma poco prima di andare succede anche che uno dei ragazzi più problematici, oltre a non essersi perso una parola, prenda il microfono per domandare emozionato se avesse avuto paura di morire.
Succede poi che, passata l'estate, D. sia riuscita, con immensa fatica, ad imparare a scrivere e ad orientarsi tra numeri e lettere.
Capita anche di leggere di un'educatrice toscana trovata in overdose in bagno a un doposcuola (e si spera che la notizia non si espanda fino in Emilia, che sennò a fotterci definitivamente, noi educatori, ci vuole un attimo).
Succede che in un istituto comprensivo solitamente sul pezzo si abbiano handicap di serie A e di serie B, a seconda di quanto siano rompicazzo i genitori di un determinato bambino-classe-istituto e che il bambino di serie B si rirtrovi quasi totalmente privato delle ore di sostegno assegnategli.
Succede che per il terzo anno di fila, le maestre si rifiutino di fare uscite didattiche o gite (che ci pensino i genitori a portarli in giro) mentre in un altro plesso il bambino con la passione per draghi e dinosauri si ammali proprio il giorno prima della gita al museo di paleontologia (che consiglio caldamente a tutti).
Succede di veder volar sedie, insulti e gesti osceni, seguiti da occhi tristi terrorizzati dall'"effetto galera" dell'assistente sociale.
Succede che il motivo di maggior scazzo riguardi l'orario, che prof con 18 ore da svolgere pretendano di lavorare quattro giorni non più di quattr'ore al giorno... o che educatori rinfaccino ai prof di sostegno di fare meno ore, che non rompano il cazzo...
Succede anche di assistere ad una delle più belle lezioni di musica mai viste in anni di medie, e di ritrovarsi commossi in aula con l'ascolto delle arie scelte per far riconoscere i diversi toni di voce ai ragazzi.
Succede che A. cominci a mangiare di più, a rifugiarsi meno in battaglie di mostri spaziali, mentre un compagno di classe, passato dal Navile a S.Donato, scelga di dormire meno per rimanere coi vecchi compagni (8 anni).
Succede anche che un supplente si presenti in quinta e proponga un problema in cui se un contadino ha un campo di 6 km quadrati metà coltivato a grano e metà a mais in cui il mais cresce 7 quintali per km2 e si venda a 12 euro il chilo e il grano 10 per km2 e si venda a 15 (n.b. i numeri sono csuali, non li ricordo più) quanti anni ha il contadino? facendo impazzire i geni della classe lanciati in tentativi di soluzione improbabili e gratificando immensamente il "problematico" che risponde, unico della classe, scrivendo un secco "e io che cavolo ne so?"
Succede che non sempre la carta igienica ci sia e che alcuni bambini abbiano merendine costose ma non i fogli nel quaderno.
Succede di ritrovarsi il primo giorno di scuola con il personale ATA sul tetto e la scuola piena di ragazzi che sotto la scorza che tentano di mostrare hanno una paura fottuta di quello che li aspetta.

Succedono un sacco di altre cose che ora come ora non mi vengono in mente, ma di bisognerebbe parlare di continuo. 

giovedì 6 ottobre 2011

Welfare a #Bologna - Due appuntamenti

[Pubblichiamo il comunicato inviatoci oggi dal coordinamento operatori sociali di Bologna. Il fatto che in questi giorni non ci siano stati altri aggiornamenti sull'argomento non significa che non ci siano novità che riguardano scuola, servizi e altro. Lo scorso inverno il volontariato era stato citato più volte, ma si era pensato fossero discorsi numerologici da commissaria. La nuova giunta continua su questa strada, seguita da associazioni non troppo velate dei media. Il sociale bolognese e picconato da più parti e il contratto, di un anno o della durata che sia, vale meno di niente se ci si siede sui chiodi convinti d'essere appagati.]


Il Comune di Bologna sperimenta il modello (anti)welfare 
CHI SONO LE CAVIE?

Da mesi proseguono le mobilitazioni delle educatrici e degli educatori delle cooperative sociali. La nuova gestione dei servizi educativi scolastici ha visto profondamente colpiti utenti e lavoratori obbligati a stipendi da fame e a condizioni professionali fuori dal buonsenso e ai limiti della legalità. Il demansionamento degli operatori impegnati nei servizi integrativi, reso possibile grazie al placito vergognoso dei sindacati complici è uno dei colpi più recenti dell’amministrazione di Bologna al welfare cittadino, ma non sembra essere l’ultimo.

Come ha espresso personalmente il sindaco Merola, la giunta, utilizzando l’alibi intollerabile della crisi, si appresta ad affondare il welfare, a esternalizzare quel che resta dei servizi in seno al comune, a mettere nelle mani di organizzazioni di volontariato numerosi servizi educativi e di assistenza alla persona.

Ne viene un quadro allarmante perché la conseguenza diretta di questa azione è da un lato l’abbattimento della qualità dei servizi, dall’altro la cancellazione di migliaia di posti di lavoro. Parliamo di posti di lavoro qualificato da titoli o da lunghe esperienze, e retribuito già oggi con la miseria di cinque o sei euro netti per ogni ora di lavoro.

La giunta comunale di vampiri cinici e spietati vuole di più, o più correttamente, vuole di meno. Tanto per capirci, ci sono servizi che verranno riproposti in termini di volontariato, e che verranno retribuiti con due euro l’ora.

Due euro l’ora, due euro l’ora, due euro l’ora... Di cosa stiamo parlando?

Nel quartiere Navile alcuni servizi saranno appaltati ad associazioni di volontariato e retribuiti con tali cifre. Seguono la chiusura dei dormitori, i tagli all’assistenza domiciliare, oltre a quanto si è visto rispetto alla copertura dell’handicap scolastico. Siamo di fronte a una chiara scelta politica che si allarga ai comuni limitrofi, una pratica vergognosa che lede duramente la dignità e i diritti degli individui, che ci porrà presto di fronte a problemi di ordine pubblico.

Ai signori che si pregiano di autorevoli cariche istituzionali, e che si riempiono ingiustamente le tasche con lauti stipendi, si potrebbe suggerire nel rispetto della politica che stanno mettendo in campo, di farsi da parte e lasciare l’adempimento dei propri incarichi a volontari che per due euro l’ora farebbero meglio di quanto stanno facendo loro!

Di fronte a quanto sta accadendo ci prepariamo agli appuntamenti di
venerdì 7 ottobre per la nottata dell’indignazione,
 concentramento in  Piazza Liber ParadisuS ore19.30.

Inoltre invitiamo tutti a partecipare
con le operatrici e gli operatori dei servizi sociali

 lunedì 10 ottobre 2011 alle
ore 19.30     ASSEMBLEA 
presso l’Hub, in via Luigi Serra 2h Bologna.
- DIETRO LA STAZIONE - DOPO IL PONTE DI VIA MATTEOTTI


 COORDINAMENTO OPERATORI SOCIALI BOLOGNA

venerdì 16 settembre 2011

Sugli educatori, le cooperative sociali e la giunta di #Bologna - Un aggiornamento


[postiamo l'intervento messo su Facebook da Andrea; riguarda i cambiamenti subiti quest'anno dal settore educativo-scolastico, che ha visto molti educatori (comunque pochi rispetto al totale di coinvolti) pressare le istituzioni comunali nelle ultime settimane. Nella lettera sono riassunti in modo soddisfacente svariati punti che nelle ultime settimane sono stati molto dibattutti ed hanno portato ad alcuni, sudatissimi, confronti con esponenti della giunta.]

Scrivo da educatore professionale ma anche da elettore, in questo caso della lista di Amelia Frascaroli.
Rimango basito e deluso di fronte alle scelte politiche di questa giunta nell'ambito dei servizi educativi sull'handicap e su quelli integrativi. Per diverse ragioni.

La prima. La scelta di scorporare i due servizi e di affidarli a due realtà diverse ha creato una frammentazione incredibile dei contratti e dei monte orari e l'obbligo di dover gestire più contratti per arrivare, se ce la si fa, ad un monte orario decente. Così facendo si è voluto risparmiare ma, in qualche modo, pagano come sempre i lavoratori. Da una giunta di centrosinistra ci si aspettava una presa di posizione molto più attenta e sinceramente di tutt'altro stile. Si dice tanto della Gelmini, dov'è allora la differenza??? Dov'è una linea politica sulle questioni scolastiche ed educative? E' risparmiare sui diritti? Le persone che svolgevano servizio come educatori negli integrativi verrannno chiamati dalla coop o dall'organizzazione che li avrà in mano? Il Comune si è premurato della continuità anche di questi servizi?
Il Comune s'impegni ad evitare la frammentazione dei contratti e a creare forme di stabilizzazione della precarietà che ha generato.

[su questo punto non c'è molto da aggiungere. Su molte scuole i servizi integrativi e mensa sono rimasti alla vecchia cooperativa (Dolce) che offre un sontuoso contratto a livello B1 (4/5 € circa all'ora), altre scuole hanno potuto contattare altre coop o associazioni che offrono qualche euro in più per qualche diritto in meno (malattia, contributi, ferie). In alcuni casi le scuole hanno fatto i nomi di educatori già presenti sul servizio gli anni precedenti ma non tutti sono stati chiamati ed in molti faticano ad accettare un tale declassamento con la pretesa di un servizio che rimanga di qualità.
Il Comune non s'è impegnato a garantire forme di stabilizzazione vere e prorie, dice che per quest'anno non può più cambiare nulla e lo spezzatino rimane sullo stomaco, non solo degli educatori]
 
La seconda. Il Comune ha scelto di voltare pagina, affidando i servizi d'integrazione dell'Handicap alla coop "Quadrifoglio". Legittimo. Peccato che, scorporando gli integrativi, ci si ritrova ad essere assunti all'ultimo momento da una cooperativa che a fronte di monte orari esigui, dovuti anche ai tagli ingenti che ricadono su  questo settore, avrà enormi problemi di gestione e ciò porterà nuovamente precarietà nel vissuto lavorativo degli educatori.
Il Comune si assuma la responsabilità delle sue legittime scelte politiche e affronti la situazione.

[come per il punto precedente, il Comune s'è impegnato poco e nulla. La nuova cooperativa si è trovata costretta ad organizzare un servizio pachidermico in una settimana scarsa. La cooperativa Dolce non ha fatto il passaggio dei dati fino al pronunciamento del Tar crando così un enorme disagio non solo alla cooperativa subentrante ma anche a tutti i lavoratori che hanno dovuto fare ore e ore di fila per sapere il proprio monte ore e firmare il nuovo contratto (ieri si è andati ad oltranza e alcune persone hanno firmato alle 3 di notte!).]

La terza. Ciò che mi sconvolge è il silenzio assordante delle istituzioni. Della vicenda Geco e dei 154 educatori senza stipendio da 4 mesi non c'è stato alcun interessamento e mi spiace dirlo. Interessarsi vuol dire chiedere, prendere la situazione in mano, agire  con quella moral suasion che solo l'uomo politico può fare per chiedere un'attenzione generalizzata e forte ai vari attori della società economica e civica di un paese per evitare che cose del genere non si ripetano più. Soprattutto se riguardano persone che lavorano in servizi dati in appalto dal Comune alle cooperative.
E non mi si dica che non è una cosa a livello temporale non riguarda le competenze di questa Giunta o che per tali questioni può occuparsene un assessore e non un altro.
Cosa sta facendo l'assessore alla Scuola? Dov'è l'assessore al Welfare? Cosa si sta facendo per tutte queste ingarbugliate situazioni che avete fatto e deciso.

[Il caso della cooperativa Geco è tra i più scandalosi, drammatici e mediaticamente ignorati, in primis dai colleghi delle altre coop che, sentendosi col culo parato, se ne sono strafregati di fare gruppo, confrontarsi e pretendere di avere dei riconoscimenti minimi come categoria. Lo stesso vale per queste ultime settimane, in cui si sono riunite le solite 30-50 persone (e ieri sera a firmare eravamo circa 300).
Per quanto riguarda gli assessori è presto detto: oltre a lavarsi le mani della faccenda con la scusa che non riguarda il porprio assessorato (Welfar verso Lavoro verso Scuola. Fare i nomi mi sembra ridondante, se non li conoscete guardate qui) o il dare appuntamenti in date in cui, caso strano, non ci si presenta perchè in ferie (sempre Welfare) il comune e i vari assessorati han fatto ben poco. Anzi, alcuni son prorpio caduti dal pero, ascoltando situazioni di cui non avevano la minima idea.]
  
Per questo al momento non posso che concludere traendo alcune riflessioni:

-La Giunta Merola, seppur di centrosinistra non ha dato alcun valore aggiunto o attenzione ai servizi scolastici e al ruolo degli educatori. Questo lo dico chiaro e tondo e con  forte rabbia e delusione. Molti del mondo educativo hanno votato Amelia Frascaroli e in lei hanno riposto speranza di una politica sociale diversa. Ma le speranze stanno svanendo.
Non mi si dica che l'educativo e la scuola non le compete. Per la sua storia, la sua formazione e per la sua linea politica anche il suo gruppo dovrebbe prendere una posizione chiara in merito a questo scempio. Dov'è Sel? Dov'è la Lista Frascaroli? Dov'è il Pd e quella cultura del pubblico e della scuola su cui si basa la sua lotta politica?

- La Giunta Merola è in difficoltà per la manovra economica. Certo, lo comprendiamo. Ma prima di toccare i servizi in cui si opera per la promozione del benessere e della salute delle persone con Handicap, prima di mettere a soqquadro i servizi integrativi per risparmiare...Mettete mano ai privilegi!

La rabbia degli educatori sta dilagando. Gli educatori sono il cuore del cambiamento, sono l'anima di una cultura solidale e progressista. Sono un patrimonio sociale, per la coesione sociale. Ma solo noi ormai lo crediamo. La politica ci ha abbandonato.

[su questo ultimo punto, purtroppo, non riesco ad essere poi così d'accordo. Gli educatori non sono il cuore di nessun cambiamento e non lo saranno finchè la maggior parte resterà orientata al metroquadro entro cui si spegne il proprio sguardo. Gli educatori non saranno l'anima di un bel niente fino a quando non riusciranno a coinvolgere altre parti sociali (genitori, insegnanti, altre categorie). E' vero che svolgiamo un servizio importantissimo e, a lungo termine, meno costoso per le tasche sociali, ma non possiamo nemmeno pretendere di essere l'unica categoria a dover essere più sovvenzionata. Ogni euro in più a noi (sempre importante ed il benvenuto, sia chiaro) diventerà un euro tolto ad altri che come noi si spaccano il culo. La coesione sociale, quella vera, sta nel cercare di tenere a mente più realtà possibili, anche solo agendo in quella che compete. Altrimenti rimane il solito tutti contro tutti, e chi è più pirla ci rimette]

[concludiamo postando una delle risposte date dalla Frascaroli al post di Andrea.]

Caro Andrea, ho sentito l'assessore Pilati questa sera ti assicuro che sta lavorando anche lei molto sui temi che qui poni. Ci siamo accordate per rispondere assieme e lo faremo quanto prima. Penso comunque sia molto utile incontrarsi per dare delle risposte alle tue domande e cercare di fare delle proposte amministrative e politiche condivise. Se credii ti puoi accordare con la mia segreteria che gestisce l'agenda magari trovando occasione anche con l'assessore Pilati. Ci sentiamo

[a questo punto, Andrea, sembra chiaro. Siamo tutti nelle tue mani.]

mercoledì 14 settembre 2011

Spezzatino alla bolognese

 
Ingredienti:

  • personale educativo a tempo determinato e indeterminato
  • due grosse Cooperative che si contendono un appalto
  • piccole cooperative e associazioni
  • assessori comunali
  • una grande-piccola città

Ecco a voi una ricetta accattivante da preparare in compagnia per rendere questo spezzatino ancora più intrigante. Abbiamo elencato gli ingredienti basilari, ora vediamo come sviluppare la ricetta passo per passo.
Prendiamo degli educatori a tempo determinato e indeterminato, mettiamoli insieme tutti dentro un grande calderone. Li facciamo soffriggere per bene prima con un tipo di Cooperativa di impronta aziendale e stampo totalitario, poi con un altra dal sapore più esotico, i cui esiti gastronomico-papillari non si sapranno fino al vero assaggio. Lasciamo mantecare il tutto in un insipido clima di indifferenza. Mentre questo accade prendete la grande piccola città e cospargetela di assessori vari che poco sanno delle ricette del precedente Chef , grande appassionata di cucina fusion, famosa per aver progettato un nuovo simbolo presente nelle cucine del comune: il Ratatouille alla bolougnais.
Si tagliano a striscioline sottili i servizi integrativi e di assistenza ai pasti, il trasporto scolastico e si affidano a pentole di diversa grandezza, il tutto con grande economia di intenti, utilizzando una quantità esigua di educatori determinati e indeterminati a cui spetterà il compito di insaporire questi servizi e imbellettarli in eccellenza, affinchè non vi sia scontento nella moltitudine cittadina che si appresterà a sedersi a tavola per usufruire del succulento pasto. Fatto questo si torna al grande calderone dove avevamo lasciato mantecare le due cooperative, sotto giudizio di un critico super partes, si toglie la prima come si fa con un aglio lasciato troppo a insaporire, si rimescolano tutti gli ingredienti a fuoco caldo, arrostendo per bene i pezzi di educatori prima da un lato e poi dall'altro e infine ad una manciata di giorni dall'inizio della scuola li si affida ai vari istituti che si premureranno di condirli a proprio piacimento prima dello sporzionamento finale.

Avete apprezzato lo spezzatino alla bolognese? Qui l'aggiornamento reale dalle alte cucine del nostro amato comune.

 Segue COMUNICATO STAMPA del 13 settembre 2011

SERVIZI SCOLASTICI INTEGRATIVI: INCONTRO CON GLI ASSESSORI LEPORE E PILLATI
PROSEGUE LA LOTTA DEI LAVORATORI COOP: ASSESSORI BLOCCATI ALL’INTERNO DALLA CONTESTAZIONE DEGLI OPERATORI
[qua serve aprire una parentesi: non è che gli assessori sono stati bloccati da una folla linciante, è che davanti ad una folla che chiedeva risposte gli assessori sono rimasti chiusi nelle loro stanze, per poi uscire solo sotto l'inutile protezione di una scorta]


“La nostra mobilitazione deve proseguire – annuncia Fabio Perretta della USB
– nell’incontro con gli assessori al lavoro e alla scuola abbiamo ottenuto
una velocizzazione del confronto, ma mancano ancora le soluzioni”.

“Sono le soluzioni al problema della frammentazione di questi servizi
essenziali, dall’assistenza handicap al pre e post scolastico, che vogliamo
non ci possono bastare impegni per una futura ed incerta riorganizzazione
del welfare”
“Durante l’incontro di ieri, abbiamo presentato un
preciso ventaglio di misure da prendere: blocco del nuovo appalto, aumento
delle ore programmate di assistenza agli alunni disabili, riaccorpamento
dell’attuale spezzatino tra i vari servizi, ritiro della delega ai
quartieri, piena tutela contrattuale per i lavoratori”.

“La Giunta comunale se ha la volontà politica può intervenire e garantire la
ripresa del servizio prevista per lunedì prossimo nelle scuole – si assuma
delle responsabilità, e respinga situazioni che vedrebbero educatori
professionali lavorare con modalità totalmente illecite”.

Lavoratrici e lavoratori hanno occupato l’anticamera della “Sala del
Dentone” di Palazzo D’Accursio, dove si svolgeva l’incontro sindacale, al
termine dello stesso, gli assessori e la delegazione dell’amministrazione sono
rimasti a lungo bloccati all’interno a causa della protesta degli operatori,
che hanno preteso è ottenuto la fissazione della data del prossimo
appuntamento per il prossimo mercoledì mattina.

DOMANI - MERCOLEDI 14 SETTEMBRE 2011

PRESIDIO EDUCATORI SERVIZI SCOLASTICI
ORE 10.00
presso NUOVA SEDE COMUNALE
Piazza Liber Paradisus

venerdì 9 settembre 2011

Rovine del welfare state e guerra tra poveri


Domenica sera, tornando a Bologna, prodotti incolonnati tra uno scaffale autostradale e l'altro, verso nubi cariche di umido. La testa sempre più pronta a riempirsi di tutte le cose lasciate in stand-by a casa, appesantite da nuove sempre meno digeribili. Csi nelle orecchie.
Tra le meningi, l'ulteriore tentativo di manovra dei nostri pupazzi in grigio (con tanto di telefonata per tradurre dal burocratichese all'italiano il concetto di deroga al contratto nazionale) nel macro, e le novità cooperativo/sindacali riguardo alla gestione di vari servizi (tra cui quello del sostegno scolastico) nel micro (cioè Bologna e provincia).

Un salto in avanti. Da domenica ad oggi. Tornati dal terzo incontro con gli educatori ed il sindacato (naturalmente non uno dei tre mediafriend) che fin'ora si è sbattuto giorno dopo giorno per porre una pezza allo scempio che stanno subendo alcuni servizi della città (scolastici e non).
Ma andiamo con calma. La situazione è complessa ed articolata, con un'alta probabilità di sbandamenti egodiretti.
Torniamo all'autostrada, a ciò che l'ha preceduta e seguita.

Del macro di cui dicevo tanto si parla, si discute e dibatte, del micro quasi non si sente parlare sui media (eccetto brevi trafiletti informativi sul Carlino...). Per chi fosse a digiuno delle puntate precedenti consiglio un giretto su questo blog, dove potrà ricostruire la vicenda a grandi linee.
Per il resto basti sapere che le dinamiche di ieri ed oggi sono le stesse, e che un alto dirigente d'azienta o banca differisce da quello di una cooperativa solo (forse) per numero di zeri intascati alla fine del mese, del contratto o dell'azienda in questione. Non certo per dinamiche. Così, può succedere che per quattro mesi i lavoratori di una cooperativa anfibia coi conti all'attivo, per problemi di consorzio non percepiscano lo stipendio (mentre i loro dirigenti si liquidano bellamente); oppure può succedere che la zuccherosa multinazionale del sociale felsineo perda a sorpesa contro un'altra ossalidica big  il bando e, per forza di cose, il pluriennale monopolio sulla gestione dell'handicap scolastico.
Perdita di agganci politici? effettiva mancanza di prerogative utili a ottenere punti per il bando?
Resterà un mistero, il Tar sembra aver rifiutato le rimostranze della parte che si dice lesa (la cooperativa perdente naturalmente, qualcuno pensava forse ai lavoratori?) che naturalmente, invece che puntare il ricorso sul peggioramento che avrebbero subito i servizi offerti all'utenza e le condizioni contrattuali e lavorative degli educatori ha puntato sulla critica al gioco al ribasso del bando (risposta: e voi perchè avete partecipato?) e sul fatto che vi fosse una commissione ostile; quello che conta è che altre trecento e passa persone vedono traballare l'esigua sicurezza che li ha sostenuti fin'ora.
Sì, perchè nel lavoro dell'educatore non c'è contratto che tenga. Indeterminato o determinato se i committenti (cioè il comune) stringono il cordone, le ore di lavoro calano o si azzerano, con la cassa integrazione tutt'altro che scontata e con giusto le ore di malattia e ferie pagate. Aspetti, questi ultimi, da non sottovalutare in tempi di precariato selvaggio e da non dare poi così per scontato. Perchè a Bologna ultimamente son passate commissarie e nuove giunte che, in barba alla realtà territoriale o ad una quadratura dei conti a lungo termine, hanno tagliato là dove i nudi numeri sembravano permettere di tagliare e parcellizzato dei servizi senza conoscerne le modalità di gestione, le particolarità (localistiche e non) ed i vari equilibri ad essi legati.

A questo punto la guerra tra poveri è scattata nella modalità più invasiva e subdola: un tutti uniti sommato ad un tutti contro tutti che divaricato un problema dotato di crepe ormai strutturali.
Nulla di strano perciò se dallo stesso istituto comprensivo, già colpito da disboscamenti nazionali, viene istituito un bando interno per pre e post scuola (in un caso perfino la gestione dell'handicap) con budget ridicoli e la pretesa di mantenere lo stesso servizio, con il medesimo personale ma con contratti che non garantiscono, oltre allo stesso stipendio, diritti minimi quali la malattia pagata, le ferie o il versamento dei contributi. A certe cifre più di una ritenuta d'acconto, co.co.pro o rimborsi sportivinon si può fare e quando vien fatto notare ai dirigenti scolastici ci si trova davanti a basite facce di tolla.
Anche tra gli stessi lavoratori il rapporto si complica. Chi ha un contratto indeterminato non vuole cedere nemmeno un'ora di lavoro e chi invece è ancora determinato (perciò senza contratto) vorrebbe vedersi confermare (anche perchè nel settore scuola ci sono casi non così rari di persone formate che da 3,4 o 5 anni lavorano con la stessa coop da settembre a giugno e in estate si arrangiano come possono). Chi gravitava in area sindacale ha potuto beneficiare di una spinta clientelare alla rapida assunzione, gli altri stanno alla finestra. C'è chi indignato dice che i senza contratto non dovrebbero firmare nuovi contratti se sfavorevoli e chi annoda diritto sociale a diritto legale.

Intanto mancano meno di 11 giorni all'inizio della scuola e ancora nessun educatore sa se, dove e quante ore lavorerà. Così come molte scuole e famiglie non sanno ancora chi lavorerà con i propri figli (e come detto nel precedente post, dovrebbero iniziare a farsi sentire).

Dalla giunta le risposte sono state fin'ora nebbiose, facendo rimbalzare il problema tra assessorato al welfare, del lavoro e della salute, per finire poi tra i miasmi del gabinetto del sindaco che, oltre a promettere un ulteriore incontro in seguito alla decisione del Tar fa ben capire che la faccia e il culo, lui, non ce li vuol mettere. Però capisce. E si dispiace.


Ritorno incolonnato nel traffico, avanzando un passo alla volta. Con una serie di pensieri venuti e da venire attorno. E le note distorte di una canzone che, in fondo, rendono tutto ciò un tempestoso granello perso entro l'eterno.

Nel caso che....


Ho compilato una breve lista delle cose da fare nel caso non mi riconfermassero sul bambino autistico che seguo da anni. Affinchè non mi colga impreparata, l'abbondanza di ore quotidiane da gestire e controllare, in uno stato di libertà semi apparente in grado di annichilire anche i più impegnati creativi, segno per punti le cose da non farmi scappare.

1-  Riprendere a fumare una sigaretta ogni tanto, aiuta a scaricare l'ansia
2-  Andare in piscina a contare quante signore grassottelle riempono le vasche di Acquagym
3- Seguire le offerte della spesa sui volantini che riempiono la buchetta
4- Fare il giro dell'isolato tutte le mattine per beccare il postino e impezzarlo su meteo e dintorni
5-  Piazzarmi davanti scuola alle 8:30 ed aiutare i bambini ad attraversare la strada
6-  Passeggiare nel parchetto sotto casa con il giornale sotto braccio
7- Andare a prendere il pane dal fornaio e chiedergli se qualcuno ha bisogno di una baby-sitter 
8- Mettere un annuncio su bacheca.it come Cat-sitter e/o Dog-sitter, all'occorrenza improvvisarsi tale
9-  Andare a spulciare tutti gli annunci dei giornali che si trovano vicino le fermate degli autobus
10- Andare alla posta a pagare le bollette quando pagano le pensioni 
11- Andare a comprare due cavolate per cena al Lidl nell'ora di punta e conversare allegramente in fila
12- Posizionarmi davanti alla Casa dei Testimoni di Geova  di via Mondo 27 e controbattere animatamente le loro teorie
13- Registrare su taccuino le localizzazioni esatte di Camperisti Rom che si aggirano nel quartiere e seguirne gli spostamenti
14- Accompagnare la signora Lucia a fare la spesa il martedì mattina e tornare a casa a piedi con carrello straripante che per una settimana non abbia necessità di riuscire
15- Fare in modo che Monsieur Le Merde abbia la consueta scatolina di cibo in assenza di padrone e che non vada ad importunare il vicinato.
16-  Ritirare pacchi e pacchetti a nome di tutto il palazzo, SDA, TNT, Corrieri di tutti i colori, far concorrenza al materassaio per reperibilità e cortesia.
17- Salutare la proprietaria di casa aggiornandola su Frizzi e Lazzi, spassosi o meno, conditi da irrefrenabile fantasia
18- Tenere ordinata la cantina
19-  Andare a Badolo insieme al Signor Giacomo una mattina ogni tanto
20-  Leggere i post di Jumpinshark, tenere aggiornato il blog e argomentare su twitter
21- Inserirmi gradualmente nella fauna del Bar Texas 
22- Seguire gli spostamenti dei vari cantieri e confrontarmi con gli Umarells
23- Appostarmi vicino ai bidoni di via Modena e finalmente scoprire chi cazzo è che butta i copertoni usati nel bidone dell'umido
24- Suonare al vicino e aiutarlo a finire di sistemare il balcone (dopo due anni sarebbe anche ora) 
25- Finire i due Carnet di Viaggio abbandonati a metà
26- Mettere in piedi il progetto per un libro di illustrazioni per bambini
Questa lista sommaria si attiene a persone, luoghi, fatti reali,
da aggiornare
                                                                          da evitare!

giovedì 8 settembre 2011

Sulle cooperative sociali o un autunno che si preannuncia caldo


[pubblichiamo la lettera scritta dagli educatori che in questi ultimi mesi si sono trovati alle prese con situazioni dalla gravità sempre maggiore (più o meno ricostruibili su questo blog). Contiamo di pubblicare un aggiornamento più dettagliato a breve, ma per il momento resta importante fare girare questa comunicazione non solo tra gli addetti al settore ma anche tra le famiglie, che si troveranno ad essere tra le più colpite] 

Cari Genitori, Cari insegnanti

Vi scriviamo per informarvi della grave situazione che si sta venendo a creare in merito ai servizi pubblici scolastici.

In particolare abbiamo la certezza che la gara d’appalto riformulata dal Comune di Bologna per i prossimi 3 anni, prorogabili di altri 3, prevede tagli complessivi delle ore assegnate ai singoli alunni che necessitano del sostegno.

Inoltre i servizi integrativi – pre scuola, post scuola e mensa – verranno gestiti da più cooperative o associazioni, e questo non può che compromettere la qualità del servizio e mettere a forte rischio la continuità delle educatrici e degli educatori che lavorano da anni con gli alunni.

Da tempo ci stiamo mobilitando affinché questo non accada, chiedendo all’amministrazione comunale di rivedere le sue decisioni, ma  ormai a pochi giorni dall’inizio della scuola la situazione è talmente confusa che si rischia che i servizi non partano.

Per parlare di questo una nostra delegazione

Incontrera’ il sindaco e gli assessori competenti  

LUNEDI 12 SETTEMBRE alle ore 17.00

Noi tutti saremo ancora una volta in presidio davanti al comune in Piazza Maggiore 6

Cari genitori e insegnanti

VI CHIEDIAMO DI PARTECIPARE NUMEROSI PER DIFENDERE IL DIRITTO DI STUDIO DI TUTTI , CHIEDENDO AL COMUNE DI GARANTIRE LE STESSE FIGURE EDUCATIVE , LO STESSO MONTE ORE E LA NOSTRA DIGNITA’ LAVORATIVA !

Vi aspettiamo!

Educatrici ed educatori scolastici dei vostri figli e alunni

lunedì 8 agosto 2011

"Gli psicoatleti" di Enrico Brizzi

Ritrovarsi costretti in città non è mai una bella cosa, in particolare tra luglio ed agosto. Sarà il caldo, la stanchezza accumulata sommata alla radicata concezione di questo lasso di tempo (complici anni ed anni di break scolastici dall'influenza maggiore alle abitudini che si cerca di adottare in seguito) come di un periodo doverosamente vacanziero, ma il mio corpo, già molte settimane prima della data stabilita, sente la necessità di staccarsi dalla routine e lanciarsi verso la scoperta/incontro di nuovi orizzonti, magari zaino in spalla.
Quest'anno, come succedaneo a tale bisogno, ho trovato particolare conforto (intervallato da momenti di vera e propria tortura da mancato voyeur) nelle pagine dell'ultima fatica di Brizzi, "Gli psicoatleti", ultimo capitolo della "Trilogia dei viaggi a piedi" di cui avevamo già trattato qui, qui e qui.

Come nelle precedenti opere, il libro è uno splendido connubio tra cronaca e fiction, capace di far bere al lettore più credulone qualsiasi cosa scritta, o quasi; di lasciare in regalo un bel pacchetto di dubbi su cosa sia frutto dell'immaginazione dell'autore e cosa sia ricostruzione storica o descrizione affidaile di eventi più o meno inattesi. Personalmente, comincio tutte queste letture con l'attitude degna del più grande boccalone che si possa immaginare, riprendendomi strada facendo, quando le licenze dell'autore si fanno più nitide. E tutto ciò non è semplicemente dovuto alla mia credulonità ma alla grandiosa capacità che ha Brizzi nel riprodurre l'intimità, l'intensità, i nervosismi, le sincronie, i vezzi, i tic e tutte le altre sfaccettature che s'instaurano in un gruppo di amici durante il viaggio. Ci catapulta sulla strada, al loro fianco, facendo percepire sprazzi di una fatica che, nel suo scalpellare il corpo un poco alla volta, si fa fedele e necessaria compagna di una traversata non esclusivamente legata allo spazio.

E' un libro di formazione, parla dell'evoluzione continua che affrontiamo percorrendo le diramazioni che ci si aprono inanzi, dei cambiamenti continui a cui andiamo incontro giorno dopo giorno; un libro intimista, che, tramite le parole del narratore, insegna a guardarsi dentro, tra le risorse e le debolezze più inaspettate che possono risiedere in ogni animo; è un libro politico e non solo per l'espediente che da il là al viaggio, il 150° anniversario dell'unità d'Italia, il volerne vedere le affinità e le differenze che la attraversano da nord a sud, ma anche per la forza con cui mostra che altri modi di guardare le cose, di fruire del tempo e dello spazio sono possibili (e nel turborisucchio del Guaiafermarsiunattimo!!! di oggi non è poca cosa).

La storia, come esposto nel video spoileriggiante qua sotto, comincia dall'intreccio della storia di un gruppo di camminatori moderni definitisi in altre occasioni psicoatleti e tra la ricostruzione della storia della Società Nazionale di Psicoatletica fondata nel 1861 da tre gentiluomini erranti dal fascino irresistibile (e qua scatta una delle credulonità non del tutto risolte: Brizzi si è ispirato a qualche società realmente esistita o inventa tutto di sana pianta? chiunque voglia ragguagliarmi è libero di farlo nel totale sbeffeggio, non mi offenderò) che in qualche modo ricalcano ideali e modi d'essere dei più moderni colleghi.
La psicoatletica infatti nasce in tempi di meccanizzazione esasperata proponendosi di riscoprire la sola macchiana perfetta, il corpo umano, purchè mosso a nobili fini da un animo fermo e curioso. Gli psicoatleti non sono meri passeggiatori, e l'andare come laici pellegrini non è per loro tempo speso nell'ozio, ma la più preziosa delle fonti di conoscenza. Oltre alla storia, alla lingua (ottimamente espressa) ed alle abitudini dei luoghi attraversati, Brizzi in questo romanzo si addentra nella conoscenza più profonda e intangibile che ci sia, ponendo(si) domande che riguardano l'essenza delle cose e dell'esistenza e descrivendo modalità di ricerca e di conoscenza esoteriche che non risultano mai scontate o posticce, come ben riassume la massima eteroversa della psicoatletica: Chiudi gli occhi e osserva ciò che non si lascia vedere.

Libro che scorre più velocemente della miriade di passi fatta per scriverlo, dotato di un linguaggio mai forzato, allo stesso tempo leggero e raffinato. E' necessario lo sforzo da parte del lettore di fermarsi ogni tanto per lasciar depositare determinati passaggi. Denso di spunti di riflessione, di leggera ironia e di foto dettagliate di buona parte dello stivale. Non vengono cercate facili risposte rassicuranti ma si stimola a mettersi col culo per strada per porsi domande che ci appartengano.
L'unica certezza espressa è che l'uomo che arriva alla fine di un viaggio non è mai lo stesso che era partito.

A questo punto vi lascio al video qua sotto, che oltretutto non ho finito di vedere (!) per motivi di tempo (ri-!). Un'ultima ricontrollata allo zaino e finalmente potrò riportare anche il mio di culo per le strade, sotto il peso rassicurante di uno zaino.

domenica 31 luglio 2011

Un paio di film, en passant

Appena sprangate le porte di un campo estivo, con domusorea che si riprende da una fastidiosa tonsillite e la testa che sta già ai sentieri valdostani che ci aspettano e non all'ulteriore settimana di marmocchi (perlomeno un po' più grandi) che mi attende, butto lì due parole su due film visti ultimamente.
Uno, piacevole e consigliabile; l'altro, decisamente da evitare.

Lavorando con i bambini, trovo sempre piacevole dedicarmi alla visione di cartoons e affini, purchè con un po' di sugo e sostanza (in effetti i lungometraggi animati che ho visto negli ultimi anni paiono più adatti ad un pubblico adulto). E a dispetto dell'inizio, in cui vengono presentati i vari personaggi con una serie di dialoghi dalla demenzialità disarmante, in "Piovono polpette" di sugo ce n'è parecchio. In tutti i sensi.
Ne avevo sentito parlare bene ma il titolo mi aveva lasciato, come dire, un po' perplesso (sembrava l'ennesima cagata senza trama, ma, come al solito, l'effetto si deve alla traduzione italiana del titolo che non rende affatto onore all'originale).
La trama è presto detta: un inventore sfigato ma geniale le prova tutte per farsi riconoscere dalla comunità, senza mai riuscire nell'intento, ma relegandosi sempre più ai margini di essa, rinchiuso in un proprio mondo dissociato e nerdeggiante. Stanco dei fallimenti e convinto di potercela fare (come diceva mammà) imbrocca un'invenzione rivoluzionaria, una macchina che crea il cibo dall'acqua che, con una serie di (s)fortunati eventi s'installa sopra la sua isola facendovi piovere sopra ottimo (?) cibo. Purtroppo la comunità, invece di riuscire ad utilizzarne i pregi, la sfrutta all'inverosimile fino a creare un casino di dimensioni planetarie che (occhio allo scontatissimo spoiler) il nostro genietto (che nel frattempo s'è pure innamorato, che non guasta e aiuta nel tirarlo fuori dalla sua dissociazione senza apparente ritorno) con tanto coraggio e un po' di culo riesce a risolvere, con l'ammirazione della comunità tutta, della ragazza che lo fa palpitare e del suo papà.
Detta così è una storia come tante, banalotta e ritrita, ma in realtà è ricca di riferimenti e tematiche che per un bambino ipermoderno non sono così scontati: si va dal consumo (e "smaltimento" apparente) sempre più sfrenato di cibo facile e veloce (con tanto di frecciata flash agli ogm) alla critica verso le priorità di media e opinione pubblica (scena centratissima con un anchorman più impegnato a sbeffeggiare il look dell'inviata che il casino stile armageddon che le si scatena intorno). C'è spazio anche per il non dimenticarsi da dove si viene, presi dal vortice frsennato del sempredipiù, ma anche del non dimenticarsi di  tenere d'occhio come il mondo cambia intorno a noi (aspetti contemporaneamente presenti nel padre del protagonista che guarda con diffidenza all'abbondanza sempre più sfrenata, rimanendo legato alla tradizione peschereccia dell'isola, ma non in grado di mandare un'e-mail e di muovere un mouse). Insomma, i contenuti non mancano ed anche i vari dialoghi, non solo iniziali, al limite della demenzialità più insopportabile, altro non sono che lo specchio della vicinanza di tante solitudini autoriflettenti.
Film consigliabile a pargoli di qualsiasi età. I più piccoli forse non coglieranno molti passaggi ma se non altro li conserveranno in forma embrionale per un'età più avanzata.

Passiamo ora al film che sconsiglio vivamente (a meno che non siate in serata cinemaraglia made in U.S.A.). Come dicevo, in questi giorni domusorea è bloccata a letto da una fastidiosa tonsillite che non le ha permesso di augurare buone vacanze ai marmocchietti che ha seguito amorevolmente tutto il mese e che per ringraziamento le hanno donato una variegata collezzione di cocchi e bacilli. Bene, nonostante l'indisposizione, è riuscita ad impiegare in maniera proficua il suo tempo, allargando la propria conoscenza su film d'alpinismo e/o arrampicata nelle solitarie e grigie mattinate da passare sotto le coperte. A suo dire, tutti di ottimo livello. Così, per condividere questa bella passione, poche sere fa pesca dalla lista un ulteriore titolo e me lo propone. Basta il titolo, "Vertical limit", e già m'insospettisco. Puzza di grande cagata.
Bastano i primi dieci minuti e la conferma arriva, ma ormai siamo presi dalla malsana spirale che porta a proseguire la visione per vedere fino a che punto possono arrivare regista e sceneggiatori (affine forse alla voglia di vedere le vittime degli incidenti).
L'inizo è questo (e qui chi vuole "gustarsi" per intero questa robina qua salti lo spoiler): una famiglia di climbers, padre, figlio e figlia, è impegnata a scalare una parete mostruosa con gag e rimbrotti tecnici molto cool. A un certo punto due scalatori sopra di loro scazzano qualcosa e cominciano a precipitare. Subito prima, apoteosi, il figlio avverte la famiglia del pericolo urlando "attenzione, principianti a ore dodici!". I due malcapitati poi, prima di spappolarsi al suolo, mettono nella merda l'allegra famigliola che si trova appesa ad un friend pericolante, non in grado di reggere tre persone. Dopo un paio di urla maschie da parte del padre, il figlio sarà costretto a tagliare la corda per farlo precipitare (e con lui pure il titolo... e non sto scherzando). Aggiungo a questo che nel corso della storia, ambientata sul K2, tre squadre di soccorso, se ne andranno in giro con tre cilindroni di nitroglicerina e che la maggior parte degli arrampicatori e alpinisti del film sono fighi, ben pettinati e a prova di sforzo.
Bene, lo spoiler finisce qua. Se volete vedere il film fatelo pure, ma ricordatevi che, se non altro, noi lo abbiamo visto conoscendone solo il nome (già di per sè un'aggravante), voi invece avete materiale a sufficienza per impiegare meglio due ore di vita.

giovedì 14 luglio 2011

Hey diddle diddle

 


Alla fine, grazie all'aiuto di @danielafinizio nel risolvere l'arcano sulla traduzione di "diddle diddle" (passaggio dal significato puramente onomatopeico) anche questa filastrocca ha trovato una sua forma grafica. Normalmente lasceremmo il tutto tra le mura della scuola, le sue urla, i suoi giochi, canti, balli, storie e le più improbabili domande che possono sorgere da un bambino (uno oggi mi ha chiesto se avessi le sue chiavi di casa!), ma visto lo sbattimento della tweet-friend (termine che non so se piacerà a jumpinshark) nel farci arrivare esempi grafici, pareva brutto non dare un riscontro.

L'idea dell'attività è tutta di domusorea, letteralmente unica in questo genere di attività, il video raffazzonato è stato montato da me e tutte le immagini usate sono dei fantastici bimbi della classe delle Raganelle (età 3-6). Noi, alla fin fine, diamo il via, ma sono loro a far nascere questi piccoli capolavori.

lunedì 11 luglio 2011

Avviso ai naviganti

Dopo quasi un mese di silenzio e pressocchè totale assenza dalla rete, questo breve post potrà sembrare superfluo. In effetti lo è.
Ma all'orizzonte si prospettano un paio di mesi che difficilmente ci vedranno impegnati davanti a schermo e tastiera: il primo per motivi di sovrabollitura e cortocircuito cerebrale avanzati (la terribile formula di caldo moltiplicato per tante ore tra infanti, il tutto elevato per un'annata a dir poco strong) e il secondo per una probabile lontananza coatta (ma ferievolmente piacevole) da varie forme di tecnologia.
Spiace sempre rimanere in silenzio, specie in momenti come questo (tanto per dirne uno o un altro), ma il tempo e le energie per dar forme concrete ai grovigli crescenti sono agli sgoccioli, e doverosamente orientate ai piccoletti rimasti in città, a cui cerchiamo di offrire storie, domande e punti di vista sempre nuovi.
Gli occhi rimangono bene aperti, e le orecchie spalancate. Le bocche serrate (o dita ripiegate) altro non sono che l'aspetto visibile del silenzio mentale necessario a far risuonare la rinfusa di pensieri, a creare ordine.

Per un altro po' è perciò molto probabile che la nostra cyberlontananza continui (ma magari anche no e queste poche righe serviranno da sole a stimolarci, chissà ;-p), almeno sul blog (su twitter c'impegnamo a mantenere una costante presenza incostante). 
Per chi passerà di qui rimandiamo al blogroll, pieno di strade accidentate e tortuose in cui immergersi.
Nervi saldi e piedi ben piantati a terra, si ballerà ancor più di quanto abbiam fatto finora.

lunedì 20 giugno 2011

E' solo questione di nuances

Capelli grigi: non è colpa di alimentazione e stress
                  Addio capelli bianchi, una molecola farà ritornare il colore,
                                  Capelli bianchi, la causa in ciò che mangiamo,
                                             Perchè compaiono in giovane età?
                                                              Tecniche per coprire i capelli bianchi,
                                                                                   Capelli grigi: se li strappi, triplicano,

Ecco, lo sapevo. Primi capelli bianchi che arrivano e un'imbarazzante quanto amletica domanda a occupare i miei pensieri di fine giornata: li lascio stare o me li tingo? La rete non porta consiglio, giro tra un sito e l'altro e mi soffermo a guardare qualche bella foto di chiome in Sale e Pepe. Gli uomini naturalmente sempre ritratti con disinvoltura, guardo George Clooney ammiccare fiero dei suoi capelli  mentre al femminile solo foto di chiome o altamente ossigenate o da signore un pò troppo attempate. Qualcosa di più vicino al mio stile? Neanche a pagarlo oro, o troppo Trendy o troppo Nonna. Qualcosa che non somigli troppo a Crudelia Demon e tantomeno a una versione sexy di Madonna ai tempi del Blond Ambition Tour.
Il momento della fatidica domanda arriva per tutt*, chi prima chi dopo davanti ad uno specchio ci passiamo. Sono un paio di mesi che ho notato qualche capello affacciarsi sul mio viso da Trentatreenne organizzata. Tutti a dirmi: ah si, ma mica li dimostri! infatti, mica li dimostro. Se mi siedo a gambe incrociate in mezzo ad un gruppo di bambini riesco ancora a mimetizzarmi perfettamente ma se i capelli si moltiplicano non potrò più usare questo trucco. Credevo bastassero biberon di thè verde e frutta a volontà per allontanare i radicali liberi e invece NADA= Niente = Nothing, qualche radicale ce l'ha fatta, ha oltrepassato la cortina di ferro ed i primi capelli canuti son arrivati. Ne ho qualcuno qui vicino alla vertigine della frangia, ho pensato di ignorarli ma sembrano contagiosi. Da due, tre si allargano, qualche amica mi ha detto di non provare a strapparli che il dio Grey si intestardisce e ti riempie la testa. Per carità, guai a controbattere dicerie popolari e poi perchè strapparli? Qualcuno alle prime apparizioni ricorre subito al parrucchiere o a tinte fai da te che sembrano dire ogni volta: Achtung! se mi usi una volta poi non potrai più farne a meno. Allora che fare? ripeto dubbio amletico, li lascio stare? o li ignoro, come faccio con i fottuti tarli che son tornati a smangiucchiare la credenza dei bisnonni di Ub. Ignoro o combatto, stermino capelli - tarli- continuo a far finta di non vederli o corro ai ripari, provando con una nuances vicino alla mia? Castano chiaro, medio, scuro, ebano, cioccolato e liquirizia ce n'è per tutti i gusti. Scegliere una nuances è come scegliere un vino all'IperCoop di Villanova di Castenaso. Opto per il risparmio oppure punto sulla qualità? non li tingo dai tempi memorabili del primo anno d'Accademia di Belle Arti, forse ho dimenticato anche come si fa ma se mi impegno riporto tutto a com'era prima dell'incontro con sti quattro radicali liberi. Nel frattempo potenzio frutta e verdura, il thè verde lo faccio più forte e poi esagero con piante aromatiche dal timo al rosmarino passando per la salvia e l'origano. 
Nel frattempo una miriade di clichè da sfatare: gli uomini brizzolati son tutti affascinanti e le donne sanno di trasandato: non è vero, non è assolutissimamente vero. Conosco signore che indossano il bianco in testa con un eleganza da far invidia e uomini che con il loro brizzolato a macchie sembran più dei cuccioli di Dalmata che altro. Come al solito è una questione di sicurezza ed eleganza. Questo non basta a convincermi a tenermi questi quattro peli bianchi. La commessa di Acqua&sapone dice che la giusta nuances ti ravviva il colore, e che oramai in commercio si trovano solo tinte molto delicate che neanche te ne accorgi che le stai usando, può star tranquilla,e poi fà sempre in tempo a tenerseli al naturale, ma così giovane è quasi un peccato...
già..un peccato...

Scusi Signorina
cosa stava dicendo delle Nuances....................



domenica 19 giugno 2011

Racconti sotto l'albero

Spesso sentiamo parlare di come i bambini e i ragazzi di oggi facciano fatica a rimanere concentrati per più di qualche minuto su attività intellettuali che richiedano un alto livello d'attenzione. In parte è vero e lo si percepisce già tra le mura scolastiche, in cui la sfida maggiore è trovare il modo per appassionarli ad un argomento per un tempo superiore ad una partita a Pokemon o Mario kart. Figurarsi poi a scuole chiuse, al campo estivo della parrocchia: centoventi pargoli dai 6 ai 12 anni stipati in pochi metri quadri quasi completamente alla mercè di un sole sempre più martellante, con l'afa bolognese ad ingolfare bronchi e giunture, soprattutto dei loro educatori. 
C'è abbastanza materiale per riempire tg di servizi e approfondimenti sull'emergenza iperattività, con orde di bambini ipercinetici o ADHD; sull'allarme caldo che, chissà perchè, si ripresenta improvvisamente ogni estate; sul pericolo dell'esposizione a certe temperature di codesti frugoletti caricati a molla, pronti a impazzare per le strade dell'intera penisola e devastare ogni cosa come cavallette antropomorfe (inoltre si potrebbe cogliere l'occasione per ricordare ai telespettatori che la maggior parte di questi bambini proviene, magari secondo autorevoli fonti statistiche, dalla scuola pubblica; o sottolieare i "benefici" del metilfenidato, ma queste sono altre storie).

Ovviamente non avviene nulla di tutto ciò e i centoventi bambini in questione, dopo mesi di fatiche più o meno intense sui banchi, riescono addirittura a svolgere ogni giorno un'oretta di compiti senza bisogno di particolari minacce o ricatti e a seguire lo svolgimento, recitato ad altissimi livelli sottoamatoriali, del tema dell'anno, Odissea (Piumini version). Per il resto del tempo la maggior parte di loro si lascia andare a giochi più o meno fantasiosi e scatenati (personalmente ho potuto "scoprire" le meraviglie di Palla senza palla, una vera chicca), in particolare nella pausa pranzo. Ed è proprio lì che, martedì scorso, ho avuto una piacevolissima sorpresa. Il piccolo gruppo di bambin*, con cui l'anno precedente avevo attraversato la trilogia di Roddy Doyle sotto la frescura apparente di tigli e tendoni, è venuto a chiedermi se anche quest'anno avrei portato dei racconti intorno cui sedersi. Perciò il giorno successivo abbiamo ricreato il semicerchio di panchine intorno alla mia sedia rossa per comiciare la seconda stagione del nostro personalissimo club di lettura.
E' un momento meraviglioso, quello della storia pomeridiana. Un piccolo crocevia tra il turbinio di giochi circostanti, libero da vincoli ed aperto ai vari naviganti. C'è chi ascolta l'inizio per un po', per farsi poi trascinare dalle correnti di avventure, partite e grida del grande giardino; chi passa un attimo per ascoltare qualche frammento, sbirciare un disegno o chiedere il titolo della giornata; chi arriva a metà e si gode il finale; chi, per troppa timidezza, non ha trovato nessuno con cui giocare e scopre amicizie interagendo tra le pagine di un libro. 
Poi ci sono gli affezzionatissimi membri del club: Arianna, che ascolta tutta la storia con lo sguardo perso tra le fronde, riabbassandolo ogni tanto per uno sguardo rapido alle figure; Sara, seduta sempre all'estremità della panchina, con la bocca semi aperta; Francesco, che gioca tra erba e polvere con le orecchie ben drizzate; Elettra, inclinata in avanti, quasi a voler sfiorare ogni personaggio; Ilaria, appollaiata sullo schienale della panca; Simone, seduto composto con un sorriso accennato; Greta, sorridente e con gli occhi socchiusi; Sofia, che si dondola appena, tenendo i capelli tra le dita.

Questa settimana abbiamo letto due storie di Roald Dahl, autore solitamente molto amato (perlomeno, io l'ho amato e l'amo ancora tantissimo).
Si è incominciato dall'ultimo libro che ha scritto, tra i meno conosciuti dell'autore inglese, Minipin, un breve racconto in cui sono inserirti, in modo leggero ma incisivo, la maggior parte dei temi a lui cari.
Come spesso accade nelle sue opere, il protagonista è un bambino curioso di scoprire quello che lo circonda, di fare le cose probite (sempre le più interessanti) e di guardare il mondo con i propri occhi. Entrato senza permesso nel bosco accanto a casa, si trova ad essere inseguito dal terribile Sputacchione Succiasangue Tritadenti Sparasassi, un mostro misterioso e sanguinario avvolto da un turbine di fumo. Per salvarsi, Piccolo Bill si arrampicherà sull'albero più alto, dove farà la conoscenza con i Minipin, minuscola popolazione che vive all'interno degli alberi e si sposta per il bosco grazie all'aiuto di scarpe a ventosa ed uccelli. Con l'ingegno, l'aiuto di chi lo circonda e una buona dose di coraggio, Piccolo Bill riesce a sconfiggere il mostro, liberando il bosco intero dalla sua minaccia e se stesso dai vincoli della paura.
Dahl con questa storia ci insegna ad imparare a guardarci intorno, in modo obliquo, ad osservare con occhi sfavillanti tutto il mondo intorno (...), perchè i più grandi segreti sono nascosti dove meno ve li aspettate. Si diverte a ribaltare i punti di vista, a trovare consonanze nelle differenze più grandi. Ogni situazione o impasse può essere superata con un pizzico d'ingegno (non con l'inganno, verso cui, in molte sue storie, riserba contrappassi inequivocabili) ed ironia.
Prima di concludere la settimana ci siamo invece cimentati in anagrammi. Giovedì ho chiesto chi sapesse cosa significasse Agura trat e il giorno dopo Sofia è venuta tutta sorridente con la soluzione. Rispetto al precedente, questo è un racconto più spensierato. Una love story in tartarughese ostacolata da troppa timidezza e giunta a buon fine in pieno stile Dahl: grazie ad un pizzico di coraggio e tanta creatività. Un modo simpatico per spronare i più piccoli ad ingegnarsi per superare i propri limiti e, al contempo, a non avere troppa fretta nel voler crescere.

Domani si ricomincia. Una nuova storia per il piccolo uditorio mobile.