martedì 13 aprile 2010

"Il pellegrino dalle braccia d'inchiostro" di Enrico Brizzi

Finalmente due parole.
Perlomeno, il tempo per esprimerle.
Due parole per un'opera che, dopo le tante emozioni di "Nessuno lo saprà", cattura il lettore fin dalle prime righe. Questa volta Brizzi ci porta nientemeno che sulla via francigena, sulle orme dei pellegrini. Ritroviamo i tre salutati alla fine del cammino precedente arricchiti dalla preziosa presenza del longobardo e della sua cresta singolare (...) sostenuta dall'elettricità dell'aria.
Troviamo il quartetto alle prese con una sfida dagli intenti tanto epici quanto romantici: attraversare le Alpi per il passo del Gran San Bernardo. Tra l'emozione dei nuovi venuti e la tempra rassicurante dei più rodati viandanti ci si sente subito a proprio agio. Siamo pronti ad accompagnarli per un tratto. Silente presenza postuma.
Ma fin dai primi passi, la nostra attenzione è portata a sfiorare uno zaino arancione di vecchia fattura ed il suo proprietario, Bern. Pittoresco pellegrino dotato di una personalissima religiosa ortodossia, allucinazione hoffmaniana fattasi carne, pericoloso squilibrato deciso a trasportare i propri verbi distorti per il mondo, testimone della solitudine umana...
Chi è in realtà costui?
Fino all'ultima pagina, e anche oltre, nessuno lo saprà.
Sicuramente, nelle intenzioni del quartetto e nella stessa narrazione, è come un temporale estivo. Breve e perturbante.
Per i nostri italiens dalle ginocchia stanche risulterà essere il polo principale cognitivo/emotivo della camminata, arrivando a catapultarli all'interno di un'indagine, un dramma in cui nulla è quello che sembri.
Per la narrazione è il punto di svolta, la diramazione da cui nasce una metafiction. L'occasione di mescolare realtà e finzione (?) letteraria.
Il libro è infatti presentato come un'opera di fantasia. Può essere. Sicuramente, più le pagine si accumulano e più la storia si allontana dai passi reali compiuti dai nostri intrepidi cavalcatori di sentieri. Eppure... una parte degli accadimenti si è realmente svolta (se non altro quello che ci viene concesso qui) scatenando la bestia creativa che risiede in Brizzi e dando alla luce questo splendido romanzo, in cui è contenuto molto più di quanto possa sembrare ma di cui non voglio spoilerare oltre.
La morale?
Mai fermarsi alle apparenze, come dicevamo in precedenza riguardo a certe copertine.
Bon courage, allora, alla salute di chi è in viaggio.

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