venerdì 19 marzo 2010

Antefatto: Il Van Gogh proibito

Per iniziare una storia è necessario avere le idee ben chiare su dove si vuole andare a parare, dire che io possegga l’intero quadro della vicenda è una bugia, ma applicandomi posso ricostruire, frammento dopo frammento, la storia che sto per raccontare. Prima di cominciare voglio mettere davanti a voi un immagine: siamo in un grande giardino con tantissime piante e fiori, questo giardino è protetto da una rete metallica coperta da una siepe. In un angolo una bambina sta aprendo con una pinza un buco nella rete. Fra pochi minuti sarà dentro il giardino. Il custode, un omone alto alto di nome Otello, sta potando un aiuola dall’altra parte del giardino, non si accorgerà di nulla. La bambina riesce ad entrare, si nasconde dietro un grosso cespuglio, osserva intorno ehhhh TROVATO!!! Un meraviglioso albero di mimosa, la più grande pianta che lei abbia mai visto, con tutti quei pallini gialli che avrebbero fatto impazzire il suo artista preferito Van Gogh, un mito per lei, e come potrebbe essere altrimenti? Un barlume improvviso, come quello che colpisce quando ti viene in mente qualcosa di particolare che devi fare. Il pensiero è talmente veloce che ha già capito come deve muoversi. Lo deve fare per il suo amico. Una volta la sua maestra le aveva detto che Van Gogh era matto e che nei vari manicomi dove venne ospitato dipinse i suoi 150 quadri più importanti. La maestra glielo aveva confidato in un orecchio perché sapeva che lei era una bambina intelligente a cui dire certe cose. Non una bambinetta che si spaventa subito per ogni sciocchezza. Ma ve lo immaginate un personaggio del genere? diceva lei, bisticcia con il suo migliore amico e poi si taglia l’orecchio. Figo! Una volta lo ha esclamato così ad alta voce che la mamma le ha regalato una bella sberla a mano aperta. Il motivo lo scrisse sul diario segreto alla 21 pagina: Mia mamma non è mai stata molto Punk e non capisce che Van Gogh è un genio della pittura. Certo non sta bene tagliarsi le orecchie quando si bisticcia con un compagno. In effetti a scuola quando litigo con Gianpietro “testa dura” l’orecchio io lo morderei a lui. Ma Van Gogh era molto arrabbiato lo voleva quasi strozzare quel suo amico per questo poi si pente. La maestra mi ha spiegato che si dice "Automutilazione", cioè fa un sacrificio come nelle religioni antiche per punirsi del gesto. Certo amico mio che sei un duro, potevi smettere di mangiare le patatine o di fumare la pipa per un mese. La mamma dice che non devo prendere questo pittore come modello dei miei disegni e mi ha proibito di leggere il libro grande dove ci sono scritte le cose vere su di lui. Mi ha comprato un libricino alla Stoppani che parla dei suoi dipinti e delle cose belle ma lei non sa che io ho capito la verità. Per questo gli sono amica, mica si può essere amica solo di brave persone.

Ma torniamo alla storia. L’abbiamo lasciata davanti alla fantastica pianta. Vuole vederla da vicino, vuole prendere tra le mani quei pallini di polvere solare. La pianta è il vanto dell’ospizio, il custode su di essa ha impiegato ogni energia. La protegge come un prode cavaliere, se vi trova lì vicino è capace di prendervi per un orecchio e portarvi dalla suora madre e lì son davvero cavoli amari… altro che mimose fiorite. Otello continua a potare, lei scivola dietro la pianta, non c’è nessuno il momento è perfetto. Tira fuori una busta di plastica e comincia a tirar via dalla pianta tutti i pallini gialli, uno ad uno all’inizio poi si mette fretta e comincia a tirar via di gran gusto. La parte bassa è fatta, ora deve arrivare in alto, è piena di polline da fare impressione le prude il naso ma non può starnutire. Cerca di arrampicarsi e scivola, ci riprova e sale sul ramo più esterno che non tiene il peso e patapuff cade in terra con la bambina sopra. Si è fatta male al ginocchio e sanguina, un classico, ma prosegue la sua missione. Ha bisogno di tutti i pallini della pianta per riuscire nel progetto. Si arrampica ancora e stavolta riesce ad incastrarsi nel punto giusto. Otello non la può vedere ma bisogna far presto. Presto, allontanarsi dalla pianta! Gli anziani dell’ospizio sono tutti raccolti in preghiera e poi andranno a cenare. La busta è stracolma, fanno male gli occhi a guardarci dentro. Lentamente scivola via e in silenzio torna al buco dalla rete ed esce dal giardino. Il colpo è fatto. Da lontano osserva la pianta, che tristezza tutti quei rami spogli. Stringe a sè la busta, sembra un tesoriere forzato carico di monete d'oro. Un sorriso colpevole le illumina il viso, ora bisogna solo trovare un nascondiglio.

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