giovedì 17 marzo 2011

Inane polvere umana?


In vista del 150° anniversario dell'unità peninsulare ho pensato a lungo a come avrei potuto celebrare una tanto nobile data, cercando invano l'ispirazione, lo slancio per elevarmi ad altissime quote dove toccare le più raffinate vette espressivo-letterarie, ma mi ritrovo al punto di partenza. Consapevole della convivenza tra un patriottismo da stadio (ormai edulcorato) e la mia identità che non può prescindere dalla storia, recente e remota, dai micro e macro sistemi in cui si è formata.
In fondo voglio bene al vecchio stivale, è tra le immagini che, da quando sedevo dietro ai banchi delle elementari, ho osservato con maggiore curiosità. In particolare per le innumerevoli variazioni di confini interni (da qui in poi).

Eppure di questo enorme collage linguistico, questo multifeudo che pare tenersi insieme con lo sputo, in cui si rimpiangono regni passati, si scoprono nuovi miti e radici o ci si sente, in vari modi, stranieri, fatico a trovare qualcosa di sensato, profondo, o semplicemente non premasticato da dire. Sicuramente anche grazie ai profondi solchi di storia e politiche annesse che mi porto appresso ed al nome stesso dato al periodo, la cui etimologia mi porta a scivoloni continui verso nomenclature meno vicine a Romero.

Pensando a quel periodo, non posso non sentire un brivido, un'eco del passato che si srotola sul presente, di chi, ormai un paio di secoli fa veniva considerato non più che "inane polvere umana in un paese di morti" e, nonostante e a causa delle pesantissime condizioni di vita imposte dai regimi (anciens) dell'epoca, ha deciso di reagire, di liberarsi, spinto da forti ideali o dalla necessità di garantirsi, perlomeno, "pane statuto e catasto" trasformandosi in carne macinata per l'universo. E proprio da questa definizione mi accomiato, lasciando la parola a Maurizio Maggiani ed alla sua serie di incontri, di lezioni partecipate sull'argomento (di cui quello qui sotto non è altro che un esempio, per la rete ci sono altri video, simili e al contempo differenti l'uno dall'altro) che, un mese fa, lo ha portato ad ipnotizzare per circa due ore me e il pubblico presente a Casalecchio, ahimè, non così folto come avrebbe meritato l'occasione. 


Un ultima considerazione. All'epoca, la spinta rivoluzionaria di chi viveva questo slancio era di sicuro alimentata da una serie di fattori ideologici genuini. Ma il fuoco con cui far bruciare tante passioni, per certi figuri da palazzi o coorti, altro non era che un ottimo espediente di convenienza economica (basti pensare che una delle prime leggi del Regno infrangeva la promessa fatta ai contadini del sud di ridistribuzione delle terre mangiategli negli anni dalla nobiltà, finita poi in parlamento). Dove il soldo non batte, nessuno si muove. Gli stessi rivoluzionari cercavano di ottenere un miglioramento delle proprie e altrui condizioni di vita.
Ed oggi? Mentre il Mediterraneo è in subbuglio e il Giappone in piena catastrofe (tanto per restare alle notizie che più infiammano i giornali), cosa sucede in Italia? Quali ideali e pulsioni spingono gli italiani?
Che La Martine avesse visto lungo?
Ci sono esempi che porterebbero a pensare di no, lotte che non si fermano.
Vedremo.
Per adesso, buon trentesimo lustro a tutti.

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