domenica 26 settembre 2010

sKOla - echi da una riforma (II parte)

Ho sentito parlare della crepa nell’aula 18 ma cazzo non ci potevo credere. I rega ne han dette di storie sulla vecchia aula, un vero fottìo e non basta un quadrimestre a campanarle tutte. Tra quella sull’anima del Zeno, il bidellaccio rosso che ci rimase negli scontri dell’occupazione del ’19, ma dicono tutti che se la cercò di brutto, il bastardo, e che lo spararono per errore; quella sulla forza galattico-magnetica o stronzate simili da secchiafrocetto, come la condenzione del dolore della scuola o puttanate varie. Che coglioni! Ancora lì a credere a ‘ste favole da pippettari new age. Penosi. Diceva Achille (e va là che di bazze non ne ha poche, lui) che probabilmente è una tattica da vecchi revisionisti (studentelli o intellettualini dell’università), che piazzavano ‘sti ampli sparastronzate per cuccarsi le simpatie degli studenti più idioti delle famiglie più zozze e per questo l’aula fa da magazzino. Ma dalle altre scuole ‘ste storie girano zero e importa sega. Entro e c’è un rumore. Mica alto, eh, ma impossibile non sentirlo. Vien proprio da dietro le berte a compressa, i dizionari di latrino, le guide Gelmi J in“Smsese – Italico; Italico – Smsese” e le casacche balilla per il campionato scolastico. Cazzo s’è fitto ‘sto posto! Beh, sai che faccio? Prendo il mangano, che non si sa mai sia un barbone o una merda di zingaro, negro o extra del cazzo che già se ne vede qualche ancora in giro ma qua dentro non ci devono entrare, RAUS! o son cazzi. Noi regàz scherziam mica. Che magari poi hanno fregato un cell e son lì che chiamano a casa loro, bastardi, che ci tornano pure invece di star qui. Vabbè, mi avvicino e il rumore si fa più forte, come un cine, un mp3 o giù di lì. Mica è una voce, son tante. Una sopra l’altra che quasi non si campana una sega. Mi faccio vicino e sai che è? Voci del cazzo di una lezione del cazzo. Solo che devo portare alla Galli una guida J che sennò i temi te lo scordi che li corregge ‘sta impedita, poi dopo c’è lezione col sergente (marcia e tiro) e se faccio tardi m’incula a suon di flessioni e mi tocca la ronda 7 un’altra volta e stasera c’è la partita con il Livorno e a ‘sto giro qualcuno ce lo facciamo rimanere, mica cazzi, che col Bonomia Lux si scherza mica.

Prende una guida e si gira. Le voci già sbiadiscono dagli inchiostri della testa rasata. Poche falcate ed è fuori.
Le voci no, quelle restano. Spillano dalla crepa del muro portante, un po’ alla volta. Non toccavano orecchio da tempo, parevano intimidite. Se potesse sentirle, la nuova armeria in noce capirebbe come ha fatto a finire lì in quella stessa stanza carica di muffe e vecchi suoni. Stanno parlando anche di lei, della strada spianata al suo arrivo. Dell’ultima, enorme, classe che ha avuto per aula la 18, trasformata in magazzino a causa delle strane voci percepite con sempre maggiore frequenza dagli studenti.
Radio Crepa, la chiamavano verso la fine, voce delle verità. Si potevano udire espressioni e discorsi di professori, studenti, segretariati, educatori e ministeri. Da tutta la penisola. Una micro cassa di risonanza fatta d’echi, calce e vecchi mattoni a cui arrivava e scaturiva di tutto, perfino una rivolta considerevole, per i tempi. Giunta ai piani alti la notizia (era il periodo delle “Riforme Restauro”) era stata attivata celermente la circolare 88/d3u7x4 con ordine di chiusura dell’aula al personale non autorizzato, pena la soppressione dell’intero liceo.
Ed oggi, proprio ora che l’acido sudore del giovane centurio continua a percepirsi, si possono sentire le voci della vecchia classe 18. Settembre 2011, quando il Maggiore Morris (Morrisi alla nascita, i finale troncata per “gagliardizzare” il cognome, a sentir lui) fece il suo ingresso marziale in V A, dando il via al tour di raccolta crediti formativi richiesto dal ministero.

- Rega oggi gran bazza, salta greco! - sbercia Renato scalciando la porta. Si spegne la baraonda, tutti i fari sono per lui.
- Finetti, alzati un po’! - dice a un compagno alzandolo in malo modo e spingendolo verso i posti in piedi in fondo alla sala.
- Che palle Renni, ma sempre io?- pigola il ragazzo dall’aspetto tisico mentre raggiunge i compagni di turno al muro portante .
- Non rompere i maroni Finetti che sennò vedi. Eppoi oggi in prima fila ci sto io, che m’interessa. Viene uno a parlar dei nuovi crediti formativi, altro che scacchi o pugnette simili, eh Fengiuz? –
In risposta, un grugnito.
In classe dilaga un crescente mormorio. Saltare greco il giorno della versione è un evento raro. Voci, ipotesi, ricostruzioni campate in aria si tessono intorno al silenzio di Renato che, in bilico sulla sedia ostenta una compiaciuta indifferenza al caos creato. Chi assicura che la prof è malata, ma no, è morta, ma che dici, è fuggita con l’amante in qualche luogo tropicale; chi sostiene che sia accaduto qualcosa di grave che riguarda la scuola, durante la notte, e che Renato lo sappia perché figlio del sindaco, ma se è così non ci si spiega la sua presenza; altri ancora convinti che verrà la preside, chissà, con le forze dell’ordine, a portar via Tommaso che si è sempre saputo gli ambienti che bazzica ed uno come lui in scuole come questa non è visto affatto bene, una cazzata delle sue, senz’altro, e questa volta non gliela fanno passare liscia; Tommaso poi butta lì per provocare che verranno gli acchiappafantasmi per le voci che si sentono ogni tanto in aula ma un coro di va a caghér! lo zittiscono subito facendolo tornare alla sua lettura polverosa. Si aggiungono altre ipotesi di ogni genere e declinazione e più il tempo passa più diventano assurde e senza senso, mentre il sorriso di Renato occupa ormai metà della faccia solitamente accidiosa. Metà classe è ormai in preda ad una curiosità morbosa, quasi fisica, e comincia a inventarsi stereotipie di ogni tipo; l’altra metà freme in silenzio, logorandosi in silenzio. Solo Renato se la gode e continua a dondolarsi fischiettando un motivetto irregolare a tortura dei due gorilla spacciati per amici che gli siedono accanto, altrettanto se non maggiormente curiosi del resto della classe; anche Tommaso, a ben guardare, pare indifferente, arroccato su un passo di difficile interpretazione (purtroppo il titolo dell’opera non è dato a sapersi).
Un meccanismo perverso, a cui sembra non esserci rimedio, dilaga e strazia gli astanti, neanche lo sguardo arricciato da miope, della professoressa di greco sembra funzionare, questa volta. A squarciare la tela perversa, un verso rugginoso, quasi metallico, una secchiata a 32 gradi fahrenheit chiusa dal colpo secco di due tacchi spessi tre dita.
- AAAAAT-TENTÌ!
Sulla porta si staglia un uomo in divisa. Neanche tanto alto in verità ma terribilmente imponente. Mento squadrato, cranio rasato, postura rigida, sguardo ferino. Il viso glabro tranne per un mimetico paio di bianche sopracciglia si sposta ad osservare tutti i presenti alternando da Renato a Tommaso, tutte le gradazioni di severa curiosità e feroce disprezzo.
Il silenzio creato si fa più pesante, opprimente. Riempie ogni angolo e incatena ogni pensiero, perfino nella professoressa. Dopo un minuto carico di tragedia gli scarponi del tizio si muovono fino alla cattedra, dove viene depositato un fascicolo spesso due palmi.
- Buongiorno. - spara verso la classe attonita piantando i pugni sui fianchi.
- Pfff… sembra Totò in un film di guerra. - sussurra Melchiotti a Tommaso, che finge di non sentire.
- Ho detto BUONGIORNO! - cannoneggia fulminando i ragazzi. Il mormorio in risposta scatena un grido ancora più alto e l’imposizione ad alzarsi in piedi, quando salutati da un superiore.
-…cioè, da un adulto. - si corregge il maggiore ripiombando in un penetrante silenzio che riesce a mettere a disagio perfino Renato.
Passa un altro minuto e il maggiore riprende a parlare. – Come dicevo, buongiorno a voi gioventù dell’oggi, futuro della nazione! Sono il maggiore Morris, qui dinanzi a voi su precisa indicazione del ministero. Vi illustrerò celermente i nuovi crediti formativi curricolari entrati in vigore su scala nazionale da quest’anno dopo le sperimentazioni a livello regionale di quello precedente. Ci sono domande? Bene, nel caso, riservatele per la fine e che siano brevi. Non ho tempo da perdere, io. E nemmeno la vostra professoressa, vi aspetta una versione di greco, dopo. - sguardi d’odio verso Renato, non più così spavaldo come al solito, ma per un attimo, poi di nuovo verso i tratti lignei del maggiore.
- Giovani, per chi non lo sapesse viviamo in tempi difficili, duri e allarmanti. Il paese diventa ogni giorno più degradato, insicuro e pericolante, e sapete perché? Perché siamo in un costante pericolo di attacco. Su tutti i fronti! I nostri sacri confini e le nostre tradizioni vengono costantemente minati dall’interno e dall’esterno. Ci è stata data la tecnologia ed ogni mezzo per il sollazzo, per allontanarci dal sano cameratismo che contraddistingue ogni uomo e donna degno d’essere chiamato italiano! Ci si vuole rendere triste isole, frammentate, mentre il barbaro invasore s’insinua nel nostro tessuto sociale appropriandosene poco per volta, i-ne-so-ra-bil-men-te!!! Chi di voi sa cosa succede la sera per le strade? Chi di voi si rende conto dell’erosione a cui assistiamo giorno dopo giorno? Alle innumerevoli sofferenze che i nostri concittadini sono costretti a sopportare giorno dopo giorno e a cui lo Stato non può più far fronte come vorrebbe, per colpa di biechi figuri che trattano la politica come un mestiere qualunque, accusando, boicottando e calunniando chi, giorno dopo giorno, tanto s’adopera per il bene del suolo natio. Sì professoressa, lo so, non siam qui per fare politica, ma è giusto che i giovani sappiano, che si preparino, che comprendano quanto ci sia bisogno del loro agire per riprendere in mano le redini di questa povera Italia, ma non solo! anche di quella povera vita a cui andranno incontro se non faranno presto qualcosa, se resteranno fermi ed inermi davanti agli schermi dei loro computer e delle loro televisioni. Giovani, studenti, futuri uomini e donne italiani, i vostri compatrioti lombardi già da un anno stanno provando il corso “Allenati per la Vita”, un corso in cui le varie attività proposte permettono di avvicinare, in modo innovativo e coinvolgente, il mondo della scuola alla forze armate, alla protezione civile, alla croce rossa e ai gruppi volontari del soccorso tramite attività ludico-formative quali lo sparare con pistola ad aria compressa, il tiro con l’arco, l’arrampicata ed il confronto con percorsi ginnico-militari d’impronta rigorosamente appenninico-alpina che prevedono una gara pratica finale tra le diverse pattuglie di studenti. I vostri collegi e fratelli lombardi già da un anno praticano questo corso gagliardo e i risultati già si vedono sul campo: il tenore di vita è migliorato del 40% rispetto all’anno precedente, il Pil del 23% e il tasso d’ottimismo ben del 62%. Ma non è tutto, da quando le pattuglie, in primavera, sono state presenti sul territorio l’immigrazione clandestina è diminuita ben del 38% e con lo spaccio di droghe nelle strade, il degrado cittadino del 49% e l’incidenza di tumori ben del 87%! Lo so, dopo un solo anno è ancora presto per capire se sia tutto merito dei nostri corsi, a cui, vi ricordo, ha aderito con entusiasmo la maggior parte degli studenti. Perciò mi rivolgo a voi, nostro futuro, cosa volete fare? Rimanere con le mani in mano? Tu per esempio! – sbraitò indicando l’ormai cinereo Renato – sono sicuro che saresti un capo pattuglia fenomenale, abbiamo già tantissimi iscritti dagli istituti tecnici che necessitano delle vostre fresche menti per essere guidati alla gloria. Cosa aspettate dunque? È un’ occasione unica, irripetibile. In più, come previsto dal decreto 9846/bis approvato ieri sera in senato, l’adesione a tale gruppo faciliterà non solo la carriera liceale et universitaria ma perfino le possibili carriere nelle professioni future. Chi ama e risponde alla propria patria da questa sarà ricompensato. Ricordatevelo! –
Detto questo arpionò Renato per il colletto piazzandogli in mano il fascicolo di volantini da distribuire ai compagni.
- Veloce ragazzo, che la morte non aspetta. Ho già parlato con tuo padre che mi ha assicurato di poter contare su di te e sul tuo entusiasmo. Ci sono domande? - sbuffa al resto della classe con fiera esaltazione.
Tra lo sbigottimento generale si alzò una mano. Sia il maggiore che la professoressa avevano notato la febbrile attenzione e velocità con cui Tommaso aveva preso appunti durante la presentazione. Si era infatti segnato tutti i passaggi ritenuti poco chiari, le percentuali e statistiche allucinate e le inquietanti asserzioni che riteneva infrangere la legge 645/52. Scostato il ciuffo e piantati gli occhi in quelli gelidi del maggiore, stava per aprire bocca quando la professoressa gli aveva intimato di andare in presidenza senza fiatare, pena la sospensione, permettendo così al maggiore di uscire indisturbato da una classe messa al sicuro da domande spiacevoli.

Uscito di classe il maggiore venne accolto da un uomo azzimato, capelli bianchi, occhi incavati e cerchiati da troppe ore di sonno arretrato.
- Complimenti maggiore, ottimo discorso. Un po’troppo morbido, se mi permette. -
- Ci mancherebbe signore – disse chinando il capo – cercherò di essere più incisivo nelle prossime classi. –
Uno sguardo d’intesa e l’uomo in nero scendeva già le scale, diretto all’uscita. Tra il primo e il piano terra s’incrociò con un ragazzetto moro, dinoccolato, impegnato in una rapida telefonata da corridoio.
- Non puoi immaginare Albè, che cazzo di discorso ci ha fatto quel tizio! E gli altri imbecilli tutti ad ascoltarlo estasiati! Giusto Renato s’è cagato sotto, l’ha capita lui la solfa, non ne ha mezza il fighetto. Sì, sì, pura apologia ti dico, non puoi capi…-
Una mano secca a chiudergli il telefono, dietro, un ghigno giallastro. L’indice sulla bocca del ragazzo, deciso e pungente.
- Meglio star zitti, ti pare? – con fare mellifluo – Torna ben in classe e pensa a studiare invece. -
Il ragazzo rimase lì qualche minuto, poi tornò in classe.
Era l’unico a non aver ancora aderito al corso.

(Piccola storia ispirata dalla lettura di articoli come questo e questo.)

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