Poi vinse il divano. Penna e carta rimasero al loro posto e il suo nome, così complicato per orecchie zeppe d'occidentalità, finì nel dimenticatoio, lasciando qualche labile traccia di devo cercare... sotto soglia d'attenzione.
Fortunatamente quella presentazione non morì lì ed essere un autore di risonanza significa anche ridare voce a chi non ne ha più per forza di cose. Amplificarla, farle prendere il largo. Giudicarla no, non importa. Bastano un paio d'orecchie o d'occhi e la voglia di attivarli per far questo. Fattostà che girando in libreria mi cade l'occhio su questo nome in rosso Sozaboy e sul sottostante Saviano. Qualche movimento sinaptico e voilà, alla faccia del pigro dimenticatoio.
L'opera è particolare. Da una lato trascinate e vorticosa, dall altro di non facile lettura, visto lo stile arzigogolato e saltimbantico di scrittura (la traduzione dev'essere stata veramente pesante per il dicono ottimo Piangatelli) che fa parlare Mene, il sozaboy, in un candido creolo, quasi infantile nel suo sbilenco ragionare. Scritto in prima persona, salta e zooma da un tempo all'altro ponendo il lettore in situazioni da presa diretta, documentario ed antica reminescenza tra un capoverso, per non dire parola, e l'altro, ricreando il senso del casino totale della Nigeria '67/70. Come lettura non è leggera subito, a tratti frenetica, a tratti immobile e l'edizione italiana ha omesso il sottotilo d'avvertenza di quella originale: A Novel in rotten english. Non è solo l'uso della grammatica ma anche il lessico spiccio, le storpiature da pidgin del luogo, a sballottare il lettore da un tempo all'altro fino ad avere un senso d'eternità degli avvenimenti narrati. Si attraversano gli scenari della guerra del Biafra, delle nascenti corruzioni del delta del Niger, con lo sguardo ingenuo e troppo lontano dalle dinamiche di quella storia in cui si scopre intrappolato Mene.
Perciò, anche se la lettura a volte si fa incespicante, paerndo ripetitiva, la forza del libro in sè è unica, oggi come allora, 1985, anno di pubblicazione. Interessanti anche la prefazione e la postfazione, che permetteno a chi non mastichi liscio liscio di storia africana o di petrolstoria di comprendere meglio il periodo e lo spessore artistico ma sopratutto umano dell'autore.
Fortunatamente quella presentazione non morì lì ed essere un autore di risonanza significa anche ridare voce a chi non ne ha più per forza di cose. Amplificarla, farle prendere il largo. Giudicarla no, non importa. Bastano un paio d'orecchie o d'occhi e la voglia di attivarli per far questo. Fattostà che girando in libreria mi cade l'occhio su questo nome in rosso Sozaboy e sul sottostante Saviano. Qualche movimento sinaptico e voilà, alla faccia del pigro dimenticatoio.
L'opera è particolare. Da una lato trascinate e vorticosa, dall altro di non facile lettura, visto lo stile arzigogolato e saltimbantico di scrittura (la traduzione dev'essere stata veramente pesante per il dicono ottimo Piangatelli) che fa parlare Mene, il sozaboy, in un candido creolo, quasi infantile nel suo sbilenco ragionare. Scritto in prima persona, salta e zooma da un tempo all'altro ponendo il lettore in situazioni da presa diretta, documentario ed antica reminescenza tra un capoverso, per non dire parola, e l'altro, ricreando il senso del casino totale della Nigeria '67/70. Come lettura non è leggera subito, a tratti frenetica, a tratti immobile e l'edizione italiana ha omesso il sottotilo d'avvertenza di quella originale: A Novel in rotten english. Non è solo l'uso della grammatica ma anche il lessico spiccio, le storpiature da pidgin del luogo, a sballottare il lettore da un tempo all'altro fino ad avere un senso d'eternità degli avvenimenti narrati. Si attraversano gli scenari della guerra del Biafra, delle nascenti corruzioni del delta del Niger, con lo sguardo ingenuo e troppo lontano dalle dinamiche di quella storia in cui si scopre intrappolato Mene.
Perciò, anche se la lettura a volte si fa incespicante, paerndo ripetitiva, la forza del libro in sè è unica, oggi come allora, 1985, anno di pubblicazione. Interessanti anche la prefazione e la postfazione, che permetteno a chi non mastichi liscio liscio di storia africana o di petrolstoria di comprendere meglio il periodo e lo spessore artistico ma sopratutto umano dell'autore.
e se non bastasse la rabbia dopo la lettura... http://www.youtube.com/watch?v=sIn3Z54fi5Q
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grandissimo pezzo, li conoscevo solo di nome ma fanno un groove niente male, così come le rasioate nascoste nei testi.
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