Welsh è tornato al grande romanzo. Senz'ombra di dubbio.
Certo, le sue storie devono piacere per tematiche, ambientazioni ed espressioni, ma con "Crime" la "saga" su Edimburgo, i suoi quartieri e la sua gente, cresce e si arricchisce con una nuova brillante diramazione che ci riporta nelle file della polìs scozzese. Ray Lennox, già intravisto ne "Il lercio", getta un ponte tra la cosiddetta Atene del Nord e Miami, alle prese con un groviglio di traumi, ansie e drammi umani che si dipanano pagina dopo pagina, in uno squisito mix tra passato remoto, passato prossimo e presente.
La capacità che ha questo scrittore di fare percepire le situazioni in cui ci cala è ancora una volta impressionante. Bettole, stadi, cunicoli, strade soleggiate, non importa il dove perchè noi siamo lì con i suoi personaggi a respirare muffa e umidità, a tormentarci l'animo, a riprenderci da agordi sfrenati. Inoltre, rispetto all'ultimo romanzo, Welsh sfodera una narrativa incredibilmente matura, tanto cruda e spietata quanto suggestiva e raffinata. Il tutto scorre meravigliosamente, riuscendo a non essere mai banale. I suoi personaggi diventano sempre più tridimensionali e tangibili, fatti di carne, odori ed emozioni visibili.
Rispetto al Robbo, poliziotto corrotto, schiacciato dalle sue debolezze e dalle sue miserie, Lennox è un personaggio più umano e sfaccettato. Le parabole di questi due personaggi sono speculari. Del primo avevamo visto la caduta. Del secondo osserviamo la lenta risalita dagli inferi. Ne apprezziamo ogni drammatico sforzo. Guardiamo la strada con gli occhi di chi di solito la pattuglia e la sfrutta. Di chi non sempre riesce a proteggerla. Welsh, con quest'opera, rompe il clichè dello sbirro corrotto e/o gratuitamente violento e/o braccio armato del potere e/o tante altre cose più o meno brutte e lo tinge di una miriade di sfumature che fanno ripensare alla concezione pasoliniana dei celerini. Umanizza un altro lato oscura delle sua città natale toccando un argomento tanto conosciuto quanto ignorato come la pedofilia, che ci viene mostrata incastonata nella routine di ogni giorno. Le pagine scottano e chiedono di essere girate. La lettura è intensa e trascinante. Pregiudizio e profondità si prendono a botte per tutto il romanzo, in un viaggio/fuga dai mostri che ci circondano e che abbiamo dentro.
Notevole.
Certo, le sue storie devono piacere per tematiche, ambientazioni ed espressioni, ma con "Crime" la "saga" su Edimburgo, i suoi quartieri e la sua gente, cresce e si arricchisce con una nuova brillante diramazione che ci riporta nelle file della polìs scozzese. Ray Lennox, già intravisto ne "Il lercio", getta un ponte tra la cosiddetta Atene del Nord e Miami, alle prese con un groviglio di traumi, ansie e drammi umani che si dipanano pagina dopo pagina, in uno squisito mix tra passato remoto, passato prossimo e presente.
La capacità che ha questo scrittore di fare percepire le situazioni in cui ci cala è ancora una volta impressionante. Bettole, stadi, cunicoli, strade soleggiate, non importa il dove perchè noi siamo lì con i suoi personaggi a respirare muffa e umidità, a tormentarci l'animo, a riprenderci da agordi sfrenati. Inoltre, rispetto all'ultimo romanzo, Welsh sfodera una narrativa incredibilmente matura, tanto cruda e spietata quanto suggestiva e raffinata. Il tutto scorre meravigliosamente, riuscendo a non essere mai banale. I suoi personaggi diventano sempre più tridimensionali e tangibili, fatti di carne, odori ed emozioni visibili.
Rispetto al Robbo, poliziotto corrotto, schiacciato dalle sue debolezze e dalle sue miserie, Lennox è un personaggio più umano e sfaccettato. Le parabole di questi due personaggi sono speculari. Del primo avevamo visto la caduta. Del secondo osserviamo la lenta risalita dagli inferi. Ne apprezziamo ogni drammatico sforzo. Guardiamo la strada con gli occhi di chi di solito la pattuglia e la sfrutta. Di chi non sempre riesce a proteggerla. Welsh, con quest'opera, rompe il clichè dello sbirro corrotto e/o gratuitamente violento e/o braccio armato del potere e/o tante altre cose più o meno brutte e lo tinge di una miriade di sfumature che fanno ripensare alla concezione pasoliniana dei celerini. Umanizza un altro lato oscura delle sua città natale toccando un argomento tanto conosciuto quanto ignorato come la pedofilia, che ci viene mostrata incastonata nella routine di ogni giorno. Le pagine scottano e chiedono di essere girate. La lettura è intensa e trascinante. Pregiudizio e profondità si prendono a botte per tutto il romanzo, in un viaggio/fuga dai mostri che ci circondano e che abbiamo dentro.
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