venerdì 4 febbraio 2011

"Drood" di Dan Simmons

Quando qualcosa (che sia libro, film o qualsivoglia altra forma espressiva) viene pubblicizzato all'eccesso, come straordinaria rivelazione, c'è sempre il rischio che, sotto sotto, non rispetti le aspettative che le strombazzate varie creano in chi vi si accosta.
Il discorso non vale per questo libro. Almeno in parte.
Se da un lato il romanzo pulsa di vita propria e di uno stile narrativo che ben si confà allo svolgimento della storia, dall'altro proprio quest'ultimo tende a farsi un po' macchinoso in certi tratti, appesantendo una lettura altrimenti piacevole (è pur vero che lo stile utilizzato deve rifarsi a quello ottocentesco ma alla lunga, c'è il rischio di stancarsi). Ma andiamo con ordine.
Se si vuole leggere questa storia si deve essere consapevoli che per prima cosa si tratta di un romanzo storico ambientato nella Londra vittoriana, seconda metà del XIX secolo. Per tutte le oltre ottocento pagine si frugano gli ultimi cinque anni di vita di Charles Dickens, l'Inimitabile,  tramite lo sguardo al contempo rancoroso e ammirato, di un oscurato da gotta, oppiacei e deliri più o meno mesmerici Wilkie Collins, suo contemporaneo scrittore/amico/rivale . Oltre a ciò è anche un thriller che compie evoluzioni funaboliche sull'limite dell'horror e un tentativo di soluzione al mistero incompiuto di Dickens, da cui il romanzo trae il titolo.
Eppure l'orrore non viene solamente dal personaggio misterioso (Drood) e dagli avvenimenti dall'aspetto paranormale che circondano lui e un narratore sempre più preda di cupe ossessioni e vuoti di memoria. L'orrore di questa storia, quello che come in molti romanzi dell'epoca buca letteralmente le pagine, deriva dalla minuziosa descrizione di luoghi, suoni ed odori dei più miseri vicoli e tuguri londinesi, così come delle condizioni di vita generali di solo un secolo e mezzo fa. Nel quarto capitolo Simmons si lancia in una descrizione del fetore di Londra in estate, delle sue fogne, dei suoi rifiuti, dei suoi cimiteri, da far accapponare la pelle. Cito un esempio:
Decine di migliaia di cittadini dormivano sotto i porticati o sui balconi, sperando nella pioggia. Ma quando finalmente arrivò, fu una specie di doccia calda che altro non fece se non aggiungere uno strato bagnato alla calura. Luglio si depositò sulla città, quell'estate, come una pesante e umida coltre di carne putrefatta.
Questo è solo un passaggio, ma per tutto lo scorrere della trama la violenza climatica e sensoriale della città si farà sentire senza dare tregua.
E non è l'unico particolare ottimamente ricostruito dall'autore. Tra le righe sono incastonati tantissimi richiami alle piccole abitudini dell'epoca (in particolare della medio-alta borghesia) che rendono il tutto un lavoro estremamente minuzioso e suggestivo.


Così come il carattere vulcanico di Dickens, i cui ultimi cinque anni di vita vengono descritti in modo magistrale. Abitudini, vezzi, orgoglio. Debolezze, manie, insofferenze e indifferenze. La ricostruzione dell'Inimitabile (termine con cui, ci viene detto, amava farsi chiamare) è frutto di un enorme lavoro di studio, come dimostra la bibliografia consultata dall'autore. E si vede.
Nonostante sia sempre descritto in terza persona e non monopolizzi ogni scena, la sua presenza è tale da riempire ogni interlinea. Un Dickens a fine carriera, sempre più cagionevole di salute, alle prese con gli strascichi del terribile incidente di cui si ritrovò protagonista nel 1865; lanciato nella sperimentazione di una nuova forma d'arte che miscela lettura, recitazione e mesmerismo. Talmente traboccante di vita da lanciarsi a testa bassa nella propria autodistruzione fisica. La descrizione che fuoriesce è a tuttotondo. Focalizzata sia sui tratti geniali del personaggio che su quelli più gretti e fastidiosi.
La descrizione delle varie persone che gli ruotarono intorno (amici, amante, familiari) permette ancor di più di immedesimarsi nel salto indietro nel tempo che Simmons ci concede.

E il mistero dietro a Drood?
Su questo non voglio troppo spoilerare. Per tutto il romanzo saremo portati a chiederci se tutto ciò che accade di macabro e paranormale sia frutto di creatività e pazzia, allucinazioni da oppio o di raccapricianti poteri conservati per millenni. O di un mix malsano di tutti questi ingredienti.
La figura di Drood, figuro senza età orribilmente sfregiato e in grado di valicare ogni confine, è inquietante e diabolica. Tormenta il narratore con ritmo incalzante, portando chi lege a dubitare di continuo su quale possa essere la sua reale essenza.
Quando viene rivelato, la spiegazione può apparire scontata, ma chi legge non deve mai dimenticare che a parlare è Wilkie Collins: scrittore, tossico, visionario. Ossessionato da Dickens e dal suo talento, umano oltre che letterario. Alla fine, è lui a strabordare più di tutti e a lasciare in chi non l'ha mai letto (come me) la curiosità di inoltrarsi in una sua storia.

E' una lettura che consiglio, più che per l'intreccio intorno a Drood (che rimane comunque gradevole) per la ricostruzione storica di Londra e per quella biografica dei due autori. Lo stire narrativo ondivago e ottocentesco, inoltre, procede verso la conclusione permettendosi salti temporali sulle vite di Dickens e Collins od ottime digressioni critiche sul corpus letterario degli stessi (alcune analisi degli stili o dei romanzi, per quanto wilkiezzate, sono estremamente profonde) che tranciano di netto scene tese e cariche di aspettative, lasciando chi legge ancor più impossibilitato a chiudere il libro.
L'unica pecca è la commistione di generi così marcata. Se da un lato permette, finita la lettura, di cogliere ancor più sfumature riguardo agli avvenimenti, ai personaggi e all'animo umano, dall'altro rischia di fare dallontanre chi si aspetti una lettura rapida e lineare.  
Drood è come le viscere di Londra, puzza prima di essere affascinante. Ci si deve muovere come nei più bui cunicoli del sottosuolo, senza fretta e con estrema attenzione per i particolari. Altrimenti si rischia di cadere o di non cogliore i svariati, piacevolissimi, aspetti che ne costellano ogni tratto.

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