lunedì 11 ottobre 2010

"Niran Sadiqa" (Se non fossi egiziano) di 'Ala-al-Aswani

Ultimamente sento una forte curiosità per le storie provenienti dall'Africa, le sue varie voci. E la selezione messa a disposizione al festival di Internazionale a Ferrara non poteva essere più appagante. Una buona dozzina di titoli segnati ed un paio di libri in saccoccia. Tra cui questa raccolta di racconti di 'Ala-al-Aswani che mi aveva incuriosito già dalla quarta di copertina che la definiva una raccolta rimasta a lungo inedita perchè vietata da un anonimo burocrate del governo di Mubarak. Approfondendo l'aletta si viene a conoscenza che l'autore fa un ritrattro impietoso e sarcastico dell'Egitto di oggi.
Vero.
In duecento pagine e poco più sono contenuti diciassette racconti velati di una poetica che dispiace non poter gustare in lingua madre, ma tant'è. Nel complesso il lavoro non è male, niente di eccezionale per carità, ma a volte in poche pagine riesce a racchiudere suggestioni vividissime ed avvolgenti. Altri racconti sono invece crudi e diretti, senza carezzevoli lieto fine dietro l'angolo, cinici e senza spiegazioni o zuccherini per la buona notte. Si percepisce un raccontare di cose vissute, forse autobiografiche ma a volte ridonda un po', perde di sugo, dando storie anche sciape, vacue.
Non un libro imperdibile, insomma, ma comunque piacevole, ben spendibile anche in bagno in letture mordi e fuggi.
Un aspetto colpisce e tanto. Nella prefazione l'autore si dilunga in una spiegazione, un mani avanti riguardo al primo racconto (I quaderni di 'Issam 'Abd al-'Ati), quello che è costato la censura. Si lancia in uno scricchiolante parallelismo tra la prima cinematografia in cui gli spettatori fuggivano da treni in arrivo e la narrativa, avvertendoci che quello che andremo a vedere non è reale, non pericoloso. Sottolineando il suo non essere responsabie verso le opinioni ed espressioni dei suoi personaggi.
Insomma, per pubblicare il libro e non avere problemi di sorta con le autorità del proprio paese ha dovuto rinnegare le voci date ai propri personaggi, quasi fossero capitate lì per caso. E questo, nonostante possa capire le pressioni subite e i pericoli a cui persino uno scrittore può andare incontro (ci sono molti parallelismi tra l'egitto di sei anni fa e l'odiena Italia), risulta iparecchio fastidioso.
La critica mossagli riguarda un personaggio fortemente ostile alla mentaltà, agli usi ed alla società egiziana, descritta come meschina, livorosa, infame ed altre particolarità non così rosee. L'accusa mossagli era di essere abbagliato dall'Occidente e di questi tempi discorsi di questo tipo impelagano in cul-de-sac senza fine, ma se una storia viene scritta un motivo ci sarà. Un autore non potrà mai pensarla come tutti i suoi personaggi; certamente possono esserne creati di intriganti e complessi con la sola finalità di criticarli. Va bene dire di non pensarla in quel modo (sia per proteggersi sia perchè vero), ma perchè deresponsabilizzarsi?
E' così difficile per dei lettori capire la differenza tra opinioni del personaggio e dell'autore?
Può darsi, ma un autore dovrebbe comunque non doversi trovare nella condizione di celare la propria, di lasciarla in una bottiglia e chi la piglia la piglia.
Ad ogni modo, il libro non è male e, a prescindere dalla piacevolezza che possono o meno avere le storie, tratta argomenti spinosi e interessanti.
Anche al di fuori delle stesse pagine.

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