domenica 17 aprile 2011

Jung non è un personaggio fantasy

Leggendo "Jung e la creazione della psicologia moderna - Il sogno di una scienza" mi sono tornati alla mente gli anni dell'università ed in particolare l'esame di "Storia della psicologia" (3CFU). Trenta domande chiuse, stile esame teorico della patente, per verificare se avessimo tutti ben capito quale fosse la vera storia della vera psicologia. Si accennava a Freud (come evitarlo?) per poi deviare con immediatezza sulle illuminanti scoperte regalate all'umanità dalla Scienza psicologica con la esse maiuscola: il comportamentismo prima e il cognitivismo poi. Lì per lì feci appena caso al fatto che un riassunto sbrigativo e raffazzonato di una delle diramazioni di questa disciplina così complessa ci venisse spacciato come sufficiente a comprenderne l'evoluzioni. Sembrava la tipica cattreda-regalo dalle finalità più nepotistiche che accademiche, una farcitura di crediti un tanto al chilo nel pacchetto totale per ottenere il primo pezzo di carta d'alloro.
Col passare del tempo, approfondito maggiormente l'argomento, mi sono accorto che quello di cui ero stato testimone era una tra le tante avvisaglie della guerra intestina al mondo della psicologia, in particolare di quella clinica. Un piccolo sintomo della tendenza universitaria ad incanalare i percorsi di studio entro un unico filone (o meglio, a pochi, selezionati, argomenti), a sviluppare una visione non cieca ma ad imbuto, inconsapevole della molteplicità di punti di vista che servono per affrontare un campo tanto delicato come questo.

Mi rendo conto che parlare di questa/e disciplina/e senza cadere in amorfe rimasticazioni appiccicaticce sia un compito arduo. Questa scienza "spuria" è composta da una tale vastità di sfaccettature che, nelle sue infinite diramazioni, guerre fratricide, avanguardie, settarismi e via andare, può diventare perfino difficile trovarsi d'accordo su cosa essa sia. Figuriamoci le varie contraddizioni che, soprattutto in ambito clinico et similia, la popolano.
Questa caoticità è in buona parte dovuta al suo ritrovarsi esattamente a metà tra le scienze "naturali" e quelle umanistiche, con la necessità sempre più urgente (anche, o soprattutto, per fattori economici, di sopravvivenza) di essere riconosciuta e accettata dalle prime, più altezzose e idealisticamente a prova d'errore. Per questo motivo la ricerca si spinge ostinata verso studi e sperimentazioni che diano risultati validi e insindacabili.  Che svelino il funzionamento del cervello, della psiche umana (e già, con questo termine, ci si trova davanti ad una serie di scenari non indifferente) e trovino le modalità esatte per approcciarsi alla sua cura, al raggiungimento o mantenimento del suo benessere. Il pacchetto completo insomma, da applicare ad un target il più vasto possibile. Il tutto scomponendo, dissezionando, standardizzando ogni minimo aspetto di un essere che è, prima di tutto, una singolarità. [Riguardo alle varie forme di terapia si potrebbero aprire una serie di parentesi sui rapporti conflittuali, i reciproci complessi d'inferiorità/superiorità e le diverse lobby del settore. Dal mondo della psicofarmacologia a quello delle varie forme di psicoterapia; scenari altamente tossici ed elitari. Niente di nuovo, lo so, ma prima o poi sarebbe bello parlarne in maniera più approfondita.]
Con questo discorso non intendo certo parlar male della ricerca, delle varie sperimentazioni e tentativi di comprendere sempre di più il funzionamento e i misteri che ci caratterizzano e ci accomunano, solo un ottuso oscurantista oltranzista potrebbe negare le importantissime scoperte fatte in quest'area nell'ultimo secolo. Semplicemente ritengo che, per quanto si scandagli, si parcellizzi o quantifichi, trovare una regola aurea, universale e assoluta, un'operazione di aggiustamento ortopedico del corpo o del pensiero del soggetto (...) come una riabilitazione (...) alla normalità (citazione da questo libro) sia estremamente difficile, se non impossibile.

Immagino che chi legge possa chiedersi in tutto questo Jung cosa c'entri.
C'entra eccome, proprio perché, tra gli autori dei secoli scorsi, è stato tra i più discussi, chiaccherati, distorti e mistificati. Oltre che amati ed odiati.
I suoi fan più accaniti, i suoi "seguaci" ed adoratori ne hanno fatto un'icona. Un idolo precursore della New Age, un illuminato dalle qualità quasi sciamaniche, faro dell'esoterismo mondiale, dell'occultismo che porta alla strada "buia" verso la conoscenza, l'esistenza ed il benessere. Insomma, la raffigurazione stessa di un'elite dentro un'elite. Per motivazioni analoghe, i suoi detrattori gli si sono ripetutamente scagliati addosso, etichettandolo come un personaggio farneticante, ascientifico, di cui poter considerare solo alcune idee e teorie.
Alla fin fine sembra che, pur da punti di vista diametralmente opposti, il vecchio Carl Gustav appaia come niente più che un vecchio stregone uscito da una saga fantasy, le cui oscure conoscenze e qualità siano apprezzabili solo per i cultori del genere.
Come può un autore portare ad una tale molteplicità di interpretazioni ed etichettature? Una serie così consistente di lanci a vuoto, travisazioni e forzature rischia di far perdere di vista, al di là degli aspetti più particolari e legati alla sua epoca, il nocciolo del suo pensiero. La parte fondamentale che lo porta ad essere ancor oggi estremamente attuale. O perlomeno, una voce da ascoltare e su cui ragionare.

Nel volume curato da Sonu Shamdasani non si trovano risposte precise sulla sua figura e sulle sue teorie. Per quanto si parli di lui, non si vuole dare nessuna interpretazione insindacabile, riassunto ipercondensato, o difesa a spada tratta (non eccessiva e lamentosa, almeno) del suo pensiero. La forza di questo libro sta nel cercare di costruire il periodo in cui è nata la psicologia, come il pensiero e una determinata modalità di guardare all'essere umano ed alle sue manifestazioni attraversava le varie discipline scientifiche.

A seguito della premessa della spinta di fondo che muoveva molti studiosi dell'epoca, realizzare una scienza che facesse da base per la sintesi o il punto d'incontro di tutto lo scibile, il libro si suddivide in quattro macro aree che ricostruisce da un punto di vista storico/filosofico/scientifico. Dalla constatazione dell'inconciliabilità tra universale e individuale (o tra statistica ed eccezioni) e della necessità di considerare il fattore equazione personale,
tanto più cresce la pretesa [di una teoria] a una validità universale, tanto meno essa è in grado di rendere giustizia alle realtà individuali (p. 126);
per passare poi ad un approfondimento degli studi che riguardavano sonno e veglia (nati due secoli prima del XIX secolo da autori cone Descartes, Borsch, Mendelssohn, Stewart o Volkelt) ed a come portarono a teorizzare l'inconscio; alla necessità di un incontro tra corpo e mente (capitolo in cui viene mostrato con grande chiarezza come biologia, filosofia e psicologia si siano inevitabilmente intrecciate nel tempo);  per giungere alla nascita delle scienze umane che dallo studio dell'individuo si sono aperte a quello delle società, delle masse e delle loro modifiche nel corso del tempo, della tracce di antico nel moderno (parte in cui viene spiegato con grande chiarezza il concetto di rappresentazioni collettive e le loro implicazioni sulla persona, prima, e sulla società poi).
Il pregio di questo volume sta nel riuscire a ricostruire con grande chiarezza i vari fattori che hanno portato allo sviluppo della psicologia, a guardare con occhi diversi a quei personaggi che hanno resistito più a lungo nel tempo, anche grazie veri e propri travisazioni storiche (su Freud, per esempio, consiglio "Assalto alla verità" di Jeffrey Masson). Oltre a ciò, guardandolo con gli occhi di un possibile studente che inizia un percorso di psicologia, è molto divertente e istruttiva l'attenzione che viene posta sull'aspetto più discutibile delle varie discipline medico-riabilitative, quello messianico che contraddistingue determinate ortodossie della comunità scientifica, in cui, già più di un secolo fa, si litigava su chi fosse da riconoscere come il "genitore" di determinate teorie o scoperte o quale fosse la migliore tra esse. Tutti aspetti che mostrano come:
l'assolutismo e la pretesa totalitaria di ciascuna scuola era la compensazione di un'incertezza interna (...) le dispute erano diventate esattamente come quelle tra i teologi (p. 186)
Un ottima lettura che spezza la credenza comune della psicologia come disciplina "nata dal nulla" o dall'illuminazione di pochi eletti invece che "figlia" dello spirito dei tempi, della tensione e direzione che il pensiero stava prendendo tra XIX e XX secolo e che si conclude con una testimonianza su Jung su cui adoratori, oppositori e addetti ai lavori di ogni genere dovrebbero comunque riflettere:
Non voglio che nessuno sia junghiano. Voglio che le persone siano se stesse. Quanto agli "ismi", sono i virus dei giorni nostri, responsabili di disastri più gravi di qualsiasi pestilenza medievale o di qualsiasi epidemia ci sia mai stata. Dovessi ritrovarmi un giorno ad aver creato soltanto un altro "ismo", avrei fallito tutto ciò che ho tentato di fare.

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