
Col passare del tempo, approfondito maggiormente l'argomento, mi sono accorto che quello di cui ero stato testimone era una tra le tante avvisaglie della guerra intestina al mondo della psicologia, in particolare di quella clinica. Un piccolo sintomo della tendenza universitaria ad incanalare i percorsi di studio entro un unico filone (o meglio, a pochi, selezionati, argomenti), a sviluppare una visione non cieca ma ad imbuto, inconsapevole della molteplicità di punti di vista che servono per affrontare un campo tanto delicato come questo.
Mi rendo conto che parlare di questa/e disciplina/e senza cadere in amorfe rimasticazioni appiccicaticce sia un compito arduo. Questa scienza "spuria" è composta da una tale vastità di sfaccettature che, nelle sue infinite diramazioni, guerre fratricide, avanguardie, settarismi e via andare, può diventare perfino difficile trovarsi d'accordo su cosa essa sia. Figuriamoci le varie contraddizioni che, soprattutto in ambito clinico et similia, la popolano.

Con questo discorso non intendo certo parlar male della ricerca, delle varie sperimentazioni e tentativi di comprendere sempre di più il funzionamento e i misteri che ci caratterizzano e ci accomunano, solo un ottuso oscurantista oltranzista potrebbe negare le importantissime scoperte fatte in quest'area nell'ultimo secolo. Semplicemente ritengo che, per quanto si scandagli, si parcellizzi o quantifichi, trovare una regola aurea, universale e assoluta, un'operazione di aggiustamento ortopedico del corpo o del pensiero del soggetto (...) come una riabilitazione (...) alla normalità (citazione da questo libro) sia estremamente difficile, se non impossibile.
Immagino che chi legge possa chiedersi in tutto questo Jung cosa c'entri.
C'entra eccome, proprio perché, tra gli autori dei secoli scorsi, è stato tra i più discussi, chiaccherati, distorti e mistificati. Oltre che amati ed odiati.

Alla fin fine sembra che, pur da punti di vista diametralmente opposti, il vecchio Carl Gustav appaia come niente più che un vecchio stregone uscito da una saga fantasy, le cui oscure conoscenze e qualità siano apprezzabili solo per i cultori del genere.
Come può un autore portare ad una tale molteplicità di interpretazioni ed etichettature? Una serie così consistente di lanci a vuoto, travisazioni e forzature rischia di far perdere di vista, al di là degli aspetti più particolari e legati alla sua epoca, il nocciolo del suo pensiero. La parte fondamentale che lo porta ad essere ancor oggi estremamente attuale. O perlomeno, una voce da ascoltare e su cui ragionare.

A seguito della premessa della spinta di fondo che muoveva molti studiosi dell'epoca, realizzare una scienza che facesse da base per la sintesi o il punto d'incontro di tutto lo scibile, il libro si suddivide in quattro macro aree che ricostruisce da un punto di vista storico/filosofico/scientifico. Dalla constatazione dell'inconciliabilità tra universale e individuale (o tra statistica ed eccezioni) e della necessità di considerare il fattore equazione personale,
tanto più cresce la pretesa [di una teoria] a una validità universale, tanto meno essa è in grado di rendere giustizia alle realtà individuali (p. 126);per passare poi ad un approfondimento degli studi che riguardavano sonno e veglia (nati due secoli prima del XIX secolo da autori cone Descartes, Borsch, Mendelssohn, Stewart o Volkelt) ed a come portarono a teorizzare l'inconscio; alla necessità di un incontro tra corpo e mente (capitolo in cui viene mostrato con grande chiarezza come biologia, filosofia e psicologia si siano inevitabilmente intrecciate nel tempo); per giungere alla nascita delle scienze umane che dallo studio dell'individuo si sono aperte a quello delle società, delle masse e delle loro modifiche nel corso del tempo, della tracce di antico nel moderno (parte in cui viene spiegato con grande chiarezza il concetto di rappresentazioni collettive e le loro implicazioni sulla persona, prima, e sulla società poi).
Il pregio di questo volume sta nel riuscire a ricostruire con grande chiarezza i vari fattori che hanno portato allo sviluppo della psicologia, a guardare con occhi diversi a quei personaggi che hanno resistito più a lungo nel tempo, anche grazie veri e propri travisazioni storiche (su Freud, per esempio, consiglio "Assalto alla verità" di Jeffrey Masson). Oltre a ciò, guardandolo con gli occhi di un possibile studente che inizia un percorso di psicologia, è molto divertente e istruttiva l'attenzione che viene posta sull'aspetto più discutibile delle varie discipline medico-riabilitative, quello messianico che contraddistingue determinate ortodossie della comunità scientifica, in cui, già più di un secolo fa, si litigava su chi fosse da riconoscere come il "genitore" di determinate teorie o scoperte o quale fosse la migliore tra esse. Tutti aspetti che mostrano come:
l'assolutismo e la pretesa totalitaria di ciascuna scuola era la compensazione di un'incertezza interna (...) le dispute erano diventate esattamente come quelle tra i teologi (p. 186)Un ottima lettura che spezza la credenza comune della psicologia come disciplina "nata dal nulla" o dall'illuminazione di pochi eletti invece che "figlia" dello spirito dei tempi, della tensione e direzione che il pensiero stava prendendo tra XIX e XX secolo e che si conclude con una testimonianza su Jung su cui adoratori, oppositori e addetti ai lavori di ogni genere dovrebbero comunque riflettere:
Non voglio che nessuno sia junghiano. Voglio che le persone siano se stesse. Quanto agli "ismi", sono i virus dei giorni nostri, responsabili di disastri più gravi di qualsiasi pestilenza medievale o di qualsiasi epidemia ci sia mai stata. Dovessi ritrovarmi un giorno ad aver creato soltanto un altro "ismo", avrei fallito tutto ciò che ho tentato di fare.
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