A Bologna ha retto sette giorni.
Non un minuto di più.
Non credo abbia avuto miglior sorte nel resto della penisola.
Dodici copie restano dodici copie.
Purtroppo alcuni di essi, per non parlare di certi argomenti, rimangono (o si vuole rimangano) un tabù per le folle. Impossibile anche solo pensare di parlarne, figuriamoci metterli in discussione. Mettersi in discussione. Troppo complicato, doloroso, per non dire pericoloso (per chi lo sarebbe è tutta un'altra questione).
Già, perchè questo non è un film sulla Madonna ed il bambin Gesù come è stato detto per invogliare all'assenteismo atei e credenti ultraortodossi.
E' ben altro.
Parla di genitorialità, della condizione femminile, di cultura e scienza (del loro incontro) e dei tanti modi in cui ognuna di esse possa diventare ingrediante di rivoluzioni.
Sociali, umanitarie, esistenziali.
Difficile, o forse solo complesso, analizzare o parlare distintamente di ognuno di essi, con una sola visione dietro le retine che rivendica nuove visioni.
Posso provare, ma in (dis)ordine sparso.
Tutta la storia si svolge attorno e grazie a figure femminili forti e con alle spalle una sinfonia generazionale (da Anna a Maria per culminare in Gesù) tale da scavalcare l'ottusa attitudine a piegarsi alle usanze di una società rigidamente patriarcale e violenta, in cui si confonde (o si preferisce muovere) la paura con il rispetto.
Una società che si rispecchia (in buona parte) nella figura esclusivamente verticale di Mardocheo, il fratello di Giuseppe, in cui è il reiterarsi della violenza da una generazione all'altra, la sua accettazione data dall'abitudine, dall' "è sempre stato così", a creare significato. Tanto in un rito religioso come la circoncisione (a cui Maria si ribella dicendo al marito: "Vuoi fare a lui (Gesù) quello che è stato fatto a te?") quanto nel sistema politico, in cui conta esclusivamente il luogo o "ceppo" di nascita e la sua influenza, il suo potere del momento.
Una società in cui domina il verticale è composta da persone incapaci di guardare al di là dei propri piedi. Al di là di sè.
Un arciplago di monadi cieche, le cui conseguenze non riguardano soltanto la sfera sociale ma perfino quella più intima e privata della propria casa. Essere genitori in questo modo, significa perdere di vista le necessità e le potenzialità del proprio figlio, costringerlo a fare i conti con lo specchio opaco di quelle dell'adulto; un uroborico rinnovarsi di uno stesso motivo dalle variazioni sottili.
Maria si trova immersa in una società di questo tipo, in cui la donna è socialmente disprezzata, ritenuta impura, inferiore (come si evince, per esempio, dalle scene/citazioni del Levitico 12 e 15:25), buona solo per mettere al mondo figli da crescere nel modo impostole e per stare dietro alle faccende di casa.
Nel film questa concatenazione di "abbassare il capo", che sembra trovarsi d'accordo solo sul ruolo in cui relegare le donne, è lampante. Maria lo esplicita parandone a Gesù, spiegandogli che le donne possono "far molto" solo all'interno delle mura di casa.
Frase solo apparentemente arrendevole, in cui è celato il messaggio per niente scontato della capacità rivoluzionaria che ha ogni madre (e in un'ottica più ampia, ogni genitore), di far crescere i propri figli, il futuro, in maniera diversa rispetto alle imposizioni sociali ed alle sue reiterazioni. Non è sola nell'accompagnare lo sviluppo prodigioso di Gesù, che può divenire tale anche grazie all'uomo che le sta accanto.
Nel film Giuseppe compie un'evoluzione interessante. Da padre "evirato", che va avanti giorno dopo giorno accettando con rassegnazione ciò che circonda lui e i propri figli, diviene Padre, capace di una verticalità che si erge senza calare su chi gli è accanto, che non sopprime l'orizzontalità materna, ma ad essa si integra. Cambiano la postura e lo sguardo, il suo modo d'interagire con il prossimo e di seguire il proprio figlio che scopre il mondo e ne analizza le ipocrisie (esemplare la scena in cui il "matto" del villaggio viene scacciato pure dalla sinagoga col falso pretesto di una legge divina).
La sacra Famiglia come possibile esempio di cambiamento, di scardinamento dello staus quo dovuto all'incendio nato da tante scintille domestiche (qualcosa di cui, in altri termini, si è già trattato anche qui) o, perchè no?, scolastiche (su quest'aspetto, può essere interessante ascoltare un po' questo).
Forse. Certamente è un discorso complesso, da applicare ad una società molto più complessa di quella mostrata dal film. Sicuramente mi scordo qualcosa ma, vista l'intensità della visione, sarebbe bello non rinchiudere il discorso in questi pochi byte. Multidirezionarlo.
Ma bisogna aspettare il dvd. E chissà se sarà la stessa cosa.
Nel buio della sala, con le poche persone intorno, si percepiva un nonsochè di elettrico, che non so se la visione tv, più intima, riuscirà a ricreare.
Per ora è come ha detto dal regista qui:
Purtroppo hanno vinto loro. Il popolo dei “chisssenefrega della Madonna”, unito a quello dei credenti a cui non interessa ragionare, ma solo vedersi confermati (benché il film non contraddica nessuno degli assunti dottrinali della Fede cristiana), ha disertato le sale. Non lo ha bocciato dopo averlo visto: non è semplicemente andato a vederlo.
La logica del mercato non conosce eccezioni: Io sono con te è destinato a rimanere una meteora, con buona pace di chi non vuole che certi testi vengano realizzati, di chi si lamenta del Pensiero Unico o dell’appiattimento culturale. Altrui, mai il proprio.
E’ perciò importante, per noi, in questo momento storico, prestare attenzione a tutte quelle “voci” che tentano di offrire una nuova visione dell’uomo, e in questo senso è proprio dal versante cinematografico che è giunta una gradita sorpresa: il film di Guido Chiesa intitolato “Io sono con te”, premiato al festival internazionale del film di Roma.
RispondiEliminaIl film racconta della vicenda evangelica della natività e dell’infanzia di Gesù, in chiave sostanzialmente antropologica, attraverso il rapporto madre-figlio, dove la figura di Maria è preminente rispetto a quella di Gesù, ed è costante fonte di ispirazione e di innovazione culturale, non solo per il figlio, ma anche per tutto il contesto storico di riferimento, a cominciare dallo stesso Giuseppe, il quale, per nulla figura marginale o di mero supporto alla vicenda di Maria e Gesù, vive in prima persona, da co-protagonista, il "trapasso" dalle costrizioni della "legge" alla libertà dei figli di Dio.
Giuseppe, ancorché inizialmente frastornato, combattuto, smarrito, rispetto al "mistero" che entrava nella sua vita e nella Storia, e pur non comprendendo fino in fondo tale mistero, ha scelto di amare e di proteggere la sua "sacra" famiglia, lasciandosi progressivamente "plasmare" da quella stessa rivelazione che avrebbe poi squarciato il "velo del Tempio".
In questo film, molto bello anche dal punto di vista della narrazione e dell’ambientazione storica, abbiamo riscontrato delle attinenze con la visione di Angela Volpini, soprattutto in quelle scene dove emerge chiaramente il grado di autonomia e di libertà che madre e figlio si sono reciprocamente dati.
Ciò ha permesso alla madre di “tentare”, con dolcezza e fermezza, di “rompere” i paradigmi culturali di quel contesto storico, e al figlio di crescere sicuro e fiducioso nelle proprie possibilità, incoraggiato da una madre che, avendo “conosciuto” il suo “inizio” divino, poteva offrire al figlio e al mondo un destino altrettanto divino.
Questa è la nostra riflessione sul film; l'abbiamo pubblicata qui, nella sezione "eventi", anche se l'evento (perché di evento si tratta) non riguarda direttamente Angela Volpini, pertanto, poiché si tratta di un'operazione culturale di grande valore, ve la segnaliamo e vi invitiamo a vedere il film.
Luciano Era
(Associazione Famigliare Nova Cana)
tratto dal sito:
http://www.angelavolpini.it/it/guido-chiesa.htm
Grazie per la condivisione. Fa sempre piacere confrontarsi con punti di vista "altri" e poter conoscere testimonianze e storie come quella di Angela.
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