lunedì 15 novembre 2010

L'ippodromo della cultura

Per chi non lo sapesse la cultura non si mangia. Storie, racconti, poesie, composizioni, lungo e cortometraggi, dipinti, sculture, installazioni. Libri (a meno che non siate roditori dalla cinghia stretta).
L'ha detto Tremonti, il ministro dei tagli intelligenti, tanto cinico e taccagno in pubblico quanto generoso in privato.
Ma si sa, in tempi di crisi non si può pretendere di rimanere con tutti i servizi e le comodità a cui ci si era abituati in passato, nella cultura come nel sociale. Dobbiamo abituarci all'idea di fare sacrifici, di uscire meno ma in modo intelligente. Magari per cosumare, così l'economia gira e siam tutti felici. Certe tasche in modo particolare.
Scherzi a parte, è un periodo strano, questo che stiamo vivendo. Che sto vivendo.
Sento fermento intorno (e non è che giri molto, eh), una necessità sempre più urgente e bruciante di cambiamento. Nel sociale come nelle individualità (non poche, devo dire).
Lo si può percepire da discussioni ricche e brillanti come questa, da discorsi che paiono antichi ma non sono poi così lontani, dal bisogno di pensare, fare luce, collegare.
Ieri sera, per esempio, c'è stato un incontro qua a Bologna al Centro di documentazione "Il Cassero" organizzato dai Bibliotecari Necessari. Ospiti d'onore, i Wu Ming al gran completo (evento di una frequenza e piacevolezza rara) e Paolo Nori.
Non sto qui a ricostruire pezzo dopo pezzo la serata. Tutti gli autori hanno letto dei loro brani in cui si parla di biblioteche, perchè è di questo che si parlava. Di fare riamanere le biblioteche con meno personale e meno ore d'apertura al pubblico. Alcune rischiano proprio di chiudere, a quanto sembra. Già, perchè, come dicevamo, la cultura non si mangia, non dà risultati tangibili, materiali da sbandierare in faccia agli elettori e con cui riempirsi le famose tasche di cui sopra.
Perciò a Bologna, ieri, si volevano tenere aperte le biblioteche. Per farsi sentire, per dimostrare che non tutti rimangono così di fronte ad un libro. E che la domenica l'affluenza può superare di gran lunga quella media di un qualsiasi giorno feriale.
Ma non faceva buona pubblicità al comune ed ai vari partitucoli che, a tagliar su queste cose, sembrano sempre andare d'amore e d'accordo. Per questo motivo c'è stato un incontro in piazza e daltri sparsi tra la città, tra cui quello a cui sono stato. In un'ora e mezzo o poco più sono fuoriuscite tante cose, tra cui la protesta, passata sotto silenzio, di Paola Caruso (vicenda che entra nei meandri del nepotismo et affini). Tanti piccoli momenti di riflessione.
In particolare mi ha colpito il brano letto da Paolo Nori in cui, dopo un dedalo di aneddoti su autori russi, stile di vita della Russia post-perestrojka, grandi commozioni di architetti ipersensibili di fronte all'interessamento verso la cultura di un ancoraperpoco-giovane studente occidentale, viene osservato come le persone presenti nella sala fumatori della biblioteca di Mosca tutti i giorni, anche quando fuori impazza una rivolta, coi loro tic, le loro nevrosi, i loro sguardi assenti e sognanti e il loro senso di speranza/convinzione di essere in un luogo in cui la loro vita potrebbe cambiare da un momento all'altro, ricordavano a Nori i visi ed i gesti visti in Italia all'Ippodromo.
Ma forse oggi sarebbe più appropriato parlare di salotto del GF o del papi di turno, in cui, se non altro, qualcosa si mangia.
Perlomeno.

[P.S. per i naviganti: la cosa buffa è che mentre cercavo la foto da allegare al post ho digitato"ippodromo cultura". Provate, verrà fuori questa foto. Qualcosa vuorrà dire. Solo, non capisco ancora bene cosa.]

Nessun commento:

Posta un commento

I commenti su questo blog sono liberi ed aperti a tutti (esclusi troll o "piromani" da web). Da chi commenta in forma anonima è gradita una qualsiasi forma di riconoscimento (firma, sigla, nick), renderà più facile parlarci.