sabato 21 agosto 2010

"Strage" di Loriano Macchiavelli

Ottimo romanzo la cui trama è filata con più intrecci di storie che ben s'incontrano nello svelare i possibili retroscena legati ad una delle più dolorose stragi avvenute in Italia (come se poi vi potesse essere una classifica del dolore celato dietro ad esse).
Politica, economia, mafia, chiesa, massoneria, servizi segreti. Tante categorie dai confini mai netti e ben definiti.
Macchiavelli crea un vero e proprio labirinto di storie che, anche nei passaggi più stiracchiati od holliwoodiani, raramente perdono mordente.
Certo, l'autore compie delle scelte narrative. Condivisibili o meno nel loro essere credibili (per esempio i retroscena legati ai frati laurentiani, non poi così impossibili da supporre).
Eppure il romanzo fatica ad assomigliare a pura fiction.
Le modalità con cui le varie facce del potere s'intrecciano, annodandosi a volte in doppi e tripli giochi degni del più ardito Kemper Boyd e dettati dal puro profitto personale, è lucida, credibile e, se si pensa alla data della prima pubblicazione (1991), maledettamente attuali.
Letto ora, il libro sembra incastonarsi alla perfezione nel "filone" di cui fan parte Gomorra, Romanzo criminale e Nelle mani giuste, per citarne alcuni tra i più conosciuti. A guardar bene li precede di una decina, se non ventina, d'anni senza per questo parlare in un'altra lingua o con minore lucidità di uno sguardo che già nelle più datate ballonzolanti inchieste di Sarti Antonio si era mostrato in tutta la sua feroce capacità radiologica verso la società italiana e le sue varie (sotto)dinamiche.
Rispetto a questi ultimi "Strage" gode di uno stile narrativo ancor più potente e dinamico.
Si comincia leggendo le storie di tre personaggi che fin da subito s'immagina tra loro collegati in un qualche modo che fino alla fine resta celato nei suoi particolari più decisivi contorniati da una polifonia di storie non sempre facili da seguire e ricollocare al posto giusto senza tornare indietro a frugare in assaggi già affrontati.
Tutti i personaggi sono interessanti e dotati di un certo spessore, anche se quelli maschili appaiono i più stereotipati. Dall'eroico, cinico e disinteressato Jules, al tragico Anselmo teso vanamente a far ciò che ritiene giusto; dall'isterico, viscido figuro invischiato in varie facce di un potere reale o presunto, al misterioso colonnello in continua oscillazione tra la luce del sole e le torbidità sotterranee, imprigionato dai propri stessi ideali.
E proprio il perseguire i propri sembra essere la dannazione di ogni personaggio mostratoci, anche nei personaggi femminili, quelli più tridimensionali, ricchi di sfaccettature. Più capaci di provar passioni, spesso manovrate ma in grado di spezzare i fili che le vorrebbero in balia dei più tragici eventi e movimenti interiori. Dotate di una complessità e di uno spessore che le rende più autentiche e selvagge (nel senso estevesiano del termine).
Claudia e Francesca, così simili per destino, così distanti (?) nel scgliere come cavalcarlo.
Insomma, un libro molto bello, con alle spalle una storia di denunce assurde e ancor più assurdi ritiri dalle librerie che lo hanno obliato per quasi vent'anni.
In più, appena ho finito la lettura, mi è stato sottratto o buttato via da qualche frettoloso campeggiatore estivo.
Mistero.
Un romanzo attorniato da un'aura strana.
Lo ricomprerò.
E rileggerò.
Stando poi a vedere che cosa succede.

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