martedì 17 maggio 2011

"The passage" (Il passaggio) di Justin Cronin

Comincio a rendermi conto di avere un serio problema con i blurb e le fascette, in particolare se di autori che hanno su di me una presa che va dall'impetuoso al totalizzante. Ogni volta mi capiti di dare un'occhiata alle copertine di nuovi libri in uscita, l'effetto magnetico dato da queste trappole pubblicitarie sfonda ogni barriera razionale e mi costringe alla lettura. All'urgenza della lettura. E' una cosa di cui sono consapevole, una compulsione patologica egosintonica con cui fare i conti e da tenere a bada.
Il più delle volte l'effetto blurb si è rivelato soddisfacente, la qualità e la piacevolezza delle opere direttamente proporzionale alla passione verso l'autore spotteggiante. Con Stephen King, perciò, mi aspetto sempre letture fuori dalla norma, di rara qualità e bellezza. Da un certo punto di vista è così, ma in realtà la faccenda è un po' più complicata.
I libri consigliati da King sono spesso grandi libri ma l'utilizzo delle sue frasi promozionali ha un difetto di fondo. I fan che vi si accostano rischiano d'immaginarsi un libro alla King, aspetto che rischia di costringere il lettore ad una ristrutturazione delle proprie aspettative e del modo di porsi alla lettura strada facendo. Fatto che può guastare l'immergione nello svolgersi della narrazione.
So bene che potrebbe essere solamente una mia turba, ma l'effetto aspettativa da blurb è da tenere presente quando ci si accosta ad un libro. Con libri come Drood, diverso per stile e trama dal King style, le interferenze alla lettura erano minime, facilmente superabili, ma nel caso di un libro come Il passaggio, trovarsi in copertina frasi come

Leggi questo libro e il tuo mondo scomparirà
                                                   Stephen King 

 non fa altro che caricare il lettore di una serie di aspettative e richiami letterari che possono essere disastrosi per il buon proseguimento della lettura.

La storia tratta argomenti post-apocalittici di cui la letteratura è piena d'esempi.
Stati Uniti, in un futuro non troppo remoto. Una serie di scienziati finanziati dall'esercito compie degli esperimenti su di un virus che potrebbe rivelarsi il nuovo elisir di lunga vita, salvezza dell'umanità intera (o perlomeno degli interessi dell'esercito e delle lobby associate). Qualcosa va storto, si perde il controllo dei condannati a morte usati come cavie, il morbo si diffonde, il mondo e l'umanità intera vanno letteralemnte a puttane. A meno che Amy, l'unica bambina ad aver reagito positivamente al virus, non riesca a salvare ciò che rimane dell'umanità. Un mix tra Io sono leggenda e The stand (qui in versione ita), il cui richiamo si evidenzia fin dalla copertina, che sembra non aggiungere nulla di nuovo al filone.

Ma Cronin non si ferma a questo. Il crollo della società non è altro che un lungo prologo in cui incastonare piccoli pezzi indispensabili al completamento di un puzzle che si preannuncia gigantesco (il libro ha 883 pagine e sarà seguito da altri due volumi). Finita la prima parte l'autore ci fa compiere un balzo in avanti di un centinaio d'anni, in cui ci viene mostrato come si sono riorganizzati i vari pezzi di società sopravvisuti e sparsi per gli States. E' uno degli aspetti più interessanti e realistici di tutto il libro. Dopo circa trecento pagine ci troviamo davanti a personaggi del tutto nuovi, che portano avanti l'intreccio narrativo con una serie di deviazioni dal binario principale molto ben strutturate. Perfette fotografie che mostrano con inquietante lucidità la caducità di ciò che nel quotidiano diamo così per scontato (la visione di un film, la lettura di un romanzo, il semplice stendersi a terra a guardar le stelle).
La storia si sviluppa da qui, ricomincia da zero, con un ritmo cinematografico che ha dell'incredibile.
Ma c'è un ma, e anche bello grande. Alla lunga si percepisce che dietro alla stesura della storia c'è un intento cinematografico vero e proprio (di nome Ridley e di cognome Scott). Certo, ogni divagazione è congeniale al buon proseguimento della storia e le pagine scorrono che è una meraviglia. Ma, nonostante il non indifferente numero di morti, raramente capita di assistere alla dipartita di personaggi di primo piano (mi rendo conto che per alcuni  possa essere uno spoiler fastidioso e improvviso, ma vi assicuro che ad un certo punto il destino dei personaggi diventa prevedibilissimo) e i colpi di scena, alla lunga, smettono di esser tali (il che non è del tutto spiacevole, ha un che di rilassante, ma il rischio noia aumenta non poco).
L'unico altro neo riguarda la traduzione, a mio parere fatta con scadenze ristrette. Passaggi come
Fecero l'inventario dei loro averi disponendoli per terra vicino alla locomotiva. Non erano molti: cinque o sei fucili... e il diario di Sara, che uscendo dal bungalow lo aveva tolto dallo zaino e se lo era nascosto sotto la maglia
stridono nettamente, stile unghiata sulla lavagna, con il linguaggio utilizzato per tutta l'opera e sembrano più mancate correzioni a traduzioni in attesa di revisione che veri e propri svarioni linguistici. Fortunantamente sono casi isolati.

Insomma, quella che all'inizio sembra un'ottima lettura, nel proseguire della storia mostra sempre di più il suo lato da sceneggiatura. Nonostante ciò resta un romanzo che consiglio agli amanti del genere e non. Ha un rimo coinvolgente, una struttura narrativa solida, si legge di getto, anche a causa dei molti interrogativi, alquanto pruriginosi, ben celati fino alla fine; ed oltre (l'uscita del terzo tomo è prevista per il 2014).

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