Il mercoledì è un giorno speciale per me, uscire da scuola alle 11:30 è un miracolo che raramente un'educatore incontra sulla sua strada soprattutto se ha un monte ore alto da spalmare su 5 giorni lavorativi. Tra le ore dirette sull'integrazione scolastica e quelle sui servizi integrativi quest'anno mi è toccato in sorte un bel pacchetto sostanzioso di 37 ore, per una media giornaliera di 6 ore minime passate fra i banchi. L'educatore alle prime armi avvertirà fastidi psichici e fisici a passare tante ore fra le mura scolastiche ma per noi abituè è un dettaglio assimilato, assorbito sia dalla parte fisica che da quella psicologica. Ai tic improvvisi, ai pruriti vertiginosi da orticaria da stress, ai movimenti spasmodici da contrazione muscolare e nervosa, oggi si finisce per fare 8 ore filate senza avvertire il minimo sussulto come se lo stare a scuola fosse la cosa più naturale di questo mondo. Cosa fai nella vita? (qualcuno potrebbe aver la curiosità di domandare), nulla io vado a scuola! Dall'inizio dell'anno scolastico due educatrici nuove di zecca hanno abbandonato il servizio per accumulo di stress, qualcuno ha provato a dargli un etichetta, a definirlo nello specifico, BURNOUT, così lo chiamano questo stress un logoramento costante, un forte senso di delusione e di impotenza e alla fine il sentirsi bruciati. Esaurimento, affaticamento insomma voglia di staccare la spina e riposare. Burnout, suona "figo" altro che i soliti termini in italiano che finiscono sempre per -mento, poca fantasia nella descrizione meglio ricorrere all'inglese soprattutto se l'hai studiato in un libro e sei alle prime esperienze su campo: nessuno ti fila, per i maestri vali meno di zero, per i bambini non sei nessuno, per i bidelli come una mosca chiusa in un cesso ma se dici Burnout, cazzo, tutti si fermano, per un istante non sei più l'educatore sfigato sottopagato e sfruttato in cerca di avventure ma quello che HA STUDIATO, fermi tutti, sa di cosa parla, mastica qualcosa di psicologia, qualcosa di pedagogia, facciamolo parlare!!
Così il tempo ti passa e cominci a pensare che tutto sommato questo lavoro ti piace, nonostante lo stipendio sia di merda e che per averlo decente ci devi crepare in una scuola, tiri avanti senza batter ciglia. Le maestre si lamentano sempre delle loro 22 ore più programmazioni varie, si lamentano spudoratamente con te che sei lì dalle 7:30 del mattino, è la tua quinta ora, con un panino gommoso perchè la scuola ed il comune non ti pagano il pasto e devi pure trovar le parole per confortarle. Risulta difficile, difatti le parole si perdono per strada ed al posto di un po' di conforto esce un velo misero di Pietas cristiana: AMA IL PROSSIMO TUO COME TE STESSO... anche se un Vaffanculo calzerebbe a pennello, AMA queste maestre poichè NON SANNO QUELLO CHE DICONO! Fermo restando che ogni ruolo interno alla scuola ha delle difficoltà che non vanno sottovalutate o sottostimate e che non bisogna fare guerre fra "poveri" visto il clima generale delle cose, andiamo avanti, ritorniamo al punto di partenza. Finisco alle 11:30, corro a casa, in un secondo sono in tuta, cucino, mangio, rimetto in ordine, apro il pc, leggo il giornale, mi fermo. Passa un minuto, passano due minuti, son sempre ferma, la notizia è sensazionale mi rapisce. Sulla pagina odierna bolognese una notizia ci parla di una fantomatica donna che in nove anni è riuscita a farla franca e a lavorare solo sei giorni. Certificati e maternità false, malattie e calamità naturali hanno tenuto questo personaggio da fantafavole per nove anni lontano dal suo posto di lavoro. Una domanda sorge spontanea: "E gli altri?" Cosa facevano i suoi colleghi/ghe mentre questa si inventava il mondo intero? Tutti ignari del colpaccio?
Ho provato per un momento a immaginare cosa accadesse se io non mi presentassi al lavoro, quanto margine avrei prima di esser sgamata, colta in fallo. Neanche riesco ad immaginarla tanto risulterebbe improbabile. Ore 7:30, tre educatrici su 60 bambini, se manca una nessuno se ne accorge, posso accumulare un'ora di sonno in più ma alle 8:30 suona la campanella ed entra il bambino autistico che seguo. Ammettiamo che la maestra contempli un mio possibile ritardo, lo farebbe accomodare al suo banco tenendolo sotto controllo, che non scappi dalla classe alla ricerca della sua educatrice. Potrebbe far passare un quarto d'ora in attesa, il bambino, tra una stereotipia e l'altra, cercherebbe di attirare i suoi compagni con comportamenti bizzarri mentre questi scrivendo la data sul quaderno ricorderebbero alla maestra che M. non può stare da solo. Dopo 10 minuti l'alunna più tranquilla andrebbe dal bidello a chiedere se ha notizie della sottoscritta. Non conoscendo il sistema delle sostituzioni alla maestra verrebbe il dubbio che l'educatrice si sia ammalata e che una sostituta sia stata convocata in ritardo. Il tempo passerebbe in attesa di veder spuntare qualcuno dalla porta principale ma non si supererebbe un arco temporale di due ore circa. La voce arriverebbe direttamente al preside. Immagino M. con in mano una mia foto staccata dal suo Pecs entrare in presidenza a reclamare la mia assenza. Lo immagino. ma non andrebbe così perchè rimarrebbe seduto ore ed ore immerso in stereotipie senza fine ma questo è un altro discorso. Ho stimato che potrei farla franca per 3/4 ore, non un minuto di più. Si attiverebbero i servizi investigativi e la Cooperativa mi sospenderebbe subito dall'incarico. Considerando che per formare bene un educatore sull'autismo ci vuole almeno un anno fra pratica e teoria, il danno, per l'utente in primis e per la scuola, sarebbe inestimabile. E' proprio vero, c'è chi può e chi non può, gli italiani si dividono proprio in due categorie ben distinte, se io fossi la signora di cui oggi tanto si parla, forse mi vergognerei un po'. Non tanto per non aver concluso nulla, lavorativamente parlando, in nove anni di vita ma perchè con i soldi rubati, in questo comune, ogni tanto attivano dei progetti ad Hoc per i bambini che gli sfigati sottopagati come me, accompagnano nel loro duro percorso. Sarebbe interessante mandare a casa della signora i costi che l'Ospedale o la Asl sostengono per mettere in piedi una diagnosi o un percorso di riabilitazione. Stamattina ad una seduta di Ippoterapia l'educatrice che segue il mio "utente" mi ha detto che non possono attivare percorsi che durino più di mezz'ora per i costi che la Asl deve sostenere.
In tempi di tagli, viene da pensare, è già grazia del cielo che si riescano a fare certe attività ma se si recuperassero dagli sprechi forse qualche bambino in più potrebbe fare qualcosa di importante, ricordo che passare 8 ore a scuola per un bambino disabile è sfiancante. Anche se ci sono i compagni, le maestre, i bidelli, anche se abbiamo computer e giochi divertenti per far passare il tempo a volte basta davvero poco per rendergli una giornata speciale. Mi piacerebbe poter pubblicare a testimonianza di ciò la foto sorridente di M. che accarezza il suo cavallo, non posso farlo, accontentatevi di quello che dico, lui è il fortunato che è riuscito a rientrare nella lista dei bambini che possono usufruire del servizio. Pensate però a quanti verrà negata per mancanza di fondi, mettiamoli uno vicino all'altro, una bella foto di gruppo da spedire alla signora dell'articolo con un bel ringraziamento. Giusto per iniziare!
Voglio ciò che mi spetta lo voglio perché mio m'aspetta Voglio ciò che mi spetta lo voglio perché mio m'aspetta Ventiquattromilapensierialsecondofluisconoinarrestabili Alimentando voglie e necessità Voglio ciò che mi spetta lo voglio perché mio m'aspetta
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