Appena sprangate le porte di un campo estivo, con domusorea che si riprende da una fastidiosa tonsillite e la testa che sta già ai sentieri valdostani che ci aspettano e non all'ulteriore settimana di marmocchi (perlomeno un po' più grandi) che mi attende, butto lì due parole su due film visti ultimamente.
Uno, piacevole e consigliabile; l'altro, decisamente da evitare.
Lavorando con i bambini, trovo sempre piacevole dedicarmi alla visione di cartoons e affini, purchè con un po' di sugo e sostanza (in effetti i lungometraggi animati che ho visto negli ultimi anni paiono più adatti ad un pubblico adulto). E a dispetto dell'inizio, in cui vengono presentati i vari personaggi con una serie di dialoghi dalla demenzialità disarmante, in "Piovono polpette" di sugo ce n'è parecchio. In tutti i sensi.
Ne avevo sentito parlare bene ma il titolo mi aveva lasciato, come dire, un po' perplesso (sembrava l'ennesima cagata senza trama, ma, come al solito, l'effetto si deve alla traduzione italiana del titolo che non rende affatto onore all'originale).
La trama è presto detta: un inventore sfigato ma geniale le prova tutte per farsi riconoscere dalla comunità, senza mai riuscire nell'intento, ma relegandosi sempre più ai margini di essa, rinchiuso in un proprio mondo dissociato e nerdeggiante. Stanco dei fallimenti e convinto di potercela fare (come diceva mammà) imbrocca un'invenzione rivoluzionaria, una macchina che crea il cibo dall'acqua che, con una serie di (s)fortunati eventi s'installa sopra la sua isola facendovi piovere sopra ottimo (?) cibo. Purtroppo la comunità, invece di riuscire ad utilizzarne i pregi, la sfrutta all'inverosimile fino a creare un casino di dimensioni planetarie che (occhio allo scontatissimo spoiler) il nostro genietto (che nel frattempo s'è pure innamorato, che non guasta e aiuta nel tirarlo fuori dalla sua dissociazione senza apparente ritorno) con tanto coraggio e un po' di culo riesce a risolvere, con l'ammirazione della comunità tutta, della ragazza che lo fa palpitare e del suo papà.
Detta così è una storia come tante, banalotta e ritrita, ma in realtà è ricca di riferimenti e tematiche che per un bambino ipermoderno non sono così scontati: si va dal consumo (e "smaltimento" apparente) sempre più sfrenato di cibo facile e veloce (con tanto di frecciata flash agli ogm) alla critica verso le priorità di media e opinione pubblica (scena centratissima con un anchorman più impegnato a sbeffeggiare il look dell'inviata che il casino stile armageddon che le si scatena intorno). C'è spazio anche per il non dimenticarsi da dove si viene, presi dal vortice frsennato del sempredipiù, ma anche del non dimenticarsi di tenere d'occhio come il mondo cambia intorno a noi (aspetti contemporaneamente presenti nel padre del protagonista che guarda con diffidenza all'abbondanza sempre più sfrenata, rimanendo legato alla tradizione peschereccia dell'isola, ma non in grado di mandare un'e-mail e di muovere un mouse). Insomma, i contenuti non mancano ed anche i vari dialoghi, non solo iniziali, al limite della demenzialità più insopportabile, altro non sono che lo specchio della vicinanza di tante solitudini autoriflettenti.
Film consigliabile a pargoli di qualsiasi età. I più piccoli forse non coglieranno molti passaggi ma se non altro li conserveranno in forma embrionale per un'età più avanzata.
Passiamo ora al film che sconsiglio vivamente (a meno che non siate in serata cinemaraglia made in U.S.A.). Come dicevo, in questi giorni domusorea è bloccata a letto da una fastidiosa tonsillite che non le ha permesso di augurare buone vacanze ai marmocchietti che ha seguito amorevolmente tutto il mese e che per ringraziamento le hanno donato una variegata collezzione di cocchi e bacilli. Bene, nonostante l'indisposizione, è riuscita ad impiegare in maniera proficua il suo tempo, allargando la propria conoscenza su film d'alpinismo e/o arrampicata nelle solitarie e grigie mattinate da passare sotto le coperte. A suo dire, tutti di ottimo livello. Così, per condividere questa bella passione, poche sere fa pesca dalla lista un ulteriore titolo e me lo propone. Basta il titolo, "Vertical limit", e già m'insospettisco. Puzza di grande cagata.
Bastano i primi dieci minuti e la conferma arriva, ma ormai siamo presi dalla malsana spirale che porta a proseguire la visione per vedere fino a che punto possono arrivare regista e sceneggiatori (affine forse alla voglia di vedere le vittime degli incidenti).
L'inizo è questo (e qui chi vuole "gustarsi" per intero questa robina qua salti lo spoiler): una famiglia di climbers, padre, figlio e figlia, è impegnata a scalare una parete mostruosa con gag e rimbrotti tecnici molto cool. A un certo punto due scalatori sopra di loro scazzano qualcosa e cominciano a precipitare. Subito prima, apoteosi, il figlio avverte la famiglia del pericolo urlando "attenzione, principianti a ore dodici!". I due malcapitati poi, prima di spappolarsi al suolo, mettono nella merda l'allegra famigliola che si trova appesa ad un friend pericolante, non in grado di reggere tre persone. Dopo un paio di urla maschie da parte del padre, il figlio sarà costretto a tagliare la corda per farlo precipitare (e con lui pure il titolo... e non sto scherzando). Aggiungo a questo che nel corso della storia, ambientata sul K2, tre squadre di soccorso, se ne andranno in giro con tre cilindroni di nitroglicerina e che la maggior parte degli arrampicatori e alpinisti del film sono fighi, ben pettinati e a prova di sforzo.
Bene, lo spoiler finisce qua. Se volete vedere il film fatelo pure, ma ricordatevi che, se non altro, noi lo abbiamo visto conoscendone solo il nome (già di per sè un'aggravante), voi invece avete materiale a sufficienza per impiegare meglio due ore di vita.
Lavorando con i bambini, trovo sempre piacevole dedicarmi alla visione di cartoons e affini, purchè con un po' di sugo e sostanza (in effetti i lungometraggi animati che ho visto negli ultimi anni paiono più adatti ad un pubblico adulto). E a dispetto dell'inizio, in cui vengono presentati i vari personaggi con una serie di dialoghi dalla demenzialità disarmante, in "Piovono polpette" di sugo ce n'è parecchio. In tutti i sensi.
Ne avevo sentito parlare bene ma il titolo mi aveva lasciato, come dire, un po' perplesso (sembrava l'ennesima cagata senza trama, ma, come al solito, l'effetto si deve alla traduzione italiana del titolo che non rende affatto onore all'originale).
La trama è presto detta: un inventore sfigato ma geniale le prova tutte per farsi riconoscere dalla comunità, senza mai riuscire nell'intento, ma relegandosi sempre più ai margini di essa, rinchiuso in un proprio mondo dissociato e nerdeggiante. Stanco dei fallimenti e convinto di potercela fare (come diceva mammà) imbrocca un'invenzione rivoluzionaria, una macchina che crea il cibo dall'acqua che, con una serie di (s)fortunati eventi s'installa sopra la sua isola facendovi piovere sopra ottimo (?) cibo. Purtroppo la comunità, invece di riuscire ad utilizzarne i pregi, la sfrutta all'inverosimile fino a creare un casino di dimensioni planetarie che (occhio allo scontatissimo spoiler) il nostro genietto (che nel frattempo s'è pure innamorato, che non guasta e aiuta nel tirarlo fuori dalla sua dissociazione senza apparente ritorno) con tanto coraggio e un po' di culo riesce a risolvere, con l'ammirazione della comunità tutta, della ragazza che lo fa palpitare e del suo papà.
Detta così è una storia come tante, banalotta e ritrita, ma in realtà è ricca di riferimenti e tematiche che per un bambino ipermoderno non sono così scontati: si va dal consumo (e "smaltimento" apparente) sempre più sfrenato di cibo facile e veloce (con tanto di frecciata flash agli ogm) alla critica verso le priorità di media e opinione pubblica (scena centratissima con un anchorman più impegnato a sbeffeggiare il look dell'inviata che il casino stile armageddon che le si scatena intorno). C'è spazio anche per il non dimenticarsi da dove si viene, presi dal vortice frsennato del sempredipiù, ma anche del non dimenticarsi di tenere d'occhio come il mondo cambia intorno a noi (aspetti contemporaneamente presenti nel padre del protagonista che guarda con diffidenza all'abbondanza sempre più sfrenata, rimanendo legato alla tradizione peschereccia dell'isola, ma non in grado di mandare un'e-mail e di muovere un mouse). Insomma, i contenuti non mancano ed anche i vari dialoghi, non solo iniziali, al limite della demenzialità più insopportabile, altro non sono che lo specchio della vicinanza di tante solitudini autoriflettenti.
Film consigliabile a pargoli di qualsiasi età. I più piccoli forse non coglieranno molti passaggi ma se non altro li conserveranno in forma embrionale per un'età più avanzata.
Passiamo ora al film che sconsiglio vivamente (a meno che non siate in serata cinemaraglia made in U.S.A.). Come dicevo, in questi giorni domusorea è bloccata a letto da una fastidiosa tonsillite che non le ha permesso di augurare buone vacanze ai marmocchietti che ha seguito amorevolmente tutto il mese e che per ringraziamento le hanno donato una variegata collezzione di cocchi e bacilli. Bene, nonostante l'indisposizione, è riuscita ad impiegare in maniera proficua il suo tempo, allargando la propria conoscenza su film d'alpinismo e/o arrampicata nelle solitarie e grigie mattinate da passare sotto le coperte. A suo dire, tutti di ottimo livello. Così, per condividere questa bella passione, poche sere fa pesca dalla lista un ulteriore titolo e me lo propone. Basta il titolo, "Vertical limit", e già m'insospettisco. Puzza di grande cagata.
Bastano i primi dieci minuti e la conferma arriva, ma ormai siamo presi dalla malsana spirale che porta a proseguire la visione per vedere fino a che punto possono arrivare regista e sceneggiatori (affine forse alla voglia di vedere le vittime degli incidenti).
L'inizo è questo (e qui chi vuole "gustarsi" per intero questa robina qua salti lo spoiler): una famiglia di climbers, padre, figlio e figlia, è impegnata a scalare una parete mostruosa con gag e rimbrotti tecnici molto cool. A un certo punto due scalatori sopra di loro scazzano qualcosa e cominciano a precipitare. Subito prima, apoteosi, il figlio avverte la famiglia del pericolo urlando "attenzione, principianti a ore dodici!". I due malcapitati poi, prima di spappolarsi al suolo, mettono nella merda l'allegra famigliola che si trova appesa ad un friend pericolante, non in grado di reggere tre persone. Dopo un paio di urla maschie da parte del padre, il figlio sarà costretto a tagliare la corda per farlo precipitare (e con lui pure il titolo... e non sto scherzando). Aggiungo a questo che nel corso della storia, ambientata sul K2, tre squadre di soccorso, se ne andranno in giro con tre cilindroni di nitroglicerina e che la maggior parte degli arrampicatori e alpinisti del film sono fighi, ben pettinati e a prova di sforzo.
Bene, lo spoiler finisce qua. Se volete vedere il film fatelo pure, ma ricordatevi che, se non altro, noi lo abbiamo visto conoscendone solo il nome (già di per sè un'aggravante), voi invece avete materiale a sufficienza per impiegare meglio due ore di vita.
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