lunedì 28 giugno 2010

Giuramento con asterisco

L'anno scorso su un quotidiano leggevo la lettera di un fantomatico ingegnere, (che immaginavo di mezz'età con una giacca di velluto grigio e capello tirato indietro con superba eleganza), che ci informava sul costume, a quanto pare molto diffuso in Italia, di far lavorare principalmente i signori che dell'omertà fan sempre degna bandiera. Brevemente riporto: a tizio ingegnere gli venne incaricato di fare un collaudo ad una struttura sportiva la quale mostrava evidenti segni di inagibilità così che il professionista, mosso da furor buon senso, comunicava alle dovute autorità l'inagibilità della presente e fine della storia.
L'ingegnere compie il suo dovere in nome della legge di quello stato che gli ha conferito il potere di una parola che vale di più sopra le altre. In un paese normale queste cose sono ordinarie, ma nel paese della creatività disarmante (dove ogni articolo della costituzione può essere liberamente interpretato) la cosa non passa inosservata. La legge del gambero viene a questo punto applicata: tu, povero professionista, che non hai ancora imparato come si sta al mondo non avrai nessun altro incarico, mentre tu costruttore dell'impianto non avrai alcuna pena se non che quella di infrangere la legge nel non pagare una fattura quando ti verrà emessa. Del suddetto collaudo quindi non verrà erogata alcuna parcella e le carte che documentano questo verranno dimenticate per sempre perchè gli archivi sono tanti, milioni di milioni. Questa in breve la storia, ma ahimè le storie così sono tante e mi domando a quale principio un professionista dovrebbe attenersi per svolgere tranquillo il proprio lavoro.
Verità o non verità? Nella bella Italia dei valori tutto è permesso finchè è permesso. Chissà se esiste un disegno di legge che prevede l'attuazione del Giuramento con asterisco. Spiego in breve di cosa si tratta. Lo stato italiano si riserva il diritto di applicare un asterisco in calce alla laurea che ti abilita all'esercizio di una professione. Detto asterisco approfondisce il campo in cui si andrà a prestare servizio e offre al professionista la possibilità di conoscere una serie di possibilità, fantomatiche e creative per emettere scuse palliative per non applicare in regola il proprio mestiere.
Il giuramento così potrebbe essere meno austero e si snellirebbe la procedura di conferimento che molte facoltà ancora pretendono di applicare a tali indirizzi.

Consapevole dell'importanza e della solennità dell'atto che compio e dell'impegno che assumo, giuro:
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  • di osservare la legge Bavaglio e di tutelare la riservatezza su tutto ciò che mi è confidato, che vedo o che ho veduto, inteso o intuito nell'esercizio della mia professione o in ragione del mio stato;
  • di prestare, in scienza e coscienza, la mia opera, con diligenza, perizia e prudenza e secondo equità, osservando le norme deontologiche che regolano l'esercizio e che non risultino in contrasto con gli scopi della POLITICA.
Tutto questo è possibile, l'esempio pratico della città dell'Aquila ci ha permesso di capire questo e molto altro. L'asterisco è già in atto ma facevamo come sempre FINTA DI NIENTE.

Oggetti familiare nella mappa mentale

Spesso nasce nell'uomo l'esigenza di porsi delle domande sul quotidiano, sui gesti che normalmente scandiscono il tempo e sulle parole che si usano per dare un nome alle cose, attribuirgli un senso. Tutto è ovvio e tutto è scontato, guardare un film mentre in treno ci spostiamo da Torino a Parigi o comunicare con un amico che vive dall'altra parte del mondo in tempo reale, tutto si può fare. Il rapporto che stabiliamo con gli oggetti e le persone è puramente materiale, è appurato, ma come costruiamo i ricordi se il tempo non permette alla memoria di sedimentare? Ciò che tendiamo a ripetere nel quotidiano alla lunga svanisce, l'automatismo di molti gesti e pensieri non si conserva nel tempo. Per riuscire a trattenere degli elementi il cervello ha bisogno di fare economia: memoria corta e vita lunga cita un famoso antico proverbio. Ogni uomo potrebbe scegliere un proprio metodo per conservare i ricordi, a disposizione abbiamo una serie infinite di possibilità per costruire una perfetta mappa mentale. Setacciare il passato alla ricerca di qualcosa di utile, tornare a fruirlo, crearsi un percorso sensato dove gli oggetti che elenchiamo alla vista possiedono un senso ed un significato. Orientarsi nel quotidiano per un nuovo contesto spaziale per capire dove sono e com'è fatto il luogo che mi ospita in questa vita. L'identificazione è alla base del senso di appartenenza. Orientamento ed identificazione sono aspetti primari per lo stare al mondo. Appaesarsi, addomesticare lo spazio per renderlo inoffensivo perchè come ci ricorda Georges Perec in Specie di spazi lo spazio è un dubbio che va continuamente individuato e conquistato. La modernità sovente scardina il senso dei luoghi e solo attuando un giusto orientamento spaziale e simbolico insieme, siamo in grado di ritrovare e mantenere la nostra cultura. Ad esempio quando sono in viaggio ed uso la fotografia esemplifico il processo di orientamento e lo concretizzo fotografando gli oggetti che mi sono intorno. Il preciso momento del mio essere "qui" viene bloccato in un sistema di assi spaziali (l'inquadratura) che favorisce una familiarizzazione con l'ambiente. Oltre al piacere estetico che posso ottenere esiste un piacere emotivo con l'oggetto che vado ritraendo. Susan Sontag diceva che poichè ogni fotografia è soltanto un frammento, il suo peso morale ed emotivo dipendono da dove questa viene inserita.

da ITINERANTI: Rethinking everyday's life, insieme di scritti che felicemente costituivano un
portfolio di laurea.

martedì 22 giugno 2010

Non calpestare la linea gialla


Torno da lavoro e rilassandomi un pò davanti al pc trovo questo articolo alquanto fastidioso. Mi colpisce perchè proprio oggi, mentre ero a mensa con il bambino autistico che seguo oramai da diversi anni, mi sono soffermata a pensare all'effetto che può fare ai bambini cosidetti normodotati l'avere un compagno così speciale. Che l'autismo sia uno dei disturbi più difficili da trattare è oramai risaputo e difficilmente mi è capitato di lavorare con persone preparate e qualificate a ricevere bambini di questo tipo. Certo non possiamo pretendere che tutti abbiano un'idea precisa di cosa sia l'autismo, ma appellandoci al solito buon senso, potremmo auspicare in una base di buona collaborazione, fra tutte le parti che ruotano attorno a questi soggetti "atipici". Sono stanca di vedere queste facce un pò scettiche che pretendono da noi operatori la chiave per aprire le casseforti in cui si trovano questi bambini. Il circolo di rimandi è vizioso e spesso si rischia di non riuscire a vedere il risultato della fatica, come se si camminasse dentro una torre a spirale. Sappiamo che stiamo andando in salita ma non abbiamo la percezione tangibile di quanti gradini abbiamo fatto e quanti ancora ci aspettano per arrivare alla fine. Da fuori ci eravamo illusi di aver fatto conoscenza della vertigine e della misura dell'altezza, ma una volta incamminati i gradini e la fatica ci hanno fatto smarrire la fine di un percorso possibile. Ecco, nell'autismo l'esperienza che facciamo della vita quotidiana somiglia a questo metafora, non si aspira ad una meta finale predeterminata, ma ad un percorso che ci permetta il più possibile di fare esperienze dirette, giorno dopo giorno. Passo dopo passo, affinchè queste possano essere apprese e digerite. Ad ogni modo Imparate. Alle persone che ogni tanto mi rivolgono delle domande dirette per capire dove risiede la radice del problema, rispondo sempre con delle negazioni: non è vero che sono figli di madri frigorifero, non è vero che sono tutti dei geni, non è vero che a questo si associa sempre ritardo mentale come non è vero che sono tutti ad alto funzionamento. Tutte queste negazioni dovrebbero in qualche misura costituire una sorta di mappa mentale, se tolgo tutte le cose false quello che resta è forse il più vicino alla realtà. Spesso quello che disturba è vedere bambini apparentemente normali non essere autonomi e capaci di svolgere anche il compito più elementare come aprire un barattolo di cioccolata o chiedere di sbucciare il frutto preferito. Relazionarsi con una persona che non è in grado a livello comportamentale di interagire con noi è molto difficile e spesso frustrante. A chi è abituato a rivolgere ai bambini parole dolci e carezze e a ricevere uno scambio, trovarsi davanti uno che nel peggiori dei casi rifiuta ogni nostro slancio, si nasconde il viso o si tappa le orecchie quando viene chiamato, deve fare un effetto strano. Ho visto persone perdere la pazienza e urlare per richiamarne l'attenzione, ma sempre silenzio e nuovamente splash: secchiata di acqua fredda. Credo sia umano, un errore che si compie non per mancanza di empatia verso l'interessato ma per mancanza di semplici strumenti che servono come alfabeto per decifrare questo linguaggio. Qui allora non vale il detto SE LO CONOSCI LO EVITI, anzi è il contrario SE LO CONOSCI ci sai comunicare. Se lo sai trattare non ti crea alcun fastidio, alcun problema di comprensione. Il metodo che a livello scientifico dimostra ottenere risultati migliori ai molti sembra un addestramento per cani e non bambini. Sicuramente la strada da percorrere affinchè ci sia più collaborazione è lenta e tortuosa ma con un pizzico di buona volontà si possono fare cose straordinarie. L'autismo è un disturbo che nella letteratura romanzata è sinonimo di genialità, eccentricismo, particolarità, aggettivi che sicuramente possiamo trovare in taluni ma le differenze possono essere molteplici da caso a caso, per questo parliamo di spettro autistico.
Come non ricordare allora il protagonista de "Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte", un libro che è stato molte settimane nella classifica dei più venduti al mondo, tradotto in 20 lingue, che ha appassionato e avvicinato molte persone a questo argomento. Il ragazzino manifestava alcuni disturbi del comportamento tipici della sindrome di Asperger: non sopportava di essere toccato, odiava il giallo ed il marrone e aveva una spiccata capacità logico-matematica, capacità che molti ancora ascrivono a questa sindrome. Da uno studio condotto da alcuni ricercatori britannici delle Universita' di Cambridge e Oxford scienziati come Albert Einstein e Isaac Newton furono affetti dalla sindrome di Asperger: una forma di autismo che spesso viene scambiata per eccentricita'. Chi ne e' colpito infatti e' ossessionato da complessi e ha forti problemi di comunicazione. Einstein era un bambino solitario e spesso ripeteva in maniera ossessiva le stesse frasi. Aveva inoltre forti problemi di confusione nella lettura.
Beh, di questo materiale interessante ed eccentrico potremmo parlare ore, ma è altamente riduttivo circoscrivere queste persone al mero caso fortuito, dalla ragione si arriverebbe alla follia. La stessa follia che ti fà considerare un genio spregiudicato uno che ti riempe la testa di formule matematiche ma che ti fà vergognare se ti ci trovi a mangiare mentre seleziona i colori peggiori del cibo nel piatto e che non mangia finchè questo non sia ridotto in poltiglia e non abbia la consistenza di un purè. Mai nel piatto ma solo in un bicchierone specifico che lo ha accompagnato fin dalla più tenera età, che ha visto un susseguirsi di ottimi purè alla pasta e alle verdure fino all'esotico mix di frutti di oltre oceano interamente frullati, reperiti oggi come ieri dal fruttivendolo di famiglia nell'angolo in fondo alla strada. E questa non è letteratura, e non stiamo parlando di colui che scoprirà nuovi sistemi ma un semplice ragazzo che come tutti ama il calcio e le belle stagioni ma che non sarà in grado di entrare nel primo fast food del cazzo e dire: Prego, una Coca Cola e un hamburger con patatine. Allora, il mio pensiero oggi è rivolto a tutti quei genitori che si trovano a vivere quotidianamente queste "bizzarre" imprese e a tutti gli operatori che con passione continuano a svolgere il loro amato e faticoso lavoro. A tutti loro (che poi sarebbe a tutti noi visto che faccio parte anch'io della cricca) io auguro di incontrare gente speciale che sappia capire dove in realtà si nasconde il problema, che sappia aiutare per un obiettivo molto semplice a cui aspirano tutti: il ripristino della "normalità". Di quella normalità che ci farà vedere i figli come figli e non come piccoli Einstein ai quali concedere ogni più banale bizzarria.

Non calpestare la linea gialla è un gioco che M. una mattina ha inventato per divertirsi lungo il tragitto che da casa sua porta a scuola. Lo fa tutte le mattine e qualcuno mi ha detto sia diventato invincibile!

lunedì 21 giugno 2010

Vieni a prendere un Tè

Un rimedio molto casalingo che sembra riesca ad alleviare i classici sintomi del malumore è il tè verde alla menta con una manciata di fiori di gelsomino. Quando in giornate tristi di pioggia costante l'unico colore a fare da traiettoria emotiva è il grigio, quando la nostra stessa pelle assume il colorito di una bottiglia di un quadro di Giorgio Morandi, l'unico rimedio possibile è tirar fuori la vecchia teiera di Granada e mettere sul fuoco l'acqua a bollire. Basterà sintonizzare il nostro battito al lieve rumore dell'acqua e chiudere gli occhi per cominciare a sentire l'effetto che il profumo della menta ha sul nostro cuore. E' un sapere antico che si tramanda di generazione in generazione, basta percorrere le strade soleggiate che dal Marocco conducono a Siviglia e poi a Granada e Cordoba per ritrovare, frammento dopo frammento, tutti gli ingredienti che andranno a costituire la manna, cibo spirituale per i "polverosi". Tè verde, menta marocchina, un cucchiaino di zucchero grezzo e petali di rosa o di gelsomino, nota profumata per addolcire gli animi affaticati. Un raggio di sole riesce a farsi spazio nella nebbia stratificata del cielo del Nord. Il freddo cielo del Nord. Il vapore che fuoriesce dal becco disegna spirali di luce che una mano tenta come in un gioco da bambini di afferrare, una voce lontana mi ricorda che l'acqua al primo bollore va spenta. Sorseggio il rimedio, riprendo lentamente il mio colorito mentre fuori vedo aprirsi una fessura nel cielo. Prevedo avverrà qualcosa di buono, da qui ai prossimi venti minuti.
(Oltre il grigio e la polvere che rimane, mi viene da pensare che forse le bottiglie di Morandi non conoscevano questa prelibata frescura.)

Ricetta:
Mezzo cucchiaio di tè verde
Una manciata di foglie di menta
Zucchero di canna, a piacere

Preparazione
Scaldare la teiera e versare le foglie di tè. Versarci sopra poca acqua bollente e ruotare velocemente, poi buttare via l'acqua facendo attenzione a non perdere le foglie di tè. Aggiungere menta e zucchero e irrorare con un litro di acqua bollente. Lasciare in infunsione per circa 5/8 minuti. Eliminare le foglie di menta che galleggiano in superficie.

Consigli per la buona riuscita:
Servire il tè verde in una teiera d'argento lavorato, con un beccuccio molto lungo, e versarlo in bicchieri di vetro lavorato facendolo scorrere da una notevole altezza, evitando il più possibile di versarlo sul tappeto di casa, la vostra gatta non ve lo perdonerà!

domenica 13 giugno 2010

Due parole riguardo Luttazzi

Non sono mai stato tra i più grandi fan di Luttazzi. Avevo un ricordo grandioso di personaggi come Fontecedro e il giornalista di Tabloid ma altre sue perfomances mi avevano lasciato indifferente o infastidito per i toni (ma su questo si apriva un enorme de gustibus).
Fondamentalmente era un personaggio pubblico di cui avevo un'idea vaga, che rispettavo in quanto comico e verso cui mi ero ritenuto solidale dopo l'epurazione televisiva.
Qualche giorno fa, dopo una settimana di lontananza quasi totale da internet quasi crollo dalla sedia! Trovo discussioni, link e controlink (qui qui qui) riguardo il plagio dell'autore nei confronti di comici americani, come sintetizzato su questi video. Un sacco!
La situazione è ampia e complessa e frugando tra i link sopracitati si traggono molti spunti interessanti su cui si potrebbe discutere, non solo riguardo a Luttazzi ma anche su i processi ed i toni di chi si confronta in rete, di cui si trovano ottimi esempi qui o in alcune discussioni nate in Lipperatura (blog in cui vengono trattati temi molto interessanti ed a volte in grado di riscaldare gli animi di alcuni partecipanti) ma sto divagando.
Seguendo il "caso" Luttazzi, in questi giorni, mi è parso evidente come la situazione, nella sua apparente semplicità sia ricca di sfaccettature, così come la persona stessa, di cui ignoravo parecchi lati e lavori, di grande spessore e che tutto questo casino mi ha in ogni caso permesso di apprezzare.
Che posso dire? Come ho già esposto, Luttazzi non mi ha mai fatto impazzire come persona, mi pareva estremamente acido e narciso, arroccatto in un personale parnaso di supponenza (il giudizio era puramente "a pelle", basato esclusivamente su certe modalità di porsi ed esprimersi, anche se ultimamente si è dimostrato meno falso) ma nonostante ciò gli riconoscevo un certo valore per quel (poco) del suo lavoro da me conosciuto ed ora anche per quel (tanto) altro che ho potuto apprezzare. Anche sapere che ha copiato molte battute non ha cambiato il mio giudizio. Sono tanti i comici che si fanno scrivere i testi da altre persone e comunque, pur copiando, era bravo a farlo (anche se meno esilarante degli originali, per quanto ho visto) e non molti sono dotati di questo talento.
L'aspetto fastidioso e che lo sta portando ad inguanarsi da solo riguarda il copyright applicato a "prodotti comico/culturali" non suoi, alla pretesa di non essere citato in tv da altri comici (Non si copia! Capito? Al massimo si cita! Ma non me!!!) ed ai ripetuti sforzi di spacciare tutto il suo repertorio come originale (prima) e di asserire di aver sempre detto di averlo riempito di citazioni da scovare (dopo... esser stato scoperto) arrivando a modificare post e date del suo blog (almeno, così mi par di aver capito), difendendosi sotto mentite spoglie e censurando (o cercando di censurare) gli attacchi e smascheramenti via reti.
In parole povere... negare negare NEGARE!!!
Un grande peccato. Un ottimo studioso, comico, traduttore, politicamente impegnato e comunque coraggioso, rischia di crollare come un castello di carte in fiamme su cui lui stesso continua a soffiare con cieca ostinazione. Peccato di hybris, aspetti rigido-narcisistici o superegoici (in senso non freudiano) panico o forse altro ancora. Nel momento in cui, dopo anni di inutile inspessimento delle proprie comunque grandi qualità, è stata mostrata la persona dietro il personaggio, un atto di trasparenza, di ammissione di aver sbagliato, avrebbe tinto una figura di merda in maniera comunque positiva. Un'incenerita dai risvolti fenicei. Invece è stato preferito un machismo da eroe esclusivamente concentrato su di sè e non sulle comunità circostanti che dalle sue qualità traggono (traevano?) beneficio. Una ostinata negazione infantile, sulla linea schizoparanoide incapace di concepire un oggetto al di fuori della rigida dicotomia "buono/cattivo". Un vero peccato, anche perchè ammettere ora, che le discussioni si sono a lungo protratte, sarebbe comunque meno incisivo.
Per quanto mi riguarda, spero che la fossa che sta contribuendo a scavarsi non diventi troppo fonda e gli permetta di continuare a fare quello che fa. In fondo, lo faceva molto bene, no?
Ma forse, per alcuni, non sarà più la stessa cosa e vederlo, d'ora in poi, susciterà scherno, diffidenza e fastidio verso le sue qualità troppo umane. Probabilmente è proprio questo che fa così incazzare molti fan stretti o di rimbalzo: la sua sgraziata caduta dall'Olimpo. Perchè stare ad ascoltare un semplice ometto, per quanto buffo, se non ci permette di staccare la testa e rilassarci, ci ricorda che anche in noi aleggiano lati meschini ed oltretutto ci ha voluto prender per il culo? Perchè continuare a seguire una figura non più divina ma soltanto da commedia? Ecco, forse potrebbe essere proprio questo a portare Luttazzi ad un'inesorabile caduta libera: il suo essersi mostrato umano ed imperfetto.
Ed averlo fatto con ostinazione.

sabato 5 giugno 2010

"L'ottava vibrazione" di Carlo Lucarelli

E' la prima volta che mi avvicino ad un libro di Lucarelli. Certo, lo conoscevo già, e non solo per la serie tv di Coliandro o il filone Blu notte, ne avevo sentito elencare il valore, le capacità narrative e tanti altri bla bla bla ma non lo avevo mai letto.
Capita.
Ed è capitato di trovarsi tra le mani queste due ottime raccolte di racconti, ottimo antipasto della bravura di un autore in grado di traversare senza problemi diversi generi.
A questo punto, di solito, scatta la curiosità e arrivato in libreria do un'occhiata ai suoi lavori. Caspita, ma ne ha già fatti così tanti? Dov'ero nel mentre? Ci sono intere saghe! Giallo, storia d'Italia, mistery...
Sfila che ti risfila, alla fine l'occhio si ferma con maggiore frequenza sull'ultimo, L'ottava vibrazione, e una volta a casa fatica a staccarsene, neviene letteralmente fagocitato. Sì, perchè stiamo parlando di un romanzo MO-NU-MEN-TA-LE. Un'opera potente, a tutto tondo. Sia per quanto riguarda la storia che per lo stile narrativo e la sceneggiatura. L'intera trama si dirama per diversi sentieri fino alla prima grande disfatta occidentale in una colonia: la battaglia di Adua. Ci troviamo tra Eritrea ed Etiopia, sotto un sole spietato che si fa protagonista con il suo peso soffocante. Seguiamo l'intreccio di tante esistenze, tra pervesioni, poetiche, meschinità, in un melting pot di lingue, dialetti, religioni, vibrazioni, superstizioni, amori, culture; album fotografico di una giovane e ingorda Italietta in procinto ad entrare, già antica e stanca, nel carnaio del XX secolo.
Lucarelli si lancia in intrecci narrativi e linguistici vorticosi. Zooma, taglia, salta in avanti per rotolare ancora più indietro, funambolo tra tempi verbali e parole. Dal blocco di torrida umidità del porto, alle praterie scoscese, da un personaggio all'altro, tra bordelli, viuzze, caserme e salotti bene si apre una polifonia di storie e suoni maledettamente ben collegati tra loro. Un salto indietro di cent'anni, alle calcagna di personaggi diversi dal presente solo per abiti e baffi. Cappa, Ahmed, Pasolini, Barbieri, Branciamore, Cristina e tutti gli altri ci parlano di guerra, di politica, di economia (ma son poi così diverse come cose?). Di miserie quotidiane, di piccole magie impensabili, in cui non tutti gli scalzi soccombono sotto suole foderate di denaro.
Uno dei libri più belli che abbia mai letto. Si parla tanto di film in 3D, 4D, d al quadrato, al cubo... ma l'esperienza in cui ci porta questo autore trascende qualsiasi esperienza fatta in una sala cinematografica. Ogni pagina è intrisa dal sudore di un caldo malefico, dagli odori e dalle puzze. Si scatta da scene poetiche, cariche d'erotismo, a tensioni tirate all'estremo. Da limacciosità esistenziali alla polvere intrisa di sangue della bolgia di una battaglia.
Grande storia, intrecciata con maestria.
Vi è poi un uso della parola di altissimo livello. Ogni tanto si sente il bisogno di fermarsi e tornare a leggere, per riassaporare le sensazioni e percezioni nascoste tra le righe.
Grandissimo libro che, una volta chiuso, viene da commentare con le parole di Sciortino, soldato per caso, percoraro di professione.
'Ngule!